2022-07-05
La vittoria ucraina è un’illusione utile soltanto agli States
Il mantra della Nato e dell’Ue sulla controffensiva di Kiev serve a nascondere gli interessi sull’isolamento della Russia. C’è un’espressione che si usa a Roma quando capita di avere a che fare con qualcuno che fa discorsi tali da far nascere il ragionevole sospetto che voglia tendervi un tranello. L’espressione è «Famo a capisse» ed equivale ad un invito rivolto all’interlocutore perché esca dall’equivoco e faccia quindi capire dove, in realtà, vuole andare a parare. Ora, un tale invito è proprio quello che andrebbe pressantemente rivolto ai governanti dei Paesi aderenti alla Nato e all’Unione europea, perché spieghino, una buona volta, cosa passa loro, in verità, per la mente quando ripetono ossessivamente (come ormai fanno da mesi) che bisogna sostenere in tutti i modi l’attuale governo dell’Ucraina fino alla «vittoria» contro l’invasore russo; vittoria che dovrebbe consistere, per quanto è dato comprendere, nella riconquista, a seguito di una poderosa controffensiva delle forze armate ucraine, di tutti i territori occupati dalla Russia dal 25 febbraio scorso e, magari, anche della Crimea, annessa dalla Russia fin dal 2008 e da allora rimasta, pressocché pacificamente, in suo possesso. Partendo, per cominciare, dall’ipotesi che i governanti che si dicono sicuri della vittoria ci credano veramente, ad essi andrebbe chiesto di spiegare come e perché, secondo loro, sia ragionevolmente pensabile che le forze armate di Kiev, da sole, sia pure avvalendosi delle armi loro fornite dai Paesi occidentali, possano sconfiggere sul campo quelle della Russia, di gran lunga più numerose e dotate anch’esse di armi efficienti, tanto da aver costretto gli ucraini alla ritirata dalla maggior parte del territorio del Donbass. E andrebbe inoltre chiesto di spiegare come si potrebbe essere sicuri che la Russia, a fronte dell’ipotetico profilarsi dell’effettivo pericolo di una sconfitta, non farebbe ricorso alle armi nucleari (se non altro a quelle tattiche), per colpire, in modo presumibilmente devastante e decisivo, il territorio dell’Ucraina; ipotesi, questa, che, anzi, dovrebbe essere riguardata come la più probabile, considerando che non solo da Putin ma anche da gran parte dell’opinione pubblica di un Paese ultranazionalista com’è la Russia mai e poi mai potrebbe essere accettata l’idea di una passiva rassegnazione alla sconfitta senza che si sia fatto ricorso a tutti gli strumenti idonei a far sì che, almeno, anche il prezzo pagato dai vincitori sia il più alto possibile; e ciò tanto più in quanto la sconfitta significherebbe anche la vanificazione del sacrificio delle migliaia di militari russi caduti e che dovessero ancora cadere nella guerra contro l’Ucraina. Di qui anche la estrema improbabilità che, sempre nell’ipotesi del profilarsi di una sconfitta della Russia, Putin verrebbe, in un modo o nell’altro, rimosso dal potere per essere sostituito da un «leader» più disposto ad accomodamenti in favore della pace, dovendosi piuttosto temere che la eventuale sostituzione avverrebbe ad opera di qualcuno ancora più determinato di lui nel condurre la guerra fino alla sue estreme conseguenze. E che farebbero, in tal caso, gli Usa e gli altri Paesi della Nato? L’alternativa sarebbe soltanto quella o di «abbozzare» (secondo un’altra espressione in uso a Roma), abbandonando quindi l’Ucraina ad un destino ben peggiore di quello a cui sarebbe andata incontro se, fin dall’inizio, si fosse scelta la strada del negoziato, ovvero di entrare in un diretto confronto militare con la Russia: vale a dire, aprire lo scenario apocalittico di una terza guerra mondiale. Tutto ciò induce a pensare che i governanti occidentali, per quanto siano da ritenere scarsamente dotati, in generale, di finezza intellettuale e acume politico, non possano, tuttavia, essere tanto sprovveduti da aspettarsi che veramente, un giorno o l’altro, il comando supremo delle forze armate ucraine sia in grado di diffondere un comunicato nel quale, ispirandosi magari al bollettino della vittoria italiana sull’Austria-Ungheria, si annunci trionfalmente che i resti delle armate russe, tallonate da quelle ucraine, «risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza».D’altra parte, anche una fonte considerata, per definizione, «autorevole», quale il New York Times (da ritenersi, sotto il profilo che qui interessa, del tutto insospettabile), ha affermato, in un editoriale del 20 maggio u.s., secondo quanto riferito dall’agenzia Afp, che «Una vittoria militare decisiva per l’Ucraina sulla Russia in cui l’Ucraina riconquista tutto il territorio che la Russia ha conquistato dal 2014, non è un obiettivo realistico». Se così è, occorre quindi ripiegare sull’unica ipotesi alternativa possibile, rispetto a quella indicata in precedenza, e cioè che i governanti occidentali, nel mostrarsi convinti che la guerra possa e debba concludersi solo con la vittoria dell’Ucraina sulla Russia, mentano sapendo di mentire. Rimane da chiedersi, allora, perché lo facciano e, più specificamente, perché lo facciano i governanti americani, dal momento che quelli degli altri Paesi della Nato di null’altro sembrano capaci se non di sottomettersi acriticamente alla volontà degli Usa. E la risposta possibile sembra una soltanto: quella, cioè, che l’Ucraina (nella persona del suo sconclusionato e irresponsabile presidente, il quale pure, nei primi tempi dopo l’inizio del conflitto, aveva più volte manifestato disponibilità a concessioni in cambio della pace), sia indotta, con la fallace prospettiva di una sua sicura vittoria, a condurre avanti a tempo indeterminato una guerra disperata che le costa lacrime e sangue; e ciò a beneficio esclusivo degli Usa, il cui prioritario interesse è quello che non si arrivi mai ad una pace negoziata perché essa comporterebbe la fine dell’isolamento della Russia dagli altri Paesi europei e la sottrazione di questi ultimi all’autorità del direttore d’orchestra che ha il suo podio a Washington. E che le cose stiano in questi termini è di tale evidenza da rendere impossibile che, anche in Ucraina, almeno una certa parte dell’opinione pubblica non se ne renda conto e non ne tragga le debite conclusioni. Il fatto che di essa non si abbia, però, notizia alcuna dovrebbe far riflettere sul grado di attendibilità della «vulgata» secondo cui l’Ucraina sarebbe un tempio della libertà e della democrazia, a fronte dell’ottusa tirannide imperante a Mosca, che soffoca ogni, sia pur minima, manifestazione di dissenso.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».