2020-10-30
L’africano al servizio della giunta Pd nascondeva la mafia
Ferrara in balia dei clan nigeriani, ma il mediatore del Comune negava tutto. E il boss arrestato ieri si esibiva alle feste cittadine.Mercoledì, in tarda serata, la Squadra mobile di Ferrara è riuscita finalmente a individuare e catturare Emmanuel Okenwa, il capo dei Viking, temibile confraternita nigeriana che guadagnava milioni di euro grazie a spaccio, racket, rapine e sfruttamento della prostituzione. Nei giorni scorsi, come abbiamo raccontato su queste pagine, una gigantesca operazione di polizia svolta tra Torino, il Veneto e Ferrara ha portato all'arresto di 56 stranieri, tutti affiliati alla mafia africana. Tra i 13 ancora ricercati c'era appunto Okenwa, che è stato rintracciato a Verona.Questo signore cinquantenne, oltre a gestire i traffici criminali, lavorava come deejay di musica afrobeat, con il nome d'arte di Bugi (e non Boogie o Boogye come sembrava inizialmente). Le forze dell'ordine spiegano che il criminale nigeriano, datosi alla macchia in terra scaligera, «aveva in programma di esibirsi a pagamento come deejay e cantante ad una festa di battesimo che si sarebbe dovuta tenere domenica prossima» e nel frattempo «era ospite di amici musicisti e cantanti di cui era una specie di manager. La sua figura di leader della confraternita Viking Arobaga», dicono ancora dalla Mobile, «era riconosciuta infatti anche nell'ambito delle attività legali da loro svolte».Dopo un lungo appostamento, Bugi è stato rintracciato dagli agenti nei pressi della stazione di Verona Porta Nuova. Non appena ha capito di essere braccato, ha cercato di dileguarsi fra i passeggeri in attesa del treno. È stato ritrovato non molto tempo dopo, su una panchina alla stazione di Porta Vescovo. «Agli agenti, al momento della cattura ha riferito che nel corso della giornata aveva saputo che era ricercato ed era andato a prendere il treno per rientrare a Ferrara e recuperare alcuni effetti personali, confermando però che la sua intenzione era quella di far perdere le proprie tracce».Entrambe le carriere di Bugi - sia quella mafiosa sia quella musicale - a quanto pare erano ben avviate. Pare che l'uomo, nel corso degli anni, si sia esibito anche ad eventi patrocinati dal Comune di Ferrara. Risulta un dj Bugi, infatti, al festival High Foundation del 2012, rassegna musicale che godeva appunto dell'appoggio del Comune e della Provincia ferraresi. Sembra poi che Bugi, il 6 ottobre del 2012 - nell'ambito di un «Nigerian Party» - abbia partecipato come deejay alla Festa della legalità e della responsabilità organizzata dal Comune di Ferrara con il sostegno della Regione Emilia Romagna. Niente male.Ma al di là delle note di colore, a fare impressione è la pervasività che la confraternita dei Viking aveva raggiunto nel Nord Italia, e a Ferrara in particolare. Viene da chiedersi come mai le istituzioni locali non se ne siano accorte prima, visto che da anni le cronache riportano fatti di sangue avvenuti nella zona ad opera dei nigeriani (se ne occupò persino l'Espresso, tempo fa). Una risposta la fornisce l'attuale sindaco ferrarese, il leghista Alan Fabbri. Riguardo alle malefatte dei mafiosi africani in città, ricorda il primo cittadino, «il mediatore culturale della precedente amministrazione e portavoce della comunità nigeriana Kelvin Jacob dichiarò ai quotidiani che si trattava di risse per “rivalità amorose". Jacob lavorava a stretto contatto con l'assessore di allora (colei che aveva derubricato il tutto a una semplice “percezione di insicurezza"), Chiara Sapigni, poiché dipendente Asp con agenzia interinale fino al 2018».Vediamo di chiarire ulteriormente. Il Comune di Ferrara, nel 2017, aveva in servizio 11 figure professionali deputate a tenere i rapporti con i richiedenti asilo, al costo di 22.500 euro annuali ciascuna. Il mediatore Kelvin era uno degli operatori. Questo signore ha lavorato per l'Azienda servizi alla persona ferrarese, ed era in rapporti con l'amministrazione cittadina (Partito democratico, per intendersi). Quando i giornali gli chiesero lumi sulla presenza di confraternite criminali, costui rispose: «Non esiste la mafia nigeriana in questa città». Riguardo agli episodi di violenza dichiarò risoluto: «Sono da collegare con i litigi che scoppiano, spesso, per questioni di rivalità amorose». Certo, i bisticci per questioni di cuore risolti col machete. Kelvin Jacob faceva parte, inoltre, del Consiglio delle comunità straniere voluto dalla giunta rossa rimasta in carica fino al 2019. Nello stesso organismo era presente anche Adam Atik. L'attuale sindaco Fabbri lo definisce «uno dei capi delle sardine ferraresi» e attacca: «Atik ha sempre definito la mafia nigeriana uno “spauracchio" della destra nostrana, come si legge nel manifesto dell'evento 6000 sardine in piazza Castello».Tutto chiaro: agli allarmi sulla presenza dalla mafia nigeriana a Ferrara, il Pd rispondeva negando l'evidenza, e accusando le destre xenofobe. Nel frattempo, i capi mafiosi lavoravano come dj nelle feste cittadine, e il mediatore pagato per tenere i rapporti con la comunità africana negava a ripetizione che la mafia esistesse. E intanto spaccio, violenza e prostituzione proliferavano.
Il segretario agli interni britannico Shabana Mahmood (Ansa)
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Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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