2018-07-06
La Trenta punta su Londra e riporta l'orologio di Leonardo ai tempi di Guarguaglini
True
Mentre la difesa comune europea resta ancora un miraggio, con un asse Parigi-Berlino solido, il governo gialloblù di Giuseppe Conte si riavvicina al Regno Unito, non meno di dieci anni fa partner naturale di Finmeccanica in programmi e strategie commerciali nell'ambito del mercato militare e civile. «La mia missione in Italia: fare di tutto affinché Brexit non ci separi», ripete spesso Jill Morris, ambasciatore britannico a Roma, che è stata ricevuto dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, impegnata a mantenere il nostro Paese al fianco della Nato. Del resto se Londra teme l'isolamento, dall'altro lato il nostro Paese potrebbe sfruttare gli storici canali diplomatici britannici per riportare Leonardo in Stati dove è rimasta ingombrante l'eredità delle vecchie gestioni. Uno dei casi più evidenti è l'India, ex colonia britannica, dove ancora adesso sono in corso processi contro l'ex amministratore delegato di Agusta Westland Giuseppe Orsi e dove Leonardo è tutt'ora nella blacklist delle aziende che non possono operare. Il messaggio con cui il ministro Trenta ha annunciato su Twitter l'incontro con l'ambasciatore Morris è chiaro: «Si rafforzano le relazioni bilaterali tra i due Paesi». Tradotto, ci sarà una maggiore attenzione alle attività di Leonardo che nel Regno Unito impiega 7.000 persone nei suoi sei stabilimenti e ha attive partnership strategiche con istituzioni, organizzazioni e università tra cui il Royal united services institute (Rusi), uno dei centri studi del settore Difesa e sicurezza più consultati dai governi di Londra. Ma soprattutto ci sta trattando su come non danneggiare diversi progetti intergovernativi e partnership industriali, dal settore aeronautico a quello missilistico, dagli elicotteri all'elettronica per la difesa, dove il Regno Unito è coinvolto. Proprio a causa di tale integrazione, Londra e Bruxelles troverebbero comunque un accordo mirato per permettere al Regno Unito di partecipare alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico e ai progetti di cooperazione europee.Caso vuole che nelle stesse ore, sempre a Roma, Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo, sia intervenuto all'evento «Brexit: scenari e implicazioni per l'industria europea della Difesa». Profumo, ricordando i tanti programmi sviluppati con il Regno Unito come per esempio l'Eurofighter, ha riportato le preoccupazioni del gruppo nel caso in cui i negoziati per la Brexit dovessero portare a un mancato accordo tra Londra e Bruxelles. Il timore del cosiddetto No deal ma anche di Brexit dura non spaventa soltanto il settore della Difesa bensì l'intero nostro Paese, che vanta nei confronti del Regno Unito un surplus commerciale di ben 11 miliardi di euro e 43.000 imprese che vi esportano, di cui 20.000 monomercato. Da questo punto di vista, secondo PortaleDifesa, Profumo sarebbe stato molto chiaro nell'affermare che senza gli inglesi l'Italia rischia di indebolirsi troppo al cospetto dell'asse francotedesco e di ridursi a fare del semplice offset rispetto a una cooperazione Parigi-Berlino più o meno blindata. Ecco che, ha concluso Profumo, «bisogna fare di tutto affinché il Regno Unito resti nella difesa europea», cominciando, per esempio, a trovare un modo per conferire a Londra uno status speciale.Lo studio «Looking through the fog of Brexit: scenarios and implications for the European defence industry» dei ricercatori dell'Istituto affari internazionali delinea tre scenari. Il primo vedrebbe un'unione doganale fra Unione europea e Regno Unito, che permetterebbe di sviluppare una situazione simile a quella attuale, favorendo la cooperazione industriale e intergovernativa. Il secondo, invece, profila un partenariato su misura e complicato» che porterebbe a un accordo di libero scambio «blando e di basso profilo», caratterizzato da dazi doganali, barriere non tariffarie e controlli ai confini. L'ultimo scenario, il più negativo, porterebbe all'applicazione delle regolamentazioni di base dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), mettendo non solo a rischio tutti i progetti di cooperazione esistenti nei settori dell'aerospazio, sicurezza e difesa, ma modificando gli equilibri industriali e commerciali attualmente esistenti all'interno dell'Unione europea.Lo scoglio più grande delle trattative tra Londra e Bruxelles sono le dogane: l'Ue non cede alla quattro libertà fondamentali del mercato comune (libera circolazione delle persone; libera circolazione dei servizi; libera circolazione delle merci; libera circolazione dei capitali) mentre il Regno Unito vuole riprendere il controllo dei suoi confini. Mai però Londra ha fatto mistero di considerare la sua Difesa, fatta di impiego di forze sul campo, conoscenze avanguardistiche e collaborazioni con molti Stati partner, il mezzo per ammorbidire la linea europea dettata da Berlino e Parigi. Ecco perché la speranza è che nella Difesa italiani, e in particolare in Leonardo, ritorni l'aria dell'epoca di Pier Francesco Guarguaglini, che in un'intervista al Financial Times nel 2010 definiva Regno Unito e Italia «partner naturali» per impegno sul campo e condivisione di programmi. È un'idea che viene coltivata da diversi manager allontanati durante l'era di Mario Moretti. Con la speranza per Roma che Londra possa anche aiutare a riaprire le porte di mercati importanti come quello di Nuova Delhi, una piazza complicata per l'ex Finmeccanica dopo le tensioni dovute al caso dei due marò e a quello delle presunte tangenti di Agusta Westland.