2021-04-07
L’America tassa tutti per rilanciarsi (e mette nei guai i paradisi fiscali)
Janet Yellen (Drew Angerer/Getty Images)
Il segretario del Tesoro statunitense, Janet Yellen, propone una «minimum tax» globale per tutte le società. Un aspetto positivo, però, c'è: obbligare Paesi come Olanda e Malta ad adeguarsi agli standard internazionali. Janet Yellen chiede una tassa minima globale sulle imprese per non fare uscire gli Stati Uniti dal mercato fiscale internazionale. Il segretario del Tesoro degli Stati Uniti, in un discorso fatto al Chicago Council on Global affairs, ha invitato gli altri Paesi a stabilire tutti insieme una corporate tax minima globale sulle società. «Insieme possiamo utilizzare una tassa minima globale per assicurarci che l'economia internazionale prosperi sulla base di condizioni più eque nella tassazione delle multinazionali e stimoli l'innovazione, la crescita e la prosperità», ha dichiarato la Yellen. Le dichiarazioni del segretario del Tesoro a stelle e strisce arrivano proprio quando l'amministrazione Biden sta per mettere in atto il suo piano di aumento delle tasse, che coinvolge anche le imprese. La sua idea sarebbe infatti quella di passare dall'attuale corporate tax nazionale del 21% ad un 28%. E quindi realizzare un +7% in termini di tassazione. Questo porterebbe gli Usa ai primi posti nella classifica Ocse per la tassazione più alta. E avrebbe dei seri effetti negativi sia sulla sua competitività fiscale internazionale sia sulle entrate. L'aumento delle tasse fa però parte di un pacchetto Usa più ampio, che si aggira sui 2 mila miliardi di dollari per rimodernare il sistema economico americano anche in chiave verde. I fondi che si andrebbero ad usare per questo derivano in parte proprio dal pacchetto della tassazione sulle imprese. Per scoraggiare le aziende Usa a fare e portare i ricavi all'estero si vorrebbero infatti anche togliere le varie detrazioni previste per i profitti esteri. Tutto questo però non basta. Anche perché nel mondo, ma anche in Europa, ci sono una serie di paesi come l'Olanda, Malta, Lussemburgo, Cipro e Irlanda che offrono vantaggi fiscali, che in questi anni hanno loro permesso di attrarre multinazionali Usa e di prosperare rispetto ai loro vicini europei. Proprio per evitare che le corporate Usa si fiondino nei paradisi fiscali europei e non, Yellen ha avanzato l'ipotesi di dar vita tutti assieme ad una corporate tax minima globale. L'idea è che dunque tutti alzino le tasse (al momento non si sa di quanto dovrebbe essere la percentuale. A livello Ocse la media è intorno al 24%), in modo da pagare insieme di più e al tempo stesso aiutare gli americani a finanziare il loro progetto di rilancio economico. Che la mossa della Yellen guardi squisitamente agli interessi americani è fuori discussione. Anche perché basta osservare come questa amministrazione si sta comportando contro tutti quei paesi che stanno introducendo delle Web tax nazionali. Joe Biden starebbe infatti pensando di colpire ben sei giurisdizioni con tariffe che nel complesso potrebbero ammontare a circa un miliardo di dollari all'anno (le merci che entrano negli Usa potrebbero subire dazi del 25% ogni anno). E tutto questo perché dei paesi hanno osato toccare i gioiellini americani del tech come Facebook o Amazon. Sarebbe dunque interessante capire come mai si vogliono penalizzare tutti quegli Stati che impongono una Web tax, per riportare l'equità fiscale a livello nazionale, ma al tempo stesso la Yellen professa «condizioni più eque» a livello globale. Se ci sarà o meno questa corporate tax minima a livello internazionale è ancora tutto da vedere e sicuramente se ne discuterà negli incontri primaverili del Fondo monetario internazionale e della World Bank. Anche perché essendo solo un'idea del segretario del Tesoro Usa si devono trovare delle fondamenta solide e una concretezza anche a livello di numeri. C'è però da dire che, oltre a tutelare esclusivamente gli interessi americani, una corporate tax globale avrebbe un risvolto che si potrebbe dire positivo. E, infatti, se mai dovesse passare questa idea e concretizzarsi si porrebbe fine ad una serie di paradisi fiscali a livello europeo e non che in questi anni hanno portato via diverse risorse economiche ad altri Stati, grazie ai loro «simpatici» regimi fiscali. E dunque il Lussemburgo, Malta, Cipro e la stessa Olanda non potrebbero più contare sulla loro fiscalità privilegiata per rimpolpare le casse del tesoro. E soprattutto i lunghi anni di battaglia all'interno dell'Unione europea per bloccare tutti i progetti fiscali come la Web tax e molti altri, che avevano come obiettivo una tassazione più equa, si rivelerebbero vani. Inoltre, dalla corporate tax minima globale ci sarebbe anche un altro grande colpito che al momento non è più all'interno dell'Unione europea, la Gran Bretagna. Questo Paese ha infatti diversi territori d'oltremare e dipendenze della Corona che figurano tra i maggiori paradisi fiscali al mondo. Un aspetto che da sempre ha preoccupato l'uscita del Regno Unito dall'Ue è stato il fatto che sui territori che sono definiti dipendenze della Corona non si ha potere esecutivo, dato che hanno una propria legislazione e possono decidere da loro la politica fiscale che più gli piace. Una corporate tax minima a livello globale obbligherebbe anche queste realtà ad adeguarsi agli standard internazionali non potendo più giocare con aliquote fiscale e altri meccanismi compiacenti per attirare investimenti diretti esteri sul proprio territorio.