2019-05-16
I grillini tagliano le batterie di missili. Non potremo ospitare capi di Stato
La difesa terra-aria ha 40 anni e va in pensione alla fine del 2020. I 500 milioni per l'ammodernamento sono scomparsi. Senza non si organizza né un G7 né i funerali di un Papa. E ci inimichiamo Usa e Nato.Ai grillini i missili non sono mai piaciuti. Non parliamo del caccia americano F 35 e sorvoliamo su tutte le battaglie anti Muos, il grande orecchio caro al Pentagono, installato in mezzo alla Sicilia. Adesso però che il dicastero della Difesa è guidato da una 5 stelle, Elisabetta Trenta, e i «no» producono effetti immediati. Il programma destinato a fornire al nostro Paese una difesa aera non è stato finanziato. Fra un anno e mezzo (tempi brevissimi per il comparto dell'industria militare) le attuali batterie dovranno essere dismesse. I missili Aspide sono stati costruiti 40 anni fa e alla fine del 2020 avranno superato di tre volte la durata operativa standard prevista dalla Nato. Per capirsi, i proietti non solo non potranno più essere sparati ma sarà anche molto pericoloso maneggiarli o stoccarli. Rimanere senza difesa terra-aria ha però una serie di controindicazioni militari e politiche. Innanzitutto il ruolo dell'Italia rischierà di dover essere rivisto all'interno dell'alleanza atlantica e poi, già nel breve termine, lo stop mette il Paese al di fuori da eventi di primo piano. Senza batterie terra-aria la Penisola non potrà più ospitare un G7 o un altro evento internazionale che mette assieme capi di Stato. Oppure, per fare un altro esempio, i funerali del Papa impongono lo schieramento di tali batterie missilistiche. Lunga vita a Bergoglio, ma se Roma si dovesse trovare a organizzare il suo addio sarebbe costretta a chiedere in prestito missili a un altro Stato. Evenienza mai nemmeno immaginata prima d'ora e probabilmente irrealizzabile. Anche l'arrivo a Roma di Donald Trump prevede un protocollo di difesa aerea al quale i membri della Nato non possono sottrarsi. E visto la tensione che si è formata con la casa Bianca in termini di mancati investimenti italiani, figuriamoci se il presidente americano non voglia cogliere al balzo una occasione ghiotta per sbandierare ai quattro venti il nostro disarmo. Un disarmo che ha una matrice grillina. Lo scorso settembre su input di Luigi Di Maio la Trenta ritirò (anche questo caso più unico che raro) il parere chiesto alla commissione parlamentare che doveva mettere il timbro sul mezzo miliardo di fondi stanziati per il sostituto degli Aspide, il programma Camm-Er. Un acronimo che sta per missili anti aria a raggio esteso e sintesi di una complessa attività in capo a Mdba, l'azienda partecipata al 25% da Leonardo. E sul quale i partner europei hanno da tempo avviato i rispettivi investimenti. Da settembre scorso a maggio l'argomento è stato tenuto sotto traccia fino a quando sono stati resi pubblici i budget di spesa. Il Camm-Er è sparito. Al suo posto è inserito un generico programma di difesa aerea a fianco del quale sotto la voce finanziamenti compare uno zero. Insomma, neanche un euro per il 2019. E se al comando della Difesa resteranno i 5 stelle, zero fondi anche nel 2020, con tutte le conseguenze geopolitiche che abbiamo descritto sopra. Senza toccare i mancati ritorni in termini di posti di lavoro negli stabilimenti destinati alla produzione. Per giunta non è nemmeno il solo programma già finanziato a finire vittima delle forbici. Come anticipato dalla rivista specializzata Rid, c'era un altro mezzo miliardo di euro destinato alla costruzione degli elicotteri Chinook progettati per le forze speciali. Mezzi fondamentali in caso di intervento in Libia. Anche solo per salvare personale italiano in pericolo di vita. Qui la scelta è riconducibile al capo di stato maggiore, Enzo Vecciarelli, che ha stoppato i fondi per il 2019. Se poi l'anno prossimo il capitolo legato al progetto venga dirottato altrove (forse l'ammodernamento del carro armato Ariete) o sarà destinato ad altra sforbiciata, ora è presto per dirlo. Il tutto però porta a un interrogativo di fondo. Il nostro partner americano, quello dal quale ci converrebbe trarre sostegno geopolitico in zone come la Libia e che ha più volte chiesto di portare la spesa militare al 2% del Pil, come reagirà? La risposta certa al momento è che i tagli non sembrano essere la strada migliore per affrontare un autunno caldo nel quale dovremo almeno in parte percorrere l'opzione del deficit per non far salire l'Iva. Parole rassicuranti a favore del governo da parte della Casa Bianca saranno fondamentali e da quelle parti i budget della difesa sono cosa sacra. Non dimentichiamo che l'elicottero appena cassato è targato Leonardo e Boeing e il progetto dei missili vede partecipare Londra in modo attivo, un partner strategico per gli Usa. Voci non confermate danno la Trenta, in caso di rimpasto di governo, come l'elemento più facilmente sacrificabile. Ma non è solo un tema di incarichi. Si tratta di capire quali strategie l'Italia voglia applicare e percorrere nel mare magnum di quella che potrebbe essere la difesa europea e i rapporti con la Nato. Tre giorni fa il principale quotidiano spagnolo El Pais ha reso pubblica una lettera datata primo maggio indirizzata dagli Usa ai vertici di Bruxelles. Il dipartimento di Stato all'indomani dell'approvazione del fondo europeo da 13 miliardi per la struttura permanente Pesco, per mano di Ellen Lord, vice segretaria del dipartimento della difesa, ha scritto a Federica Mogherini avvertendo che il progetto mette a rischio decenni di collaborazione e cooperazione militare targata Nato. In poche parole, passino gli investimenti per i 34 progetti comunitari, ma nessuna indipendenza strategica. Una dichiarazione di guerra che rischia di vedere l'Italia vasino da notte in mezzo a tanti grandi vasi e tutti più resistenti.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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