2021-10-20
Lamorgese si assolve raccontando frottole
L’ex prefetto fa spallucce su Roma: «C’era più gente del previsto. Castellino non si poteva arrestare, lo dice la Corte Ue». Le carte la sbugiardano, ma sul corteo alla Cgil mente: «Non era autorizzato». E poi giustifica la repressione degli innocui portuali a TriesteBreve riassunto dell’accaduto secondo Luciana Lamorgese: la stima dei partecipanti alla famigerata manifestazione di Roma è stata sbagliata, peccato; Giuliano Castellino non si poteva fermare, peccato; a Trieste i portuali seduti a cantare e pregare erano una minaccia ed è stato giusto sgomberarli con idranti e lacrimogeni, peccato. Risultato: totale autoassoluzione. Se - e ripetiamo se - errore c’è stato, si è trattato di una svista sicuramente non imputabile al ministro, ma eventualmente a chi ha indagato sui no pass. Ergo il Viminale non ha responsabilità, non può essere accusato di nulla, e va tutto bene madama la marchesa.Magari l’abbiamo messa giù in modo un po’ brutale, ma la descrizione di ciò che il ministro dell’Interno ha detto ieri in Parlamento è più o meno questa. Dopo una settimana in cui - riguardo la gestione dell’ordine pubblico - abbiamo assistito a uno spettacolo raccapricciante via l’altro, la Lamorgese ha pensato bene di sgravarsi da ogni colpa. Ha parlato di «criticità», ma poi ha scaricato sulle forze dell’ordine il peso delle sue mancanze. E non si può dire che sia stato uno spettacolo onorevole.Partiamo dall’assalto alla Cgil. La ricostruzione dei fatti offerta dalla responsabile del Viminale è apparsa a tratti surreale. Il ministro ha voluto «respingere fermamente» la «lettura politica» secondo cui il caos romano faceva parte di «un disegno assecondato dal comportamento delle forze dell’ordine». Insomma, niente «strategia della tensione». Possiamo perfino crederci, peccato però che la Lamorgese non abbia fornito molti dati a sostegno della sua versione. Anzi, sembra pure che abbia cercato di rendere le acque un poco più torbide.Prendiamo l’unica, e vaga, nota critica accennata dal ministro: a Roma, ha ammesso, non ci si aspettava una presenza così massiccia di contestatori. «Ci si è interrogati sulla sottovalutazione dell’evento anche a causa di difetti di comunicazione», ha detto. «Ad esempio gli organizzatori della manifestazione nel dare preavviso avevano previsto circa 1.000 persone». A sentire queste parole si resta un po’ perplessi. Da mesi la Lamorgese ci ripete che i perfidi no vax sono una minaccia, a un certo punto è stato addirittura evocato il rischio terrorismo. E adesso ci viene a dire che le autorità si sono fatte ingannare dai social? La scusa sarebbe che sulle chat si parlava di 1.000 persone e l’intelligence si è fidata di quei messaggi? Andiamo benissimo...Passiamo ora al caso Forza nuova. Secondo la Lamorgese, Castellino - benché fiero possessore di un daspo - non poteva essere arrestato. Motivo? Si dovevano tutelarne le libertà garantite dalla Costituzione, come da indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Consulta. Posto che ci sono vari modi di sorvegliare un soggetto ritenuto pericoloso, suona davvero incredibile che ci si facciano certi scrupoli con un tale colpito da daspo e non con tutti gli altri italiani, di cui si è potuta limitare (e si limita) la libertà senza troppe preoccupazioni. Per altro, questa ricostruzione non sembra coincidere con ciò che lo stesso ministro aveva detto pochi giorni fa durante un question time. Se ricordate, la Lamorgese spiegò che Castellino non si poteva arrestare perché «in quel contesto c’era l’evidente rischio di una reazione violenta dei suoi sodali con degenerazione dell’ordine pubblico». Delle due l’una: o non si potevano ledere i suoi diritti oppure c’era il rischio di inasprire gli animi. In ogni caso, si tratta di due versioni inaccettabili.I passaggi più insopportabili del discorso ministeriale, tuttavia, sono quelli riguardanti l’attacco al sindacato e lo sgombero dei portuali di Trieste. A proposito della Cgil, il ministro ha fornito un resoconto dettagliato. A suo dire, i manifestanti avevano chiesto di potersi dirigere verso la sede del sindacato, «richiesta in quel frangente formulata, ma non autorizzata». Anzi, la polizia avrebbe «invitato i manifestanti ad attendere, anche al fine di indicare loro eventuali percorsi e siti alternativi». Nonostante ciò, «alle 16.45, senza che fosse stata accordata alcuna autorizzazione, un considerevole numero di dimostranti, circa 3.000, iniziava improvvisamente a muoversi in corteo verso piazzale Flaminio, con l’intenzione di raggiungere piazzale del Brasile. L’avanzata dei manifestanti è avvenuta in maniera tanto impetuosa, quanto disordinata e per un breve momento è riuscita a superare gli stessi operatori della polizia». Di nuovo chiediamo: poiché l’intenzione di dirigersi verso la Cgil era stata più volte esplicitata, perché non sono stati inviati almeno rinforzi alla sede sindacale? Ma, soprattutto: se è vero ciò che dice la Lamorgese, come mai la Questura di Roma ha scritto il contrario, e cioè che dopo «insistente richiesta» a Castellino e soci è stato «permesso di effettuare un percorso dinamico verso i locali della Cgil»? Chi dice il falso: la polizia o il ministro? Sarebbe il caso che qualcuno sciogliesse il mistero.Infine, il caso Trieste. Prima la Lamorgese ha detto che «le attività portuali - cui ha potuto accedere la stragrande maggioranza dei lavoratori in disaccordo con la protesta - non hanno subito un blocco e hanno continuato a svolgersi regolarmente». Poi, però, ha aggiunto: «Nei momenti di maggiore tensione si è prefigurato il pericolo di degenerazione dell’ordine pubblico ed è stato necessario l’uso di idranti e lacrimogeni». Ma come? Il porto lavorava e all’improvviso c’è stato pericolo di degenerazione? Ma dov’erano i manifestanti armati e violenti? Le immagini hanno mostrato persone sedute, che si limitavano a resistere passivamente. Gli idranti sono stati usati su di loro, e così i lacrimogeni.A degenerare, semmai, è stata la gestione della situazione da parte dello Stato. E se la situazione degenera, un ministro serio e dignitoso non tenta di cavarsela affastellando scuse: dice la verità e individua i responsabili degli errori, dopodiché si assume le sue responsabilità e si dimette. A quanto risulta, purtroppo, qui un ministro serio non c’è.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)