2019-03-22
La Via della seta con la Cina l’hanno aperta prima di noi i governi di Berlino e Vienna
Il patto commerciale che sta per essere siglato con il Dragone ha attirato tante critiche ma la Germania ha già quasi 200 miliardi di interscambi annui con il colosso orientale.Uno dei temi geopolitici che più sta tenendo banco negli ultimi giorni sulla stampa italiana, e financo su quella internazionale, è il recente memorandum d'intesa tra il governo italiano e la Repubblica popolare di Cina. Mentre sbarca in Italia il presidente cinese Xi Jinping, che dovrebbe ratificare ufficialmente l'accordo, non mancano le voci critiche e nemmeno le pressioni, in special modo americane, che vedrebbero di buon occhio l'affossamento dell'intesa bilaterale. Tuttavia da anni quel Paese considerato la locomotiva economica d'Europa, ossia la Germania, è di fatto già dentro il progetto cinese della nuova Via della seta. Infatti la città renana di Duisburg, quella stessa dove avvenne la strage di 'ndrangheta nell'agosto del 2007, è il punto di arrivo di un lungo viaggio ferroviario di circa 11.000 chilometri. I treni, fino a 35 alla settimana, partono dalla città continentale di Chengdu, nella regione cinese dello Sichuan, passano attraverso le steppe russe e le pianure polacche, per poi arrivare nella città industriale di Duisburg in soli 12 giorni, anche se i cinesi vorrebbero ridurre i tempi a 10. Se si considera che fino al 2008 i tempi di percorrenza erano di 28 giorni, si può ben capire come la Germania e la Cina abbiano collaborato assiduamente per potenziare il reciproco commercio. Il sindaco di Duisburg, in un reportage dell'organo finanziario Handelsbatt dell'ottobre scorso, al fine di accattivarsi gli investitori provenienti dal lontano Oriente, aveva mostrato loro come in un raggio di 150 chilometri intorno all'area dell'Alta Renania, comprendente la sua città e che fino a pochi decenni fa era il cuore carbonifero della Ruhr, siano racchiuse qualcosa come 300.000 aziende ed un mercato potenziale di 30 milioni di consumatori, se si considerano anche i vicini olandesi e belgi. Un altro Paese mitteleuropeo di lingua tedesca è anch'esso coinvolto nel progetto; stiamo parlando dell'Austria che quasi un anno fa ha visto arrivare nella propria capitale Vienna il primo treno merci proveniente dalla Cina, con la prospettiva di abbattere i tempi e di farli arrivare ben più numerosi in soli 10 giorni, come accadrà con tutta probabilità a Duisburg.Con quasi 200 miliardi di interscambi annui, la Cina si è confermata l'anno scorso ancora una volta come il più importante partner commerciale per la Germania. I numeri statistici parlano chiaro: se nel 2008 l'interscambio totale tra i due paesi ammontava a quasi 95 miliardi, dieci anni fa è più che raddoppiato. A colpire sono soprattutto i dati sulle esportazioni tedesche verso quello che fu il Celeste Impero; se nel 2008 esse non arrivavano a 35 miliardi, dieci anni dopo sono addirittura quasi triplicate con un valore di 93 miliardi. Va da sé che, qualora lo scambio di beni via treni, molto più veloce rispetto a quello oceanico, dovesse intensificarsi, le cifre potrebbero aumentare a dismisura. Le merci che la Germania maggiormente esporta verso la Cina variano ma a fare la parte del leone sono, tanto per cambiare, gli autoveicoli ed i relativi pezzi di ricambio (24 Mrd), i macchinari industriali (19 Mrd) e le attrezzature elettriche (10 Mrd). Invece la Germania importa dal suo primo partner commerciale al mondo vestiti (8 Mrd), anche se i macchinari per l'industria pesante (9 Mrd) e di nuovo i dispositivi elettrici (13 Mrd), oltre che quelli orbitanti intorno all'informatica (37 Mrd), si rivelano essenziali per lo sforzo economico tedesco. In generale dal 2016 fino ai giorni odierni la Germania si è dimostrata ogni anno un importatore netto nei confronti della Cina, importando da essa molto di più rispetto a quanto non esporti. Nell'anno scorso ha esportato beni per un valore totale di circa 93 miliardi, mentre ne ha importato altrettanti per una sommatoria di 106 miliardi. Il totale rappresenta il 30% dell'intero interscambio Cina-Ue.Al netto degli aridi dati economici, i rapporti politici tra i due Paesi leader delle rispettive aree continentali si erano ulteriormente rafforzati durante la visita di Stato della cancelliera Merkel a Pechino del 24 maggio dell'anno scorso, nella quale assieme al Presidente Xi Jinping si era ribadito l'impegno comune a contrastare il neo protezionismo americano, senza però mai nominare esplicitamente Trump. Il capo di Stato cinese pronunciò a tal proposito una frase sibillina contro la politica unilaterale dell'America First, dichiarando la volontà di far avanzare un ordine globale e il multilateralismo, anche grazie alla collaborazione col lato tedesco. In ogni caso qualora questo od anche il prossimo governo tedesco, visto l'ufficiale ritiro della Merkel alla fine del suo quarto cancellierato, dovesse premere per un potenziamento dei legami commerciali cinesi, sarebbe l'ennesimo motivo di tensione, oltre ai dossier del North Stream 2 e del presunto spionaggio Huawei negato da Berlino, con gli Stati Uniti. Tutto questo mentre in queste medesime ore l'ambasciatore americano a Berlino Richard Grenell ha criticato il bilancio tedesco, poiché non si vedrebbero gli sperati aumenti delle spese militari verso la Nato, tanto caldeggiati da Trump. Addirittura qualche giorno fa un esponente politico della Fdp, il partito liberale tedesco all'opposizione, si è arrischiato a richiedere l'espulsione dell'ambasciatore dalla Germania, dichiarazione impensabile fino a poco tempo fa e che rivela un certo nervosismo tra la classe politica. Senza contare poi i tanto annunciati dazi americani sia contro le automobili tedesche che contro diverse categorie di merci cinesi, che potrebbero consolidare ancor di più i rapporti tra i due Paesi, leader mondiali dell'export ed anche per questo da tempo criticati non solo dall'amministrazione Trump, ma anche da quella del precedente presidente democratico Obama. Se infine la nuova Via della seta, in verità come visto all'inizio esistente da anni, tra la Germania e la Cina dovesse consolidarsi, a prescindere dalle scelte che prenderà il governo italiano, risulta difficile pensare che Washington rimarrà silente.
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