2018-08-21
La vera storia di Boe l’ex bandito che tagliò l’orecchio a Farouk
Dopo tre sequestri di persona e 25 anni di galera, il ribelle sardo doveva ricevere un gregge dai pastori. L'idea bocciata dai social.Doveva essere «un gregge per ricominciare» una vita normale: nel suo caso, per dare una seconda possibilità a chi aveva tanto sbagliato. I sardi la chiamano «sa paradura», letteralmente «la messa a disposizione»: un'usanza che da sempre porta i pastori del Supramonte a regalare poche pecore a un collega in difficoltà. Ieri, però, si è scoperto che Matteo Boe alla fine non riceverà quel piccolo gregge perché il nuovissimo mondo dei social ha bloccato l'antichissima tradizione e ha impedito il regalo: non si fanno favori ai rapitori di bambini, nemmeno se hanno scontato la pena. A 61 anni, quasi per metà trascorsi nelle patrie galere, quello che dopo l'inarrivabile Graziano Mesina è il più famoso tra i fuorilegge della Barbagia se ne farà certamente una ragione. La sua vita, del resto, tende sempre più verso la labirintica cupezza di un romanzo ottocentesco, qualcosa a metà strada tra Delitto e castigo e I Miserabili. E l'uomo ha inflitto molto dolore, certo, ma tutto quel male gli è tornato indietro come un implacabile boomerang esistenziale. Anche per questo, dopo tutto, il candore delle pecore non gli si addice. Indipendentista, ribelle e irriducibile, Boe ha alle spalle un'esistenza a suo modo leggendaria. Nella storia, è l'unico cui sia riuscito di evadere dall'Asinara. L'impresa risale al settembre 1986, quando sull'isola Matteo stava scontando i 16 anni della condanna per il rapimento di Sara Nicoli, la ragazza sequestrata tre anni prima in Toscana e alla quale, nei 118 giorni della prigionia, Boe faceva leggere i romanzi di Franz Kafka. Per evadere, il detenuto s'era lanciato in mare dalla scogliera ed era stato raccolto dalla moglie, la modenese Laura Manfredi, che lo attendeva su un gommone. Nel giugno 1988, Matteo e la sua banda avevano poi sequestrato l'imprenditore romano Giulio De Angelis in Costa Smeralda. Liberato dopo cinque mesi, l'uomo avrebbe parlato di «sofferenze indicibili». Nell'estate 1992 era stato il turno di Farouk Kassam, il bimbo di 7 anni cui Boe aveva tagliato un orecchio (ma lui ha sempre smentito quella crudeltà nella crudeltà) per convincere al riscatto i genitori, albergatori di Porto Cervo. Alla fine, il fuorilegge era stato fermato per sempre una mattina dell'ottobre di quello stesso 1992. Per mettergli le manette erano occorsi più di 300 agenti, tra poliziotti italiani e flic francesi, che avevano circondato l'hotel U Palmu di Porto Vecchio, in Corsica. Ci erano arrivati inseguendo sua moglie Laura, incapace di stare lontana dall'amore della sua vita fin da quando s'erano conosciuti, nel 1981, all'università di Bologna. Di quel periodo, oggi Boe conserva l'ideologia sovversiva di estrema sinistra, condita di un indipendentismo anarcoide che continua a fargli odiare gli «imperialisti e colonizzatori che occupano e depredano la Sardegna». In cella, spesso costretto al regime duro riservato a terroristi e mafiosi, il bandito ha scontato 25 dei 30 anni cui nel 1996 è stato condannato. Lo sconto di 5 anni non è stato un regalo, ma soltanto l'abbuono di 45 giorni garantito dal Codice per ogni semestre di pena effettivamente trascorso in carcere, e calcolato dai giudici con freddezza ragionieristica. I giornali hanno parlato di un condono, ma non è vero: non ha ottenuto condoni, Boe, nemmeno quello che aveva chiesto nel 2009 al Tribunale di Tempio Pausania. Non ha avuto alcuna indulgenza, non era uscito di cella neppure quando nel novembre 2003 un misterioso sicario gli aveva ucciso la primogenita Luisa con una fucilata. La ragazza aveva appena 14 anni. Non si è mai scoperto né il responsabile, né il movente. Alla fine, forse anche per il dolore di quel terribile lutto, la moglie lo ha lasciato. È tornata nella sua Modena, portandosi dietro gli altri due figli. Dal giugno 2017, uscito dall'ultima prigione, Boe si è rifugiato a Lula, il suo paesino di poco più di 1.000 abitanti, una ventina di chilometri a nord di Nuoro. Rinchiuso nella casa di sua madre, dicono che da allora l'ex fuorilegge continui a tradurre in sardo i sacri testi dell'anarchismo internazionale, a partire dall'amato Michail Bakunin. Forse continua anche a dipingere, visto che nel 2016 un suo disegno eseguito in carcere era stato scelto dalle Poste come soggetto di un francobollo. Pare invece non abbia mai messo a frutto i corsi di ceramica, sartoria e cartapesta seguiti nel carcere di Opera, alle porte di Milano. Troppo intellettuale, Boe, per i lavori manuali. Per questo, forse, anche le pecore alla fine non erano una grande idea.