2021-12-10
L’appello degli esperti: «Basta paura. Cambiamo la strategia sul virus»
Lettera aperta di una trentina di ricercatori di Cnr ed Enea: «Si veicolano solamente messaggi improntati al mantenimento dell’emergenza. Non sottovalutare le reazioni avverse ai vaccini e prudenza sui bimbi»Per rendersi conto di come sia ridotto il dibattito pubblico sulla gestione della pandemia basta dare un’occhiata ai programmi televisivi. Ormai da mesi ogni posizione critica è svilita e vilipesa, ogni obiezione e liquidata con ruggiti e grugniti, ogni osservazione è accolta dal consueto coretto: «Il vaccino è l’unica arma che abbiamo!». Gli italiani sono trattati come bambini incapaci di prendere decisioni autonome; la società civile (di cui tanto si sono tessute le lodi negli anni passati) è ridotta a gregge da governare con cani e bastone. L’aspetto peggiore della faccenda, tuttavia, è che anche la discussione scientifica ne risente. Medici e ricercatori hanno spesso timore di dichiarare apertamente le proprie convinzioni, se deviano dalla linea istituzionalmente tracciata rischiano di essere screditati, o di venire accusati di intelligenza con il nemico no vax. «La Scienza ufficiale non va messa in discussione»: questo è il nuovo dogma di fede. C’è soltanto un piccolo problema: la scienza è un metodo che consiste principalmente nella contestazione e rielaborazione dei dogmi e dei paradigmi in vigore, i quali non sono fissati per sempre nella pietra, ma modificabili e sostituibili. Per tutte queste ragioni, condurre il dibattito in altra maniera - più lucida, meno emotiva, ideologica e violenta - è più che mai necessario.A chiedere un cambio di rotta non sono soltanto filosofi e giuristi come Massimo Cacciari e Ugo Mattei (già bersaglio del dileggio da parte del sistema politico-mediatico), ma pure ricercatori, scienziati, studiosi di grande esperienza. Lo dimostrano le dieci pagine fitte che compongono una sorta di lettera-manifesto sottoscritta da una trentina di professionisti del Cnr (il Consiglio nazionale delle ricerche) e di Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), provenienti cioè da due delle principali centrali di ricerca scientifica in Italia. I redattori del testo sono biologi, ingegneri, chimici: persone che sanno come si leggono e interpretano i dati, perché lo fanno ogni giorno.«Siamo un gruppo di ricercatori, tecnologi e addetti alla ricerca», premettono gli autori. «Sentiamo la necessità di esprimerci come lavoratori qualificati nell’analisi scientifica perché pensiamo che la nostra voce e la nostra esperienza possano dare un contributo importante al grave momento che stiamo attraversando». Il documento va subito al punto: «La Scienza da sempre si fonda su tre principi: il dubbio, la ricerca ed il confronto. Crediamo anche che la Scienza sia un bene pubblico, che non dovrebbe essere politicizzata tanto meno seguita ciecamente, ma essere considerata in modo equo. Su queste basi riteniamo sia possibile rivitalizzare, anche nel nostro Paese, un dibattito scientifico in materia di gestione della Covid-19, che ci risulta essere schiacciato da una comunicazione che veicola univocamente messaggi improntati al mantenimento di uno stato di emergenza e paura permanenti». Le riflessioni dei ricercatori sono più che condivisibili: «A due anni dall’esordio della pandemia», spiegano, «gli aspetti controversi sono molti e tali da meritare un approfondimento pubblico, imprescindibile per comprendere come far fronte a questa e alle potenziali altre minacce che possono presentarsi in futuro». Le osservazioni dei firmatari sono tutt’altro che generiche. Al contrario, ogni affermazione è corredata da opportuna citazione di uno studio di riferimento, ogni dubbio che viene messo sul piatto è legato a evidenze emerse - appunto - dalla ricerca scientifica. Riga dopo riga, non si trova traccia di ideologia o di pregiudizi.«Siamo contro i vaccini? No, non lo siamo», precisano i ricercatori nella parte iniziale del documento. «Siamo perplessi dalla diffusa percezione dei vaccini quale strumento salvifico e siamo critici verso l’attuale politica vaccinale usata per contrastare la malattia respiratoria acuta da Sars-Cov-2. Neghiamo l’esistenza della malattia Covid-19? No, riconosciamo che siamo in presenza di una pandemia, al di là della sua origine e delle sue caratteristiche, e siamo ragionevolmente consapevoli del pericolo che essa comporta per gli individui. Siamo indifferenti ai vincoli che la vita sociale comporta? No, ci riteniamo persone con un elevato senso di responsabilità sociale e riteniamo che uno Stato possa e debba adottare tutte le misure utili a preservare la salute di ogni singolo cittadino nel pieno rispetto delle regole democratiche, del dettato Costituzionale e dello Stato di diritto». Partendo da queste premesse, gli studiosi prendono in esame tutte le «verità ufficiali» che, allo stato attuale, sembra impossibile discutere. Essi, ad esempio, invitano a non sottovalutare per nulla le reazioni avverse ai vaccini e a potenziare la farmacovigilanza, ritenendo insufficiente la sola sorveglianza passiva. Suggeriscono che sarebbe più prudente attendere prima di procedere all’inoculazione dei bambini nella fascia 5-11 anni. Contestano anche il green pass: «Riteniamo che la vaccinazione contro il virus Sars-Cov-2 abbia strette relazioni con valutazioni personali, basate sui propri sentimenti, paure e vulnerabilità soggettive, percezioni del rischio individuale e approcci personali alla cura della salute, per cui ciascuno dovrebbe poter rispondere con le proprie insindacabili preferenze», argomentano. E aggiungono: «Manifestiamo una profonda preoccupazione verso lo strumento del green pass (divenuto formalmente obbligatorio) e la sua tecnologia blockchain, che instaurano un sistematico ed inesorabile meccanismo di controllo della condizione (sanitaria o altra) della persona, utilizzato come requisito per la fruizione stessa della vita civile».In conclusione, i ricercatori fissano alcuni punti su cui sarebbe utile e opportuno condurre un dibattito serio. Ad esempio, propongono la «promozione di una campagna vaccinale libera ed informata per le categorie vulnerabili, con valutazione preliminare dei rischi specifici individuali (compresi lo sviluppo di patologie autoimmuni) e parallelo irrobustimento del sistema di monitoraggio e instaurazione di una farmacovigilanza attiva». Auspicano un «incremento del coinvolgimento del pubblico nel sistema industriale dedicato alla produzione di farmaci, con relativo riconoscimento di oneri e onori, massima trasparenza in merito ai contratti di fornitura, alla natura ed origine dei finanziamenti e ai conflitti di interesse, ed esplicito divieto di accordi secretati tra governi e case produttrici». Ma, soprattutto, si spendono per l’apertura di «un vero dibattito scientifico che rappresenti tutta la comunità di esperti, e non solo una preselezione di questi, al fine di garantire un vero consenso informato».Il punto centrale è esattamente questo: serve una discussione civile, informata e non ideologica. È giunto il momento di abbandonare il culto perverso de «La Scienza» e recuperare la razionalità della scienza. Quella che ha reso grandi l’Europa e l’Occidente e che qualcuno, oggi, pensa di poter smontare. E no, quel qualcuno non sono i no vax.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)