2019-06-04
L'Approdo di Lerner è la messa in onda degli articoli di «Repubblica». Se possibile con maggiore noia
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Vabbé, diciamo che Gad Lerner poteva anche evitare di anticipare su Repubblica tutti i contenuti della sua nuova trasmissione. L'Approdo, andato in onda per la prima volta ieri sera su Raitre, era sostanzialmente un riciclo degli ultimi articoli del conduttore sul quotidiano progressista. La tesi della prima puntata, già ampiamente illustrata, era la seguente: la Lega di oggi è di fatto identica a quella degli inizi, faceva schifo allora e fa schifo oggi. Gad, invece, rispetto a trent'anni fa, sembra leggermente più inacidito. Inizia il suo viaggio nella Lega dal pratone di Pontida, sai che novità. Poi scodella un servizio in cui giustappone immagini dell'Umberto Bossi dei tempi d'oro a quelle del Matteo Salvini delle ultime settimane. Il concetto viene ribadito ancora e ancora: erano populisti e lo sono ancora, hanno soltanto cambiato il metodo per imbonire gli elettori.Lo studio è buio, allietato dalla presenza di un barcone mezzo sfasciato a scimmiottare una scenografia. Gli ospiti sono autorevoli e gallonati: Luciano Canfora e Marco Tarchi. Gad li spreme senza sosta al fine di farsi dire che la Lega è da un lato ridicola, dall'altro pericolosa. Ovviamente, il contraddittorio è inesistente, entrambi i professori di cui sopra non sono esattamente simpatizzanti del movimento salviniano. In queste condizioni, persino il solitamente brillante Canfora - marxista d'acciaio poco amante della correttezza politica - scade nella banalità. Lerner gli chiede come mai Salvini indichi come «nemici» tanto i migranti quanto i banchieri. Lo studioso risponde paragonando la visione leghista a quella nazionalsocialista che additava il banchiere ebreo e se la prendeva pure con il proletario politicizzato.Tarchi è molto più moderato, ma se solo si permette di giustificare qualche atteggiamento di Salvini, Lerner lo bacchetta, e tenta di riportarlo sulla retta via. Possiamo dire la verità? Meno male che, ogni tanto, Gad ripropone filmati più o meno datati di Bossi, Borghezio e altri (ovviamente impegnati ad inveire nei comizi). Queste immagini sono l'unico antidoto alla noia mortale che esala dallo studio. L'intero programma è un lentissimo e mortifero processo in contumacia. Il conduttore se ne compiace, forse la sua intenzione è quella di ricreare una discussione accademica, al fine di stuzzicare chi se la prende con «gli intellettuali radical chic». A seguire questa lezioncina, però, non s'impara nulla: ci sono le stesse baggianate che si leggono sul Web, solo ripetute con un linguaggio un po' più elevato.L'orologio scandisce minuti interminabili e - smisurato secondo dopo smisurato secondo - Lerner snocciola tutte le consuete accuse. I leghisti sono bugiardi; i leghisti non amano l'Italia e si fingono patrioti per interesse; i leghisti sono volgari; i leghisti sono violenti; i leghisti sono xenofobi, anzi razzisti; i leghisti creano nemici per alimentare la paura. A metà trasmissione, finalmente, arrivano i fascisti. Su uno schermo gigante troneggia la fotografia di Madaleine Albright, l'ex segretario di Stato americano che, non dovendo più bombardare nessuno, ha trovato il tempo di scrivere un libro per gridare al pericolo nero. Per dire che la Lega fa schifo va bene persino l'ex Grande Satana a stelle e strisce...Marco Tarchi, che il fascismo lo conosce bene (fu lui a portare in Italia la Nuova destra), spiega che la Lega non è fascista, ma nemmeno «di estrema destra». Ma Lerner non si scompone, e riprende con la fanfara, occupandosi di un altro tema davvero inedito: gli amici europei di Salvini. Cioè i vari Orban e Le Pen, i quali ovviamente sono brutti, cattivi e nemici della democrazia. L'eroico Tarchi, a tratti, cerca di opporsi al martellamento di Lerner, ma senza grande successo. Il professore - uno dei massimi esperti di populismo al mondo - prova a correggere Gad quando le spara troppo grosse, e ne ottiene in cambio battutine e sberleffi. Chiaro: il professore piace solo quando la sua scienza e le sue distinzioni ti danno ragione. Ma se lo studioso distingue e approfondisce senza portare acqua al mulino progressista, ecco che dà fastidio, e gli si può rispondere con toni da bar. Intorno a mezzanotte, Lerner ricicla un altro articolo di Repubblica e parla della Bestia, la macchina della propaganda salviniana (chiamata come quella di Barack Obama, per altro). Gad ridacchia perché lo stratega leghista Morisi cita Heidegger, a quanto pare pensa che i filosofi siano monopolio della sinistra. Ed eccoci alla fine del programma, che si conclude con una bella poesia di Primo Levi, utilizzato per l'ennesima volta allo scopo di gridare al fascismo in arrivo. Titoli di coda, pubblicità. E allo spettatore che cosa resta? Della noia mortale abbiamo detto, ma forse è il caso di ripeterlo. Se questa è informazione, siamo messi bene. Non abbiamo visto un servizio giornalistico che sia uno. A parte una mezza intervista a Francesco Speroni, tutto il resto del materiale è roba d'archivio. Niente notizie, niente approfondimento. Solo le tesi di Lerner sottoposte a due ospiti chiamati a dargli ragione (e rimproverati se non lo fanno). Gad ha sfruttato il metodo Santoro: attaccando Salvini ha creato attesa e si è fatto pubblicità. Ma Santoro teneva lo studio come pochi, era fazioso oltre ogni limite però non annoiava. I servizi dei suoi inviati erano cinema, quelli di Lerner semplicemente non esistono. Così vengono spese svariate migliaia di euro per 5 puntate? Niente inviati, niente inchieste, niente esclusive. Giusto un paio di ospiti che rispondono a domande già sentite e risentite. Seriamente: speravamo almeno di divertirci. Speravamo che Gad fosse all'altezza delle aspettative, confezionando un gioiello di faziosità. Invece gli abbiamo dato 13.600 euro circa (il compenso per la puntata di ieri, stando alle fonti ufficiali) per riciclare i commenti già usciti su Repubblica e per ravanare nelle teche Rai, magari in cerca dei suoi programmi di una volta. Strano contrappasso: il Lerner di trent'anni fa, rivisto adesso, è comunque più fresco di quello attuale. Infatti il Gad di oggi campa ancora sul lavoro del Gad di ieri. Più che un approdo, un mezzo naufragio. Mezzo, cioè mediocre.
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)