2022-02-15
L’autodeterminazione conta per il suicidio ma non sui lockdown
La Corte decide su giustizia e fine vita. L’ex capo Gaetano Silvestri tifa eutanasia in nome del liberalismo. Scordato in pandemia.«Ma chi sono costoro? Da che parte trarrebbero essi il loro potere se il popolo non è chiamato a sceglierli?». Sono piuttosto note le remore che Palmiro Togliatti nutriva sulla Consulta. In un fluviale intervento alla Costituente dell’11 marzo 1947 lo storico leader stalinista interrogava polemicamente i colleghi sulla «bizzarria della Corte costituzionale, organo che non si sa che cosa sia e grazie alla istituzione del quale degli illustri cittadini verrebbero ad essere collocati al di sopra di tutte le Assemblee e di tutto il sistema del Parlamento e della democrazia, per esserne i giudici».La domanda dello storico segretario del Pci avrebbe forse motivo di riproposizione non tanto e non solo alla luce di molte recenti sentenze, ma anche a seguito di un profilo pubblico e di una postura ciarliera che molte delle supertoghe - ex, in carica e magari aspiranti tali - hanno deciso di assumere. In un periodo di politica e istituzioni destabilizzate, il ruolo si porta bene anche sui media: nessuno rileva che le «porte girevoli» ci sono anche lì (con il Colle, con Palazzo Chigi e governo, per non parlare di Consiglio di Stato, Csm e altre centrali di vero potere, meno esposto ma più profondo) e dunque la progressiva trasformazione in influencer di Stato può ormai dirsi compiuta. Dopo la curiosa intemerata preventiva sui referendum da parte di Giuliano Amato, attorno alla cui elezione a presidente della Consulta si è fisicamente consumato il dramma politico della rielezione di Sergio Mattarella, ecco dalle colonne della Stampa il pressing discreto di un suo predecessore, Gaetano Silvestri, appunto suprema guida della Corte dal 2013 al 2014 (batté sul filo di lana Luigi Mazzella), ultimi due anni del suo mandato sorto per via parlamentare. Giurista tra i più rinomati del Paese, Silvestri rintraccia nella nostra Costituzione il «superamento del liberalismo elitario del XIX secolo e, ad un tempo, del collettivismo liberticida del regime sovietico». Dunque la Carta bandisce «ogni forma di organicismo», che porta ad assegnare «la priorità etica e giuridica della persona», la quale «non può essere funzionalizzata ad alcuna finalità collettiva». Dopo il preambolo filosofico-giuridico, ecco l’affondo referendario, che è difficile non considerare quantomeno una garbata indicazione fornita ai colleghi della Corte. La sovranità della persona si sostanzia in un diritto alla vita che non può essere dovere, spiega facendo trapelare una impercettibile posizione favorevole al referendum sull’omicidio del consenziente. E auspicando l’abbattimento della «artificiosa barriera tra suicidio come atto compiuto, anche materialmente, dalla persona che non vuole più vivere ed eutanasia». Deve contare, insomma, solo la volontà del singolo, a prescindere dal mezzo, sia esso un lancio dalla finestra o un Marco Cappato che ti porta in Svizzera (o, domani, in salotto). Qui Silvestri infila due finezze assolute. Prima si esibisce in un mini saggio di populismo tecnocratico, collocando il quesito radicale nei «grandi referendum del passato» (divorzio e aborto), che «hanno dimostrato che i cittadini italiani sono meno condizionati da suggestioni confessionali o ideologiche di quanto supponessero i “benpensanti”»: il che fa supporre che un ex presidente della Consulta non sia un «benpensante», ma un uomo del popolo che ne intuisce i moti profondi meglio di quei cialtroni di politici che l’hanno portato a sedere sui banchi della Corte. Poi, in poche righe sinteticamente perfette, dipinge il compimento (qualcuno dirà: la deriva) del liberalismo: «Il binario tracciato dal referendum potrà essere soltanto (sic) il rispetto del supremo principio di autodeterminazione dell’individuo, nucleo duro di una cultura liberale finalmente non più compressa da diversi organicismi, religiosi o ideologici».La mente giuridica di Silvestri è troppo affilata per fingere che tale concezione dell’uomo (peraltro obbligata, si evince) sia neutra. Qualunque cosa significhi la parola «organicismo», è chiaro che un individuo così delineato è uno sradicato non solo dai corpi intermedi che pure, a naso, la Costituzione dovrebbe riconoscere e tutelare, ma pure dalla famiglia e da quelle che una volta si chiamavano agenzie di senso (chiese, movimenti, perfino partiti e associazioni). Una specie di monade, molto più alla mercé del potere, che gli chiede di consumare e, mentre gli elargisce nuovi «diritti», può togliergli quelli vecchi. C’è in effetti una clamorosa controprova: la Consulta ha «coperto» totalmente l’impianto legislativo alla base di lockdown e obblighi vaccinali, green pass e chiusure varie senza che nessuna voce si levasse a difesa del «supremo principio di autodeterminazione dell’individuo», che invece sull’eutanasia torna impetuoso.Oggi i colleghi di Silvestri, spiazzati dall’attivismo mediatico di vecchi e nuovi presidenti, dovranno decidere sui referendum. Sotto la pur rilevantissima contingenza c’è in effetti un tornante cruciale sui destini della società, sui confini dell’individuo e della legge. Quel che l’eminente giurista non dice, infatti, è che serve qualcuno che tracci i confini dell’«autodeterminazione». Semplificando un po’, questo qualcuno è il potere. Se il compito del giudice costituzionale è mettersi al tavolo con esso, e dargli ragione qualunque cosa decida, forse Togliatti non aveva tutti i torti.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
Ecco #DimmiLaVerità del 18 settembre 2025. Il nostro Carlo Cambi ci rivela tutti i dettagli delle imminenti Regionali nelle Marche.