
La scampanellata dell'ex ministro dell'Interno al presunto spacciatore di Bologna diventa un caso politico. Toni da crisi diplomatica internazionale e solita indignazione dei benpensanti, guidati da Fabio Volo e Fedez.La condanna per Matteo Salvini è già arrivata. Ma in attesa di quella per sequestro di persona, ci si deve accontentare di quella per sequestro di citofono. Scampanellata aggravata e abusiva, disturbo della pennichella preserale, invasione di portineria condominiale: la pena naturalmente sarà severa. Ed è già stata comminata dall'Alto Tribunale dei Benpensanti composto in prima battuta da Fabio Volo, Fedez e dal deputato tunisino Sami Ben Abdelaali, già consulente in Sicilia di Rosario Crocetta. In attesa naturalmente degli altri giudici togati, fra i quali non potranno mancare Roberto Saviano, Gad Lerner, Superpippo, Laura Boldrini, Cip, Ciop, Stanlio, Ollio e Vauro. Finalmente l'intelligencija chic ha trovato un argomento all'altezza del suo livello intellettuale. Canteranno in coro «piange il citofono».Sia chiaro: ci rendiamo conto che fra la trovata del leader leghista e Winston Churchill c'è una qualche evidente distanza. Andare a suonare alla porta di un signore che nel quartiere di Bologna viene indicato come potenziale spacciatore ("Scusi ci dicono che qui si spaccia...") è una trovata da campagna elettorale e non certo una mossa da statista. Più che proiettare il Capitano verso il futuro da capo del governo lo trasporta nel passato da ragazzini monelli, quando (chi non l'ha fatto scagli il primo citofono) si andava a fare drin drin alla porta dei vicini e si scappava via, trovando questo chissà perché assai divertente. Siamo d'accordo. Ma da qui a trasformare una scampanellata nel caso politico del giorno, con tanto di crisi diplomatica internazionale con la Tunisia, ce ne vuole.Eppure è successo. L'onorevole Abdelaali by Crocetta, esprimendosi (così riportano le cronache) a nome dell'intera Assemblea di Tunisi, si è detto «sbalordito», ha parlato di «atteggiamento denigratorio» e si è indignato perché «non si trattano così i nostri immigrati». Il vicepresidente del Parlamento tunisino, Osama Al Saghir, intervenendo a Radio Capital ha accusato Salvini di essere «razzista», e di «contaminare le relazioni tra Tunisia e Italia». Inoltre Osama ha chiesto ufficialmente al nostro Paese di prendere posizione vista la «recidività di Salvini». E qui il politico tunisino ha aperto una finestra inquietante: perché, infatti, parla di recidività? Salvini ha precedenti come citofonatore pazzo? Scampanellatore compulsivo? È stato colto in flagrante mentre pigiava i pulsanti condominiali nei bassifondi di Tunisi?Strano perché in Italia al leader leghista hanno già imputato un sacco di reati, oltre al sequestro di persona, naturalmente: dall'ostentazione di felpa oscena agli abusi di frigorifero, dal selfie molesto alla pastasciutta con eccesso di ragù, dal tortellino in luogo pubblico al vilipendio di giubbotto, ma il sequestro di citofono e la molestia del campanello, quello no. Non glielo avevano ancora imputato nessuno. È una novità assoluta di quest'ultima fase della campagna elettorale, in cui con la complicità di Fabio Volo e Fedez, gli avversari di Salvini ce la stanno mettendo tutta per cercare di farlo vincere. Compresa l'idea geniale di chiedergli le scuse al governo tunisino per citofono molesto nei confronti di una famiglia di tunisini a Bologna.Per carità: se un chicchessia, immigrato o italiano o apolide che sia, si sente disturbato nella sua quiete domestica da un drin drin fuori luogo, è giusto chiedere scusa. Chi se ne sta sul divano di casa guardando Barbara D'Urso o Maria De Filippi in tv ha tutto il diritto di continuare a farlo senza doversi alzare e andare alla cornetta a rispondere «chi è?». I citofonatori ci disturbano, così come ci disturbano i call center che ti chiamano ossessivamente per proporti l'ultima offerta Tim o Vodafone o i testimoni di Geova o peggio ancora quelli che sbagliano numero per tre volte di fila. Però ecco: non è che a ogni telefonata commerciale inopportuna si apra una crisi internazionale, non vi pare? Così come non si scatena la guerra di religione se suonano i testimoni di Geova e non si chiamano i caschi blu dell'Onu se qualcuno si ostina a chiamarvi a casa facendo il vostro numero anziché quello della zia Peppina.Ai signori tunisini, per altro, ci permettiamo di dare un consiglio. Prima di pretendere le scuse dall'ex ministro dell'Interno italiano per avere (forse) offeso un tunisino, comincino a chiedere scusa per tutti i tunisini che (senza forse) hanno offeso l'Italia. Se vogliono, siamo in grado di fornire lista aggiornata e completa. Perché è senz'altro vero che ci sono tunisini «che lavorano e che pagano le tasse», come dice Al Saghir. Ma ne abbiamo conosciuti anche tanti, in questi anni, che sono venuti qui a bivaccare, rubare, spacciare, uccidere, stuprare. Per questi qualcuno in Tunisia ci ha mai chiesto scusa?Lo stesso diciassettenne che Salvini stava cercando nel quartiere di Bologna, intercettato da Fanpage, ci ha tenuto a precisare che non è vero che spaccia, anzi va a scuola e studia (evviva). È il fratello maggiore che ammette di essere pieno di precedenti ma che adesso «queste cose non le fa più ». Buon per lui. Ma è lui stesso ad ammettere che invece lui «queste cose» le faceva. Infatti dice: «In passato ho fatto di tutto e di più. Sono pieno di precedenti, però adesso sto facendo il bravo». E lo dice come se «essere pieno di precedenti» fosse la cosa più normale del mondo. Ci piacerebbe, per altro, anche sapere quali sono questi precedenti. Quali sono cioè «queste cose che non si fanno» e che invece lui faceva nell'Italia che generosamente lo ospita. Potremmo chiederglielo, in effetti. Ma abbiamo paura di disturbarlo suonando il citofono.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





