
Amico di Renzo Arbore e anima di «Indietro tutta», fece conoscere e amare agli italiani la comicità surreale. La delusione: «Io e Bracardi eravamo i veri autori di “Alto Gradimento", ma non ci è stato riconosciuto».«Chi usciva dallo studio rideva. Fosse un cliente che chiedeva una modifica al soggiorno, il postino con una raccomandata da consegnare o il padrone di casa a caccia dell'affitto, non poteva fare a meno d'essere allegro». Battute di pancia, contagiosa euforia; quell'architetto poteva avere problemi a progettare una casa, non a inventarsi una gag. Così un giorno, dopo essersi rotolato a terra dalle risate ascoltando un'assurda telefonata al servizio meteo per sapere se nel weekend sarebbe piovuto («Ciao caro, sono il colonnello Buttiglione»), il vicino di studio lo segnala a un suo amico, Gianni Boncompagni, che conduce un programma in radio. È il 1965, nasce la stella di Mario Marenco e l'Italia operaia e pizzicagnola, ragioniera e casalinga - non avvezza ai ghirigori di Marcello Marchesi e di Ennio Flaiano - coglie finalmente il senso della parola «surreale».Oggi, nel giorno delle celebrazioni da lutto pubblico, a lui sarebbe piaciuto leggere il titolo: «È morto dal ridere». Perché l'umorismo è stato una condanna e una salvezza; perché la sua malinconia da persona timida trovava tregua solo in quelle folgoranti invenzioni; perché era così felice della sua seconda pelle da comico da arrivare a provare nuovi personaggi perfino all'ospedale, davanti a Renzo Arbore in visita o all'infermiera del turno di notte. Fin da bambino era il monello della compagnia. In un'intervista ricordava: «Da giovane ero un ragazzino impertinente che faceva lo scemo fra le strade di Bari. All'inizio a Roma ero anche più fastidioso, facevo versacci nelle orecchie delle ragazze spaventandole. Grugniti assurdi. È volato anche qualche schiaffo».Mario Marenco è morto a 85 anni sazio di giorni dopo aver attraversato la più lunga, sfavillante, assurda stagione della comicità radiofonica e televisiva italiana legata al marchio di fabbrica Arbore-Boncompagni. Non c'è sessantenne che negli anni Settanta non corresse a casa dopo la scuola (rigorosamente entro le 12.30) per ascoltare quei due pazzi sovrapporsi a Rock around the clock, sigla storica di Alto Gradimento, Radio 2, in diretta dallo studio Z di via Asiago. Il contenitore della nuova comicità, il teatro per voce solista, il tempio del professor Aristogitone, del colonnello Buttiglione, della Sgarambona, del dottor Carlone, di Riccardino, di Pasquale Zambuto, del comandante Raimundo Navarro e della signorina dei grandi magazzini che interrompeva tutti: «Plin, plon, si ricorda ai gentili clienti che è vietato palpare le commesse». Firmato Mario Marenco, l'architetto-designer, sbarcato a Roma da Foggia dov'era nato nel 1933 per diventare un signor professionista. E che mai avrebbe immaginato di riuscire a trasformarsi un un'icona della comicità (demenziale) nazionale. Dopo il clamoroso successo di Alto Gradimento, anche grazie all'altro delirante comico Giorgio Bracardi (Scarpantibus, il federale Catenacci, Max Vinella, Achille che gridava «Patroclooo»), Marenco approda in televisione con il resto della banda Arbore in L'Altra Domenica, format antenato di Quelli che il calcio, e continua a mietere consensi in radio con No, non è la Bbc e Radio anghe noi. Tenta l'avventura cinematografica con alcune pellicole che non lasciano il segno, ma il fallimento è battezzato da un complimento di platino di Federico Fellini: «È troppo intelligente per essere un vero attore». Allora torna in televisione e riaccende cuori, audience e critica nella strepitosa stagione di Indietro tutta, ancora con Arbore a fare da pigmalione, scanzonata parodia della televisione commerciale in cui lui buca il video con tre nuovi personaggi: il goffo bambino Riccardino (grembiulino, fiocco, ciuffo biondo, il primo bimbominkia della storia), il vicepresidente dell'Auditel e un ambiguo mercante spagnolo che voleva comprare il marchio del mitico Cacao meravigliao.Roba da reduci per i millennials, che su Youtube faranno fatica a trovare le gag perché, come ricorda spesso Arbore: «Allora si improvvisava tutto, non si registrava niente e si archiviava anche meno». Roba da reduci che devono a Marenco e al suo zoo di divertenti mostri della quotidianità qualcosa di impagabile: i sorrisi, gli scherzi, le leggerezze di una delle stagioni più cupe della storia d'Italia, i Seventies degli Anni di piombo. I tormentoni sugli slogan politici, le caricature dei ministri e dei loro tic, le prime critiche al vetriolo al Palazzo in partenza dalla radio del Palazzo, si materializzano lì. Lo stesso Marenco spiegava: «La quotidianità ci porta a vivere in un paesaggio psicologico negativo. Uno si rovina per stupidità, ma alle volte se la cava con l'autoironia». Sul pianeta dell'architetto matto c'è spazio per tutto. C'è il professor Aristogitone che critica il decadimento della scuola dopo «40 anni di insegnamento, di duro lavoro fra queste quattro mura scolastiche» con accenti fra il comico e il poetico. «Ci siamo alzati all'alba, ci siamo parlati all'alba, non ci siamo capiti all'alba. A Ostia sembravamo due fantasmi neri neri sulla sabbia bianca bianca fra le scorze di cocomero». C'è il dottor Anemo Carlone che spiega il corpo femminile nella lezione di sessualità: «La donna, puzzola si genericamente presenta munita di bozze o gibbe alle quali appigliarsi, tecnicamente contenute in reggipetti. Le gibbe sono sormontate dai poppolotti». C'è Ada Venzolato De Martiris, femminista sulle barricate, figura modernissima per fanatismo social, fumatrice di pipa ed esponente del collettivo Caina e Abela. Il personaggio più tenero e assurdo è l'astronauta spagnolo Raimundo Navarro, lanciato in orbita sulla sgangherata navicella Paloma Secunda dal suo Paese travolto dalla corsa allo spazio. E abbandonato lì a vagare senza meta per dimenticanza, per cambio di priorità politiche e modaiole, per inerzia. Lui naviga nell'iperuranio e quando riesce a collegarsi, tra una scarica elettrica e un insulto antigovernativo, lancia il suo grido di dolore: «Cabrones! Yo estoy aqui, ocho anos sin una muchacha». E quel cabrones rimbalzato da un'eco lontana fino alla fine del sistema solare non è altro che il primo «capre!» di Vittorio Sbarbi, ma senza il carico da undici della rabbia.Nel suo genere, Marenco era il numero uno. E il primato gli era riconosciuto da tutti, in primis dal condottiero del gruppo, Renzo Arbore: «Il comico che ricordo con più nostalgia è proprio lui, geniale ma non riconosciuto come tale. Il suo umorismo è fantastico. Era il numero uno. Ogni volta che ci vedevamo inventava delle gag». Ha provato anche a raccoglierle in due libri che fin dai titoli mostrano di non pretendere di stare sugli scaffali accanto a Victor Hugo e a Lev Tolstoj: Lo scarafo nella brodazza e Putanados. L'architetto che si trasformava in comico era un uomo colto e gentile, accompagnato da un sorriso da clown, con una certa tristezza di fondo. In tutta la vita ha avuto un solo momento di amarezza pubblica, nel quarantennale di Alto Gradimento. «Vedo Arbore e Boncompagni che parlano: abbiamo fatto, abbiamo fatto, abbiamo fatto. I veri autori eravamo Bracardi e io, ma nessuno ce lo riconosce. E i diritti della Siae sono andati alla patria». Questa non era una gag.
Gertrude O'Brady.Il chiosco, s.d./LaM, Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut de Lille Métropole, Villeneuve d’Ascq© Philip Bernard
Dal Cubismo all’Art Brut, a Palazzo Zabarella di Padova in mostra (sino al 25 gennaio 2026) oltre 60 opere di 30 diversi artisti delle avanguardie del primo e del secondo dopoguerra, tutti provenienti dal LaM di Lille. Fra capolavori noti e meno conosciuti, anche cinque dipinti di Pablo Picasso e sei straordinarie tele di Amedeo Modigliani.
Susanna Tamaro (Getty Images)
La scrittrice Susanna Tamaro: «La società dimentica che la vita non ci appartiene, ma la morte non si affronta con le carte bollate. La lotta con il destino è essenziale perché dalla fragilità dell’esistenza è impossibile scappare».
Il punto di vista di Susanna Tamaro sul tempo presente è sempre originale. Nell’ultimo saggio, intitolato La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita (Solferino), sulla scorta dell’inventore dell’etologia, Konrad Lorenz, utilizza le osservazioni sulla natura e gli animali per studiare la società contemporanea. A ben guardare, però, questo memoir può essere letto anche come una lunga preghiera per lo stato del pianeta. «È così», ammette la scrittrice, «non condivido la tendenza all’angelicazione dell’uomo o a vederlo come frutto dell’evoluzione».
Il principale operatore della rete elettrica nazionale registra ricavi pari a 2,88 miliardi (l’8,9% in più rispetto al 2024) e accelera nei progetti Tyrrhenian Link e Adriatic Link, al centro della strategia per la decarbonizzazione. Aumenta il peso delle rinnovabili.
Nei primi nove mesi del 2025 Terna, principale gestore della rete elettrica nazionale, ha consolidato la propria posizione strategica nel settore, segnando un’intensa crescita economico-finanziaria e un’accelerazione significativa degli investimenti a supporto della transizione energetica. Il consiglio di amministrazione, guidato da Igor De Biasio e con la presentazione dell’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia, ha approvato risultati che provano la solidità del gruppo e il suo ruolo determinante nel percorso di decarbonizzazione del Paese.
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
L’operazione Southern Spear lanciata da Washington fa salire il rischio di escalation. Maduro mobilita 200.000 militari, denuncia provocazioni Usa e chiede l’intervento dell’Onu, mentre l’opposizione parla di arruolamenti forzati e fuga imminente del regime.
Nel Mar dei Caraibi la tensione fra Venezuela e Stati Uniti resta altissima e Washington, per bocca del suo Segretario alla Guerra Pete Hegseth, ha appena lanciato l’operazione Southern Spear. Questa nuova azione militare è stata voluta per colpire quelli che l’amministrazione Trump ha definito come i narco-terroristi del continente sudamericano ed ha il dichiarato obiettivo di difendere gli Stati Uniti dall’invasione di droga portata avanti da questi alleati di Maduro. Intanto è stata colpita la 21ª imbarcazione, accusata di trasportare droga verso il territorio statunitense, facendo arrivare a circa 80 il numero delle vittime.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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