2018-09-30
La vera storia di «Vaticano spa», bestseller sugli affari dello Ior
Il comico Maurizio Ferrini non ha mai consegnato i documenti che hanno permesso la scrittura del saggio. Ha fatto solo da tramite tra gli eredi testamentari di monsignor Renato Dardozzi, custodi di quei segreti, e Maurizio Belpietro.Il comico, colui che per lavoro e ispirazione fa ridere gli altri, declina quindi la propria arte alla gioia altrui, nasconde spesso una profondità di tristezza, di melanconica mestizia. L'ho intravisto in diversi attori incontrati in questi anni, da Massimo Troisi a Renato Pozzetto: dietro quella maschera del ridere degli altri, avevano anche la misura sapiente della tragedia agrodolce che a volte riserva la vita. Quindi, quando Maurizio Ferrini, la mitica e imbattibile signora Coriandoli di tante scorribande televisive, confessa qualche giorno fa a Francesco Specchia i momenti difficili, atroci che ha vissuto da quando è finito nel cono d'ombra, dimenticato da tutti, svilita e mortificata la sua arte, merita ascolto e rispetto. Così Ferrini ha fatto, ripercorrendo i momenti più bui del declino, passato ingiustamente dalle stelle alle stalle, come dicevano un tempo i nostri vecchi.Tra i ricordi Ferrini è stato quantomeno interpretato in modo impreciso, andando involontariamente a colpire il lavoro di altri. Come se avesse avuto un ruolo preminente nella nascita di Vaticano spa, il libro che ho scritto nel 2009 sui segreti di quella monarchia assoluta dietro il cupolone, saggio che ha avuto poi un riconosciuto successo mondiale, tradotto dal giapponese al brasiliano. Nell'amplificazione mediatica ho così letto che Ferrini avrebbe trovato delle carte e che mi avrebbe addirittura passato uno scatolone di documenti di un metro per un metro, che io avrei spremuto a dovere. Amando la comedie italienne sono rimasto affascinato da questo suo racconto. Del resto solo in italia si potrebbero pensare di affidare a un comico i segreti e i misteri di quel mondo affascinante che rimane la Chiesa, con i suoi lati oscuri, a iniziare dallo Ior, la misteriosa banca del piccolo Stato. Purtroppo o per fortuna non è così: la verità è un'altra. Ferrini non ha mai consegnato né a me né ad altri i documenti che hanno permesso la scrittura di quell'esplosivo saggio di denuncia, per un semplice fatto, che non li aveva, non avendo titolo per possederli. Chi custodiva in silenzio quell'archivio segreto erano, com'è naturale che fosse, gli eredi testamentari di monsignor Renato Dardozzi, potente eminenza grigia della segreteria di Stato dai tempi di Agostino Casaroli, una sorta di sacerdote votato a gestire e spegnere le situazioni più imbarazzanti delle finanze vaticane. Gli eredi volevano rendere pubblico l'archivio del loro parente - per sua espressa volontà - ma cercavano qualcuno del quale potersi fidare pienamente. Volevano mettersi in contatto con Maurizio Belpietro, all'epoca direttore di Panorama dove lavoravo come inviato, per valutare se farlo uscire sul settimanale della Mondadori. Ferrini fece da tramite tra gli eredi testamentari e Belpietro, e quest'ultimo, al quale mi lega stima e amicizia, a sua volta mi girò il contatto con gli eredi di monsignor Dardozzi per approfondire la storia. Li incontrai una due dieci volte, in un lungo percorso di conoscenza e fiducia con appuntamenti rocamboleschi, timorosi com'erano di essere pedinati, intercettati, di esporsi. All'inizio erano diffidenti, più volte ci trovammo vicini al punto di rottura. Eravamo nel 2008, in Vaticano non c'era Francesco e il segretario di Stato dell'epoca, il cardinale Tarcisio Bertone, quello del tristemente famoso attico, godeva di smisurato potere dentro e fuori le mura. Ben presto capii che Panorama non poteva essere il destinatario naturale di quell'archivio, formato da quasi 5.000 documenti, proprio per la mole impressionante di notizie che custodiva e segreti che svelava. A iniziare dalla movimentazione di uno speciale conto corrente allo Ior, intestato a una fantomatica fondazione cardinale Francis Spellman sul quale in realtà nientemeno che Giulio Andreotti aveva potere di firma e c'erano decine di carte su tutte le operazioni che il Vaticano mise in cantiere per evitare che lo Ior e lo stesso divo Giulio fossero travolti da Mani pulite. In un Paese dove non si era mai visto nemmeno un documento dello Ior, averne migliaia a disposizione, permetteva una rilettura clamorosa dei periodi più bui aldilà e al di qua del Tevere. Da qui l'idea di scrivere qualcosa di più rilevante e ampio rispetto a un'inchiesta per un settimanale, appunto un libro, nonostante tutti ma proprio tutti mi sconsigliassero di avventurarmi in questo tipo d'inchieste sulle storie meglio custodite e protette, all'epoca almeno, ovvero quelle vaticane e dei mercanti nel tempio. In segreto chiesi lumi a tre amici, Gian Antonio Stella, Luigi Bernabò e Peter Gomez, per scegliere un editore che non passasse il pdf in mani sbagliate e trovai in Chiarelettere la risposta giusta a ogni timore. Da quel momento - e per oltre un anno - mi misi da una parte a spulciare l'archivio di Dardozzi, trovando testimoni e riscontri ai documenti raccolti, dall'altra cercare anche altre storie inedite, altri documenti, per integrare il libro, come ogni saggio d'inchiesta merita. A iniziare da quelli e sulla cosiddetta indagine Sofia portata avanti dalla Procura di Roma su fondi poco chiari che volevano raccogliere uomini del Vaticano e vecchi pezzi della Dc per fondare un nuovo partito cattolico. Questa ricerca comportò di scendere nel sottoscala di quel potere, incontrando più fonti che per segreto professionale non possono essere menzionate e compiendo viaggi anche all'estero, a iniziare dalla Svizzera, per recuperare pezzi di storie sommerse. Sulle fonti si può certamente raccontare che avevano tutte il carattere distintivo di umiltà nella vita di tutti i giorni e di volere che la verità emergesse con forza. E in fondo, anche Ferrini ha dato un contributo, facendo conoscere agli eredi testamentari di monsignor Dardozzi quel giornalista che sviluppò in un libro l'archivio che loro detenevano, grazie anche a Belpietro che volle che seguissi io questo caso. Di questo sono stato grato a Ferrini fin dall'inizio quando, poco dopo l'uscita del libro, raccontai pubblicamente questo retroscena. Mentre altri per ovvie ragioni devono rimanere custoditi per sempre.
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