2024-04-13
L’assoluzione di Foti non cancella gli abusi subiti da genitori e bambini
La sentenza della Cassazione fa gioire gli pseudo garantisti, ma i fatti di Bibbiano restano scandalosi. A pagare sono stati i più fragili e i più poveri, vittime dei difetti della giustizia minorile e di un’ideologia ostile alla famiglia. Allora dai, parliamo di Bibbiano. Ed è curioso il fatto che adesso tutti vogliano parlarne, mentre allora erano in pochissimi ad avere il fegato di discuterne, anzi minimizzavano o addirittura ridacchiavano, trasformando il dramma dei bambini nel ritornello perculatorio «parlateci di Bibbiano». Va bene, parliamone. Parliamone con chi non ha mai incontrato una famiglia dilaniata dalla sottrazione di un figlio, con chi non ha mai letto una relazione dei servizi sociali, con chi non si è mai sentito giudicare genitore sbagliato da una autorità priva di autorevolezza. Parliamone con i garantisti della domenica secondo cui era tutta una bufala: non se ne sono mai interessati, non hanno mai approfondito ma adesso liquidano con sicumera perché hanno letto in agenzia che la Cassazione ha ribadito l’assoluzione dello psicoterapeuta Claudio Foti. Tutto vero: le sentenze si rispettano, e Foti è assolto dal reato di abuso d’ufficio «per non avere commesso il fatto», e da quello di lesioni gravi «perché il fatto non sussiste». Ma solo chi è in profonda malafede può sostenere oggi che il caso Bibbiano fosse tutta una montatura, che i protagonisti siano stati mostrificati per bieco tornaconto politico. Potremmo risolverla precisando che Foti ha scelto il rito abbreviato, ma ci sono altre 17 persone in attesa di giudizio, alcune delle quali hanno pure collaborato con gli inquirenti assumendosi alcune responsabilità. C’è stata, giusto per ricordarlo, una assistente sociale che ammise di aver manipolato dei documenti, precisamente quelli su cui poi si basavano i provvedimenti di allontanamento dei minori. «È vero, ho falsificato quelle relazioni, ma l’ho fatto a causa delle pressioni che subivo dai miei superiori», disse la donna in questione. Potremmo risolverla anche rammentando ai furbetti della Rete che la giustizia che manda assolto Foti è la stessa che ha rispedito i bambini coinvolti nella inchiesta Angeli e demoni alle loro famiglie, segno che qualcosa lì in Val d’Enza, provincia di Reggio Emilia, non tornava. Ma, visto che dobbiamo parlarne, andiamo a fondo, discutiamone sul serio. E ribadiamo per l’ennesima volta ciò che abbiamo sempre detto e scritto: il caso Bibbiano, più che giudiziario, è politico e ideologico. Quanti ora si scoprono garantisti forse hanno dimenticato il furore inquisitorio con cui furono trattati, nel corso degli anni, i genitori a cui era stato appioppato il marchio di violenti e molestatori. Casi - dai Diavoli della Bassa a Rignano Flaminio - in cui in qualche modo il gruppo di Foti e i metodi da esso impiegati hanno giocato un ruolo rilevante. Per quei genitori, poi quasi sempre risultati innocenti, il garantismo non valeva? Il caso Bibbiano ha contribuito a fare emergere storture di cui si sapeva già troppo, ma che erano state colpevolmente ignorate. Storture nella gestione della giustizia minorile che non sono state ancora del tutto sanate. Per questo, a suo tempo, sarebbe stato importante parlare davvero di Bibbiano e indagare a fondo sui tribunali dei minori, sul sistema di cui fanno parte, sugli articoli di legge che regolano l’allontanamento dei minorenni. Non è stato fatto o è stato fatto solo in parte, perché a qualcuno conveniva soprassedere (e questo è il grande problema politico riguardante la sinistra). In Val d’Enza, però, succedeva anche altro, di cui i solerti attivisti del Web e della stampa paiono aver completamente perso memoria. La posizione di Claudio Foti in quella storia - come del resto abbiamo spesso scritto - era in fondo marginale. Nel caso Bibbiano contava probabilmente di più la sua influenza diciamo culturale (e qui siamo al problema ideologico) su alcuni dei primi attori, ad esempio l’assistente sociale Federica Anghinolfi. Il grosso dello scandalo, tuttavia, non riguardava il terapeuta torinese bensì i rappresentanti dei servizi sociali locali, i quali parevano aver dichiarato guerra alla famiglia sulla scorta di un impianto di pensiero che ha radici antiche nel mondo progressista. Alcune delle assistenti sociali e delle figure che gravitavano attorno al servizio erano molto coinvolte nell’attivismo Lgbt, talvolta sposandone le derive più oltranziste e intolleranti. Sulla base di quelle convinzioni politiche - ne eravamo e ne siamo ancora convinti - arrivarono a violare totalmente e brutalmente i confini della loro professione, finendo col togliere figli a genitori che certo non lo meritavano. Figli che in alcuni casi furono affidati a coppie Lgbt amiche (addirittura era coinvolta una ex compagna della Anghinolfi) le quali non ne ebbero affatto cura, anzi li esposero a trattamenti che gli inquirenti giudicarono particolarmente riprovevoli. Ricordate la bambina lasciata da sola sotto la pioggia e ferocemente rimproverata perché rifiutava di parlare male del padre biologico? Ecco, robe di questi genere, che non abbiamo inventato noi, ma che sono state registrate e fissate nelle carte che pochi hanno letto. Ecco, questo era ed è il cuore del caso Bibbiano. Lì si è manifestata con particolare virulenza la deriva ideologica più ostile alla famiglia, si è unita ai difetti antichi della giustizia minorile e all’interesse politico e ne è scaturita una miscela esplosiva che prodotto decisioni terribili a spese dei minorenni e dei loro genitori. A pagare sono stati i più fragili e i più poveri. Gente di cui non è fregato e non frega niente a nessuno e di cui, se fosse stato per i sinceri democratici oggi molto ridanciani, nessuno avrebbe sentito le sfortune. Volete parlare di Bibbiano adesso? Non chiediamo di meglio, siamo qui.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)