2025-03-30
Landini taglia i salari e snobba il lavoro ma incolpa il governo di ingiustizia sociale
Maurizio Landini (Getty images)
In assemblea, il leader Cgil invoca la pace e attacca la Meloni: «È autoritaria». Ma è lui che blocca i contratti e ci impoverisce.Ci teneva Maurizio Landini a tener fuori i partiti. Niente Pd, e di conseguenza in una sorta di par condicio delle sinistre, non erano stati invitati neanche i Cinque Stelle, Bonelli e Fratoianni. Il segretario ha voluto che l’assemblea pubblica della Cgil («Pace, lavoro, ambiente, diritti: l’Europa e il mondo di fronte a sfide inedite») fosse aperta solo al mondo associativo e ai sindaci. Sulla carta, almeno per una volta, ci sentivamo di condividere. Finalmente un passo indietro, un modo per parlare dei problemi dell’occupazione, di crisi aziendali e casomai provare a fare un minimo di autocritica rispetto a processi di politica economica, vedi Green deal o derive della globalizzazione, che hanno distorto e affossato il mercato. Avevamo capito poco. Ascoltando i toni usati e soffermandoci sugli argomenti triti e ritriti proposti all’assise, è stato improvvisamente chiaro che la scelta di non invitare i segretari dei partiti non era dettata da un improvviso impeto di imparzialità, quando dalla volontà di essere l’unico partito in campo, la Cgil, appunto. Nell’argomentare del segretario gli accenni al lavoro in senso stretto sono stati praticamente inesistenti ed è stato tutto un attaccare il governo, la Meloni e le destre. Certo Landini se l’è presa anche con l’Europa e le derive della globalizzazione, senza però dire mail che si tratta di due fenomeni nati e fomentati dalla sinistra. Particolari.Così come il tema pacifista («La spesa per il riarmo ha assunto dimensioni senza precedenti, siamo in una situazione inedita e piena di rischi, le persone sono disorientate») è apparso più che altro una copertura, un paravento dietro al quale poter picchiare liberamente contro l’odiato esecutivo. «Da parte del governo italiano c’è una svolta autoritaria e antisociale sempre più decisa e delineata che passa attraverso la messa in discussione delle organizzazioni di rappresentanza per affermare un modello corporativo di rappresentanza», ha sentenziato l’ex capo dei metalmeccanici rossi. «Stanno aumentando le difficoltà di questo governo, se uno fa un bilancio della vita delle persone, se è migliorato o peggiorato, siamo in presenza di un peggioramento secco delle condizioni di vita e lavoro». Tesi forte che dovrebbe essere sostanziata con qualche numero. Numeri che Landini però non può dare perché altrimenti dovrebbe ammettere che da mesi e mesi quasi tutti i contratti del pubblico impiego che prevedono aumenti medi dei salari da circa 150 euro lordi sono bloccati dal suo sindacato (con la Uil che gli fa da stampella). E non parliamo dei contratti a venire, ma di quelli che avrebbero dovuto incrementare i livelli retributivi e i diritti dei lavoratori per il trienni 2022-2024 e che poi a cascata porteranno al rinnovo del triennio successivo. L’esempio pratico c’è stato qualche giorno fa, quando è ripreso il negoziato tra l’Aran (lo Stato) e le parti sociali sul rinnovo del contratto della scuola pubblica per 1 milione e 300.000 persone. Cifre? Sul piatto si partiva da un aumento di 142 euro lordi mensili per i dipendenti delle Università e si arrivava ai 211 di incremento dei lavoratori degli Enti di ricerca. Cgil e Uil, come da copione, si sono opposte. Nulla di nuovo sotto al sole, perché le due sigle avevano già detto no, di fatto bloccandoli, ai rinnovi della Sanità (600.000 lavoratori) e degli Enti Locali (più di 400.000) e avevano respinto (finendo però in minoranza) anche all’unica intesa, quella per le Funzioni centrali, portata a casa a oggi. Nella scuola sono in minoranza, rappresentano poco più del 40% della platea, ma se riescono a coinvolgere qualche sindacato autonomo rischiano di bloccare pure questo accordo.Ecco, quando parla di ingiustizia sociale, Landini è a questo e ad altri rinnovi che dovrebbe pensare. Certo, la Cgil motiva il suo dissenso con la volontà di arrivare ad avere più risorse e con l’argomentazione dell’inflazione del periodo che è stata superiore al 15%. Corretto. Ma allora perché con altri governi e in altre circostanze la Cgil ha firmato contratti del pubblico decisamente al di sotto dell’inflazione? Probabilmente perché alla fine in tutte le trattative, soprattutto se riguardano la carne viva dei lavoratori, devono prevalere, realismo e buon senso. Cos’è cambiato allora? Perché se la motivazione fosse data dal colore politico del governo di turno, allora sarebbe davvero grave. Altro che deriva autoritaria dell’esecutivo. Di certo a Landini viene più facile buttarla in caciara. «Se le destre avanzano e vincono in Europa e in Italia», ha spiegato ancora, «il problema non è cosa ha fatto la destra. Il problema è capire cosa non abbiamo fatto noi. E quando dico noi lo dico nel senso più largo possibile. Mai come adesso io mi rendo conto che anche un’organizzazione importante come la Cgil da sola non ce la fa, non è in grado di affrontare e cambiare questa situazione». In effetti, da sola la Cgil non può far nulla, certo che se iniziasse a sedersi con spirito costruttivo intorno ai tavoli e firmasse qualche contratto, la condizione degli italiani non potrebbe che migliorare.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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