Cgil e Uil rifiutano di dimezzare lo sciopero dei trasporti del 29 e Salvini ricorre alla precettazione. La Schlein ne approfitta: «Il governo nega i diritti». Intanto i due sindacati fermano il rinnovo per altri 280.000 lavoratori.
Cgil e Uil rifiutano di dimezzare lo sciopero dei trasporti del 29 e Salvini ricorre alla precettazione. La Schlein ne approfitta: «Il governo nega i diritti». Intanto i due sindacati fermano il rinnovo per altri 280.000 lavoratori.Il finale era già scritto, in vista dello sciopero del 29 novembre voluto da Cgil e Uil si arriverà alla precettazione. Il ministro, Matteo Salvini, è in procinto di richiamare al lavoro gli addetti del trasporto in modo da evitare l’ennesimo venerdì di passione ai cittadini. O meglio di dimezzare i disagi che comunque ci saranno. Ed era probabilmente questo l’obiettivo al quale puntavano Landini e Bombardieri quando hanno deciso, incuranti del dissenso della Cisl, di incrociare le braccia contro quella manovra che ieri invece è stata promossa da Bruxelles. Forzare lo scontro con il governo. E alzare una palla al segretario del Pd Elly Schlein che infatti l’ha raccolta al volo: «Il governo», si è lamentata, «rifiuta il confronto con i lavoratori e con la precettazione nega anche il diritto di sciopero». Non si spiegano altrimenti certe reazioni. Non si capisce come mai nelle ultime due settimane i sindacati abbiano risposto picche a tutte le sollecitazioni della Commissione di garanzia. L’authority che ha il compito di trovare un equilibrio tra il diritto di manifestare e quelli sanciti dalla Costituzione a difesa della persona, aveva prima chiesto ai sindacati di escludere dalla giornata di protesta del 29 i dipendenti di trasporto, sanità e giustizia. Non per un capriccio. Ma perché la legge prevede che debbano passare almeno dieci giorni tra le proteste nei singoli settori e lo sciopero generale. Risposta dei sindacati? Zero, a parte una piccola concessione sul trasporto ferroviario. Quindi Cgil e Uil hanno mandato, metaforicamente, a quel Paese la Commissione e il ministro Salvini che chiedevano loro di dimezzare lo sciopero almeno nei trasporti. Portarlo a quattro ore in modo da non infliggere un altro venerdì di passione agli utenti. Oltre a confermare in toto le modalità della protesta i leader sindacali sono partiti all’attacco. «La Commissione di garanzia», spiegano, «ha obbedito ai diktat del ministro Salvini, pubblicati sistematicamente sui social e attraverso la stampa, continuando ad avanzare ulteriori richieste per la limitazione del diritto di sciopero. Al ministro chiediamo che cosa abbia fatto in questi due anni per garantire la sicurezza dei lavoratori e degli utenti, per migliorare le condizioni del trasporto pubblico e per assicurare la regolarità degli orari e dell’efficienza del servizio. Il diritto alla mobilità va garantito sempre e non solo in occasione della proclamazione degli scioperi. Salvini, piuttosto, farebbe bene a preoccuparsi di rinnovare i contratti a milioni di lavoratrici e lavoratori che ogni giorno sono al servizio della cittadinanza». E sulla precettazione? «Nessun problema, ci rivolgeremo alla magistratura», precisa Bombardieri. Mentre Landini parla di «ricorso al Tar» e di «approfondimento di tutte le vie necessarie alla tutela in primis dello sciopero generale e dei lavoratori a cui viene leso questo diritto».Sembra quasi un copione creato ad arte. Un modo per far montare la polemica e per dar corpo, evidentemente, a quella che Landini ha recentemente definito con il termine ambiguo di «rivolta sociale». Ci vuole del resto una bella dose di faccia tosta a parlare degli ultimi che dovrebbero alzare la voce, almeno così l’ha poi spiegata il segretario quando gli è stato fatto presente che stava scherzando con il fuoco, mentre si è i primi a mettersi di traverso ai rinnovi e quindi agli incrementi dei salari di migliaia di lavoratori. Quello che sta succedendo con il rinnovo degli statali è paradigmatico. Di recente Cgil e Uil si sono tirate fuori dal rinnovo di circa 190.000 lavoratori dei ministeri che hanno portato a casa circa 160 euro di aumento lordo al mese e la settimana cortissima solo grazie alla firma della Cisl. Mentre adesso c’è in ballo, tra gli altri, il rinnovo del contratto 2022-2024 degli infermieri. Già scaduto quindi. L’Aran poche ore fa ha messo sul piatto incrementi da 172 euro al mese: in un anno vuol dire una busta paga più ricca per 2.245,10 euro.Ci sono ancora alcune indennità, per esempio, quella da pronto soccorso, sulle quali bisogna confrontarsi e la linea della Cisl è quella partecipativa e improntata al dialogo per arrivare a dama. «Non aderiamo a scioperi di piazza che gravano sui lavoratori inseguendo conflitti politici dalle finalità poco chiare», spiega alla Verità il segretario della Cisl funzione pubblica Maurizio Petriccioli, «noi scegliamo di restare al tavolo delle trattative, perché è lì che si costruiscono le migliori condizioni per i lavoratori e i professionisti sanitari del nostro Paese. Il nostro impegno è volto ad ottenere salari più alti e, con la chiusura del contratto, potremo sollecitare il governo ad avviare fin da subito il confronto per il triennio 2025-2027, avendo già ottenuto le risorse per il prossimo rinnovo. Noi siamo pronti ma tutti debbono fare la loro parte con responsabilità perché il tatticismo e la lotta politica di certi sindacati la stanno pagando i lavoratori a cui viene negato il rinnovo contrattuale». E infatti dall’altra parte del tavolo sindacale c’è la solita chiusura. Tant’è che il prossimo incontro è stato fissato per il 17 dicembre, a quasi un mese di distanza dal precedente. Sintomo che non c’è fretta. C’è voglia di scioperare e poi di vedere l’effetto che fa. Tanto per il rinnovo serve che anche Cgil e Uil firmino, la Cisl da sola no ce la fa. E i lavoratori possono aspettare.
Nadia Battocletti (Ansa)
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