2023-05-27
I lavoratori stranieri sono 4 milioni ma versano soltanto il 5% dell’Irpef
Lo studio della Fondazione Moressa mostra che i migranti non ci pagano le pensioni. Non servono più ingressi, ma le riforme di welfare e Fisco. Sfida per il governo: l’Ufficio parlamentare di bilancio stronca la flat tax.Con la fine della pandemia, o meglio con l’addio al lockdown, il numero di lavoratori stranieri ed extracomunitari lungo la Penisola è tornato a salire. Rappresentano in totale il 10,3% di tutti coloro che lavorano e producono reddito. Sono 4,3 milioni su circa 41. Compresi, quindi, i pensionati che continuano a essere in attività. I dati aggiornati sono stati diffusi dalla Fondazione Leone Moressa, una costola della celebre Cgia di Mestre. Al di là dei toni, lo studio è utilissimo a smontare il racconto che tiene in piedi le teorie della sinistra. A dispetto del numero elevato di lavoratori, gli stranieri mettono assieme un reddito che non supera i 64 miliardi all’anno su un totale italiano di circa 920. Ma ciò che deve fare alzare le antenne è il valore relativo alla loro capacità di contribuzione e di versare l’Irpef.Qui scendiamo a 9,6 miliardi. Solo il 5,6% del totale. La metà rispetto al primo dato relativo, quello sul numero di lavoratori attivi. I conti sono presto fatti. Basta da un lato vedere il valore complessivo dei versamenti Irpef in Italia e dall’altro riprendere lo studio della Fondazione e scorrere la terza pagina. Qui si vede che il reddito medio, ovviamente lordo, supera di poco i 15.000 euro all’anno. Con tali voci come si può sostenere che sarà l’arrivo in massa di nuovi lavoratori stranieri a stabilizzare il nostro welfare, pagare i servizi e le pensioni degli italiani? Non è solo una utopia di sinistra, ma è un grave pericolo procedere su questa strada, facendosi ingannare da un’idea socialista europea. È chiaro che a Bruxelles, dove più volte si è espressa l’opinione di incrementare il numero dei lavoratori extracomunitari, si immagina un Paese, il nostro, e un Continente, l’Europa, con salari bassi e una concorrenza sul tema della produttività che si basa proprio sul dumping salariale. Non è un caso se la stessa Bruxelles ha supportato sia il governo Conte sia il successivo guidato da Mario Draghi nell’ampliare il reddito di cittadinanza. Se troppi sono a basso reddito, bisogna innestare sempre nuovi sussidi per tenere in equilibrio la società. Chiaramente un modello che elimina la libertà economica è un modello sociale che limita la libertà individuale. Sebbene questo sia un problema alla base del concetto stesso di democrazia, in questo articolo ci interessa l’altro tema, che è quello del welfare e delle pensioni. Se il 10% dei lavoratori è in grado, in questo momento, di versare solo il 5% dell’Irpef, è chiaro che pur alzando il numero di buste paga destinate agli stranieri i flussi di gettito resteranno sempre limitati. O meglio insufficienti. D’altro canto, il problema della denatalità è drammatico e nessuno può negarlo. Da qui ai prossimi 17 anni, il Paese è tenuto ad affrontare il progressivo crollo del numero di occupati. Sempre meno persone a lavorare e sempre più pensionati. Non è però un percorso senza luce in fondo al tunnel e ci piace citare il presidente del centro studi Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla. «A partire dal 2040 il tasso di natalità inizierà ad aumentare seppure lentamente e inizierà un nuovo ciclo», spiega Brambilla. «Non si tratta di essere ottimisti a tutti i costi o fautori della decrescita felice e certo non si può imporre alle donne di fare figli ed è altrettanto inutile disperarsi per il calo della natalità. Occorre invece affrontare la demografia con buon senso, organizzando la società, la produzione, la distribuzione e i consumi. E forse così avremo un’Italia più saggia». E più produttiva, aggiungiamo noi. Cosa significa? Che bisogna mettere a terra la riforma del Fisco e la riforma del welfare. Nel primo caso, il governo ha già partorito un disegno di legge che come tale necessita di un lungo percorso di decreti attuativi. Sarà difficile, perché nel frattempo arriveranno attacchi dall’Ue o analisi che saranno strumentalizzate, come quella di ieri prodotta dall’Upb sulla flat tax. La tassa piatta non piace a molti tecnici e soprattutto all’Europa, che immagina un diverso tipo di imposizione, chiaramente in gran parte spostata sul patrimonio. Eppure la riforma fiscale serve come l’acqua nel deserto. Proprio perché va rivisto il modello contributivo, anche e soprattutto ai fini pensionistici. D’altro canto va ritoccato pure il sistema di welfare. Tre mesi fa è partito il tavolo per la riforma del meccanismo pensionistico. Dopo un primo incontro, in cui si è parlato di nuove forme di welfare, di assistenza e persino di scorporo degli ammortizzatori sociali dall’Inps (smettendo di appesantire le pensioni da lavoro con tutto il resto), non ci risulta sia successo altro. Qui il governo deve sapere che ha davanti a sé una sfida enorme, che negli ultimi 12 anni nessun governo a trazione sinistra ha mai voluto affrontare. Il modello Fornero era sbagliato un tempo, e adesso sarebbe comunque anacronistico. Le mosse, pur comprensibili, di inserire le varie Quote 100, rappresentano dei palliativi poco efficaci. Serve rivoltare il guanto e ripartire. Certo è complesso, ma fare una vera e radicale riforma del welfare è il modo migliore per rispondere al Pd e ai suoi derivati (farciti da pseudo intellettuali competenti) che insistono con la storia che gli immigrati ci pagano le pensioni.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.