2025-03-05
«L’assenza del piano pandemico ha causato tanti morti extra Covid»
Silvio Garattini (Getty Images)
Silvio Garattini in commissione: «Con dei criteri, potevamo limitare decessi per altre cause». Le conseguenze dell’assenza di un piano pandemico, «né applicato, né aggiornato», sono stati «tanti morti che non avevano nulla a che fare con il Covid-19». Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, ieri in audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione Covid è stato molto puntuale nelle sue critiche. «Non avevamo un piano, altrimenti avremmo avuto dei criteri per impedire anche una mortalità al di fuori del virus». Il professore ha elencato i «400.000 interventi chirurgici in meno, i 1.100 trapianti che non sono stati possibili, i milioni di screening anti tumorali non eseguiti», che hanno ampliato il numero dei decessi durante l’emergenza sanitaria. In Italia si moriva a ritmo vertiginoso e non solo per la Sars-CoV-2. Svelando dei dati elaborati dal suo gruppo di lavoro e mai pubblicati, Garattini ha spiegato di aver calcolato che «la mortalità in eccesso non giustificata da una diagnosi di Covid sia stata di 30.000-40.000 decessi in più». Quanto ai pazienti lasciati morire nelle proprie abitazioni, seguendo linee guida che raccomandavano «tachipirina e vigile attesa», il fondatore del Mario Negri ha parlato di «impiego eccessivo e ingiustificato di tachipirina», mentre «la vigile attesa era proposta per limitare l’eccesso di afflusso in ospedale anche degli asintomatici. Ma andava davvero vigilata». Invece, l’inesistenza di una medicina del territorio, smantellata in decenni di scellerata disattenzione per le esigenze di una popolazione sempre più anziana e bisognosa, rese impossibile l’assistenza di chi contraeva il Covid e non finiva in ospedale. Sulla questione aveva dato il suo parere anche Nicola Petrosillo, ex direttore del dipartimento clinico e di ricerca dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, nella prima audizione in programma ieri alla Camera. «Non bastava il test positivo per andare nei pronto soccorso collassati», ha spiegato l’infettivologo, «il medico di famiglia raccomandava tachipirina o un anti infiammatorio e di misurare la saturazione. Questo era il senso della “vigile attesa ”. Se i valori scendevano al di sotto di 93, bisognava andare in ospedale». Parere decisamente contestabile alla luce di quanto realmente accadde. Medici che non rispondevano al telefono, saturimetri che mancavano, terapie che potevano essere somministrate a domicilio per evitare il peggioramento dei sintomi. Non a caso, grazie all’intervento di Fratelli d’Italia sullo scandalo delle non cure è stata acquisita dalla commissione di inchiesta la corposa documentazione della denuncia presentata due mesi fa dalla collega Angela Camuso e da tre parenti di vittime Covid nei confronti degli allora vertici del ministero della Salute, di alcuni medici di base, degli ex vertici di Aifa, e di altre autorità politiche.Garattini, convinto che «le linee guida sono fatte da chi vende qualche cosa», ha spazzato via la validità del protocollo utilizzato in epoca Speranza. «Non c’è stata una guida, bisognava fare un minimo di studi per vedere se i medicinali funzionavano», ha detto. Invece, c’è stata «confusione sull’impiego dei farmaci […] grande spreco di Azitromicina, antibiotico inutile contro il Covid ma che ha creato 10.000 morti per antibiotico dipendenza nel nostro Paese».Nella disamina delle conseguenze nefaste di un piano pandemico non messo in pratica, il novantaseienne professore ha puntato il dito contro «la mancanza di una strategia delle informazioni. Ogni giorno qualcuno prendeva la parola esprimendo posizioni diverse […] un medico responsabile non terrorizza mai la gente». Garattini ne ha avute anche per la sciatteria della farmacovigilanza. «Ogni ospedale aveva le proprie modalità di raccolta dati, doveva esserci un sistema unico in tutto il Paese […] così mancano, o sono ambigui, i dati sugli effetti collaterali da vaccino».
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Elly Schlein (Imagoeconomica)