
Il Pd piange per il parziale congelamento dei fondi per la riqualificazione urbana. Ma l'emendamento l'hanno votato pure loro: era indispensabile per rimediare a un pasticcio creato proprio dalla sinistra. Ecco le cifre e le conseguenze (poche) per le città.A sentire il Pd, ci sono in Italia interi quartieri nel degrado, sobborghi delle metropoli abbandonati e un languire di cantieri già avviati che mai si concluderanno a causa di un emendamento al decreto Milleproroghe, che ha destinato diversamente parte degli 1,6 miliardi di euro del Piano periferie voluto dal governo di Matteo Renzi e da quello di Paolo Gentiloni. Peccato si tratti di una bufala o di una fake news, per usare il gergo tanto caro alla sinistra. Ventiquattro progetti già avviati verranno regolarmente portati a termine ed è stato stanziato 1 miliardo per le opere pubbliche dei Comuni. Gli 1,6 miliardi precedentemente stanziati dal Pd sono stati rimandati al 2020 perché rischiavano di non essere mai utilizzati per un problema di incostituzionalità. E non secondo il governo gialloblù, ma a detta della Corte costituzionale, che si era già pronunciata sul tema lo scorso aprile. Ma andiamo con ordine.Nel giugno del 2016 il governo in base a un Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei Comuni capoluogo di provincia, emana un bando finalizzato alla realizzazione di «interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate». Si stabiliscono le modalità per la selezione degli elaborati e si prevede un primo fondo statale da 500 milioni di euro. Poiché dell'uscita del bando si parlava da tempo, le cose procedono spedite. Alla fine di agosto il governo approva 120 progetti tra quelli presentati dagli enti locali, 24 dei quali da finanziare subito.Per gli altri 96, da avviare in differita, il governo destina, sulla carta, 1,6 miliardi di euro. Alle quote promesse, poi, si sarebbero potuti aggiungere 1,8 miliardi di cofinanziamento (per un totale di 3,8 miliardi) attingendo ad altri fondi pubblici e privati, spendibili soprattutto al Sud.Ora, l'emendamento votato al Senato il 6 agosto all'unanimità ha congelato fino al 2020 questa seconda parte di erogazioni pubbliche, pari a 1,6 miliardi, mantenendo intatti i progetti già finanziati con 500 milioni. Ha inoltre stanziato 1 miliardo che gli 8.000 Comuni potranno investire in opere pubbliche, sbloccando gli avanzi di bilancio delle amministrazioni ingabbiate dal patto di stabilità, e così ripartiti: 140 milioni nel 2018, 320 nel 2019, 350 nel 2020 e 220 nel 2021.Il Pd, che ora si straccia le vesti per bocca del segretario Maurizio Martina («il governo fa il gioco delle tre carte») ha poco da lamentarsi visto che ha votato l'emendamento. Ora cerca di schermirsi affermando di essere cascato in una sorta di trappola e suscitando ovviamente le ire della base, composta soprattutto dai primi cittadini che su quel denaro avevano fatto conto. Avviando magari trattative con realtà private. Laura Castelli, sottosegretaria al ministero dell'Economia, ha spiegato in realtà che «le spese già sostenute saranno rimborsate» per non creare buchi di bilancio e che la ratio dell'emendamento è da ricercare nell'incostituzionalità del Piano periferie. La questione l'aveva sollevata il governatore del Veneto Luca Zaia, mesi fa. Da buon autonomista, aveva posto all'attenzione della Corte un dubbio di legittimità relativo proprio al passaggio diretto di fondi dal ministero ai Comuni, per progetti relativi a materie su cui anche l'ente Regione poteva avere competenza. Secondo il governatore, la Regione non poteva essere esclusa dalla pianificazione in determinati ambiti, in quanto ente locale interessato e costituzionalmente competente e, sul punto, ha avuto ragione. Anche per questo i 96 progetti differiti al 2020 dovranno subire un ulteriore vaglio, per valutare quali abbiano davvero una funzione di rilancio per le periferie e quali siano solo progetti di facciata. Alcuni piani dunque dovranno attendere, ma non si tratta di quelli principali. A Napoli, per esempio, sono salvi i 53 milioni destinati alla riqualificazione di Scampia e all'abbattimento delle Vele, mentre sono sub iudice i 40 milioni destinati alle strade dei comuni vicini e dei rioni collinari di Salerno. A Venezia, a quanto risulta, a rimetterci sarà la manutenzione alle stazioni, al Casinò del Lido e ai Forti della laguna, mentre per Roma i 18 milioni necessari per la ricucitura del tessuto urbano sono salvi.Ma la questione non è finita qui. Dopo la fine dell'estate la parola passa alla Camera che dovrà esprimersi sull'intero decreto e dunque anche sull'emendamento. Si prevede quindi una battaglia accesa.Il presidente dell'Anci, Antonio Decaro, ha in realtà smorzato le anime più accese: «Nel Milleproroghe si coglie un segnale positivo, con la procedura per sbloccare gli avanzi di amministrazione ma la sospensione del bando periferie è preoccupante. Dal governo pretendiamo chiarezza». A settembre le opposizioni daranno battaglia. Il Pd sarà in prima fila, ma la verità è che dovrebbe innanzitutto fare pace con sé stesso.
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