
Il dibattito infuria attorno al rapporto deficit-Pil ma il vero nodo sarà l'utilizzo dei fondi. Il M5s prepara il reddito di cittadinanza, la Lega la pace fiscale: con la soglia a mezzo milione, produrrebbe grandi risorse.Finita la battaglia sul rapporto deficit-Pil, fissato al 2,4% con un successo pieno di Lega e M5s sulle frenate del ministro Giovanni Tria, inizia ora la parte più delicata delle scelte che il governo dovrà compiere da qui al 15 ottobre, data di presentazione della legge di bilancio. Proviamo allora a capire qualcosa di più sui denari effettivamente disponibili dopo la decisione di ieri, sulla loro possibile utilizzazione, e sulle non poche incognite che restano sul tavolo. Intanto, la domanda delle domande: quanti soldi il governo potrà davvero «pompare» nella manovra? Fino a ieri, quando l'asticella deficit-Pil era teoricamente inchiodata all'1,6%, erano disponibili 12 miliardi, giusto quelli necessari a disinnescare l'aumento Iva del 2019 (clausole di salvaguarda ricevute dai gialloblù in «regalo» da Renzi e Gentiloni per il prossimo anno e per il successivo, nel secondo caso addirittura per un peso di 19 miliardi).Dopo la decisione di far salire il deficit al 2,4%, si sono resi disponibili altri 14,5 miliardi. Il problema è che non sono tanti, per realizzare tutti gli obiettivi di Lega e M5s.Per rimpinguare il bottino, sarebbero disponibili cinque strade. Primo (difficile ma altamente auspicabile): negoziare con l'Ue uno scorporo dal deficit delle somme necessarie al disinnesco dell'aumento Iva.Secondo (non impossibile, ma politicamente sarebbe un modo di comprare tempo): allungare al 2021 le clausole esistenti, insomma protrarle per un anno in più, spostando il problema in avanti. Terzo: ottenere ottime entrate dalla pace fiscale, ma in questo caso la soglia delle liti e delle cartelle condonabili dovrà essere ben superiore ai 100.000 euro di cui si è parlato. E ieri in effetti il viceministro Massimo Garavaglia ha parlato di una soglia a 500.000 euro.Quarto: rimettere mano alla spending review, tagliando gli sprechi che ad esempio si annidano nel mare delle «tax expenditures» esistenti. Attenzione, però: nelle bozze circolate nei giorni scorsi, smentite dal governo (che le ha definite «superate»), erano scritte nero su bianco ipotesi politicamente molto dolorose e discutibili, tipo la riduzione della deducibilità delle spese per i mutui o di alcune spese sanitarie.Quinto (e anche qui la cosa susciterebbe non poche preoccupazioni e perplessità): non disinnescare totalmente gli aumenti Iva, ma limitarsi a una «rimodulazione» dell'Iva, impiegando così molto meno di 12 miliardi. Sempre nelle bozze bollate dal Mef come «superate», c'era proprio quel concetto di «rimodulazione»: un segnale che ha determinato inquietudine nel mondo del commercio, a cui in campagna elettorale era stata promessa la cancellazione secca delle clausole.Da queste cinque strade, deriverà la somma complessiva a disposizione del governo, che poi - realisticamente - sarà divisa a metà tra richieste grilline e proposte leghiste.Sul fronte grillino, il reddito di cittadinanza può essere realizzato riconducendo a un unico veicolo gli strumenti di assistenza già esistenti (Naspi, assegno sociale, reddito di inclusione), aggiungendo altre risorse (pare per 4-5 miliardi). Quanto alla pensione di cittadinanza, la sensazione è che, per partire, ci si potrebbe limitare ad alcune categorie disagiate, ad esempio i portatori di disabilità. Resta invece poco chiaro il finanziamento del fondo per i danneggiati dalle crisi bancarie: si rincorrono voci di stanziamenti tra i 600 milioni agli 1,5 miliardi, e la differenza non è poca.Sul versante leghista, è ipotizzabile una spesa di 5 miliardi per «quota 100» per depotenziare gli eccessi della Legge Fornero, e non è da escludere anche un coinvolgimento dei fondi privati. Il resto (ma a maggior ragione si torna alle domande iniziali sulla massa di denaro effettivamente disponibile) sarà utilizzato per i tagli di tasse già in questa prima manovra: l'allargamento della platea di partite Iva beneficiarie del regime di tassazione agevolata al 15%, il taglio Ires, l'estensione della cedolare secca alle locazioni commerciali, e altre misure di favor speciale per le start-up di giovani.Difficile fare previsioni sui «dosaggi»: inizia un braccio di ferro tutto politico. La soluzione migliore sarebbe per un verso un negoziato fruttuoso e a muso duro con una Commissione Ue al capolinea (gli attuali commissari europei hanno letteralmente gli scatoloni in mano, dopo le Europee di maggio non ci saranno più, e quindi si può immaginare che non abbiano la forza politica di opporsi a tutte le richieste italiane), e per altro verso un successo della delegazione leghista nell'ottenere che la parte sviluppista e antitasse della manovra non sia divorata o sopravanzata da quella assistenzialista grillina.Sia detto con rispetto: le obiezioni del Pd (che in campagna elettorale proponeva un deficit addirittura al 2,9%!) e di Forza Italia (che proponeva pensioni a 1.000 euro per tutti…) lasciano il tempo che trovano, oggi.A ben vedere, il punto è un altro: cioè la crescita, e anche la componente grillina dovrebbe rifletterci. L'Italia è fanalino di coda nella crescita europea, già complessivamente stentata. Rischiamo di chiudere il 2018 con un Pil in aumento solo dell'1,1%, e di avere previsioni altrettanto rattrappite per il 2019 (1%), con consumi interni timidissimi. Di tutta evidenza, è la parte fiscale della manovra quella che può invertire la rotta, ricreando fiducia e irrobustendo la crescita: ed è proprio quella - la valutazione sulla crescita - che determinerà il giudizio finale di investitori e mercati, ben più dello sguardo a qualche decimale di deficit.
Maurizio Landini (Ansa)
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