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La Toscana è una polveriera: «A noi medici niente tamponi. Ore in corsia senza le Ffp3»

La Toscana è una polveriera: «A noi medici niente tamponi. Ore in corsia senza le Ffp3»
Enrico Rossi (Ansa)
Scontri frontali, prese di posizione discutibili e giravolte degne del miglior Roberto Bolle. Il governatore della Toscana Enrico Rossi, negli ultimi 45 giorni, ha regalato numerose perle. La più clamorosa è quella relativa al battibecco con il virologo Roberto Burioni, che invitava le autorità a mettere in quarantena i cinesi residenti a Prato di ritorno dal proprio Paese di origine. «Chi ci attacca è un fascio leghista». Pochi giorni dopo fu la volta dell'ambulatorio dell'Osmannoro (a Firenze), inaugurato e chiuso in meno di 72 ore. Una scelta che generò una polemica anche con il deputato di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli. «La Regione aveva deciso di aprire questa struttura per combattere le discriminazioni. E il virus non lo vogliamo combattere?». Senza dimenticare la difesa di Giuseppe Conte e del suo esecutivo e la denuncia del 118, raccontata dal nostro quotidiano: «Mandati allo sbaraglio, portiamo in tribunale Enrico Rossi per lesioni e epidemia colposa». Dure le accuse di Snami, Sindacato nazionale autonomo dei medici, Fismu, Federazione sindacale dei medici uniti, e Cobas della Asl Toscana centro: le mascherine date ai medici sarebbero del tutto inadeguate.

L'esponente del Pd è lo stesso che pochi giorni fa ha spiegato che in Toscana non si riesce a fare i tamponi a tappeto perché non ci sono abbastanza addetti (20 nella Asl centro per 1 milione di pazienti), ma soprattutto mancano gli stick per. «Siamo alla ricerca spasmodica», ha detto. Sarà per questo che è stato fotografato a Malpensa appoggiato agli scatoloni di aiuti arrivati dalla Cina. Nelle Asl toscane qualcuno ha lanciato anche il «drive thru», cioè il tampone in auto per strada. Ma forse neanche questa è la soluzione. I dati dicono che nella Regione ne sono stati fatti 47.886 contro i 141.877 della Lombardia, i 133.239 del Veneto, i 67.075 dell'Emilia Romagna. In Toscana 5.671 persone sono risultate positive su una popolazione di 3.737.0000 abitanti (una ogni 658 cittadini), mentre i deceduti sono stati 310. Va detto che la percentuale dei morti rispetto ai positivi conclamati è molto bassa (5,2%), ma viene da chiedersi che cosa potrebbe succedere se il virus si diffondesse in queste lande con i numeri che hanno schiacciato la sanità lombarda (49.118 contagi, uno ogni 204 abitanti), considerata la migliore del Belpaese?

Per capire come sia la situazione siamo scesi per strada, abbiamo incontrato medici, infermieri e cittadini e la situazione che abbiamo registrato è quella di una polveriera.

«Il tampone? A distanza di due settimane ancora non me lo hanno fatto». La storia di Adele ha dell'incredibile. «Un mese fa siamo rientrati a Firenze dopo essere stati a trovare nostra figlia a Milano. Mio marito, che ha 80 anni e numerosi problemi di salute, tre settimane fa ha iniziato a sentirsi male». Inizialmente dal 118 consigliano un antipiretico, ma quando la situazione si aggrava l'uomo viene ricoverato. «Da quel momento non l'ho più visto né sentito. Il mio medico ha chiesto che venisse fatto anche a me il tampone. Perché anche io, che ho 60 anni, sono stata male. Mi hanno messo in quarantena, dicendomi che a breve mi avrebbero fatto il tampone. Sono passati 15 giorni e io non ho più sentito nessuno, nonostante numerose telefonate, da parte mia e del mio medico. Sarei potuta crepare in casa, da sola».

«Vedo in questo momento la situazione nel mio ospedale e lo paragono a dei pompieri che portano via alberi da un incendio per spegnerli in caserma» ci dice stremato un medico di un ospedale della provincia di Firenze. Ogni intervista comincia con una richiesta di assoluto anonimato, perché i nostri medici hanno paura di perdere il lavoro: «I malati Covid passano da noi. Circa due settimane fa era stata annunciata l'esecuzione dei tamponi al personale sanitario per individuare i soggetti positivi e isolarli ma si procede con estrema lentezza. Il direttore del pronto soccorso di Careggi ha annunciato che eseguire lo screening del personale potrebbe determinare una messa in quarantena di troppi operatori pertanto si prosegue lentamente. Non capisco la logica di tale strategia in quanto un medico contagioso amplifica le infezioni». La testimonianza prosegue: «La pandemia va avanti inesorabile dal 9 marzo, sono passate 3 settimane e ancora oggi siamo costretti a elemosinare dispositivi di protezione individuale adatti, a usarli con parsimonia o addirittura a vedere colleghi che se li nascondono negli armadi».

Per entrare in un reparto Covid in Toscana non abbiamo trovato controlli particolari. All'inizio del reparto c'è la stanza di vestizione, dove si entra e ci si cambia per passare poi al reparto Covid, ma nessuno controlla un tesserino, nessuno ha una lista di persone autorizzate, nessuno ha il controllo di chi entra ed esce vestito come un marziano. Entrando dal settore pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni di Dio seguiamo i cartelli del reparto Covid. A un certo punto, davanti a quello che era un normale reparto e che oggi è chiuso sottochiave, si avvicina una guardia giurata e appaiono poi due persone vestite anti Covid che trasportano la barella con il sacco chiuso sopra con la forma di una persona. Nell'ospedale un medico di un reparto Covid-19 racconta: «Noi che dovremmo avere tutto il meglio dei dispositivi di protezione abbiamo il minimo indispensabile, mentre i colleghi dei reparti esterni, delle ambulanze non hanno praticamente niente che sia realmente efficace. Il tampone andrebbe fatto a tutti e per primi a noi medici di reparti Covid». Il che non avviene. «Dovremmo fare almeno una volta ogni tanto un controllo per non infettarci tra di noi come è già successo all'interno di questo ospedale a quattro colleghi, e succederà a molti prima della fine dell'emergenza».


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L’attrice napoletana Giovanna Rei: «Ne “Il Protagonista” facevo credere a un ragazzo di amarlo, ho vissuto una vita fittizia per un mese Fu uno scherzo terribile. Carlo Vanzina ha cambiato la mia esistenza, al suo funerale ho pianto come a quello di mio nonno»

Giovanna Rei è un’attrice che ha conosciuto la grande notorietà, senza inseguirla, spesso quasi per caso, ma non hai mai avuto paura di fare un passo indietro pur di difendere se stessa e la sua vita. È appena apparsa nella serie tv Noi del Rione Sanità di Luca Miniero, trasmessa da Rai 1 con ottimi riscontri di pubblico. Una buona occasione per fare il punto sulla sua carriera.

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Il Gourmet Bus porta in giro le eccellenze della nostra tradizione culinaria. A bordo nella sosta romana il ministro Santanchè: «Noi meglio dei francesi, ma siamo disuniti».

Se pochi giorni fa qualcuno avesse sottovalutato lo storico riconoscimento che l’Unesco ha accordato alla cucina italiana, da quest’anno patrimonio culturale immateriale globale, è il ministro del Turismo Daniela Santanchè, a bordo del Gourmet Bus, a spiegare cosa significhi: «Non è soltanto una questione di immagine, che pur è importante, ma di numeri, perché aiuta e fa crescere il valore delle nostre aziende, dei nostri ristoratori e si traduce in posti di lavoro stabili. Nel settore del turismo abbiamo ancora molti lavoratori stagionali che vorremmo stabilizzati. Grazie a riconoscimenti come questo potranno lavorare di più, anche 12 mesi l’anno». Non solo: secondo le associazioni di settore il titolo riconosciuto dall’Unesco potrà determinare nell’arco di due anni un incremento dei flussi turistici fino all’8%, pari a circa 18 milioni di pernottamenti aggiuntivi.

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Bottiglie di spumante a rischio col regolamento Ue sugli imballaggi
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Per il consorzio del riciclo, le norme in discussione penalizzano i contenitori di vetro scuro e spesso, tipici ad esempio del Prosecco e fondamentali per il metodo classico. Un regalo agli Stati del Nord, senza vino.

Messaggio in bottiglia da Bruxelles: per boicottare il vino ci occupiamo del vetro, così come suggerito dai tedeschi. Cancellare le bottiglie scure in vetro pesante vuol dire impedire che in Europa si producano spumanti, a cominciare dallo Champagne, e olio extravergine di oliva. Vuol dire sottrarre all’Ue un ammontare di esportazioni che vale circa 11 miliardi (8 dagli spumanti, 3 dall’extravergine). Tutto perché nella nuova direttiva sugli imballaggi, figlia del Green deal (che è durissimo a morire), c’è scritto: «Entro il 2030 un imballaggio o una bottiglia costituiti per più del 30% del proprio peso da materiale non riciclabile non può più essere messo in commercio». È il seguito del regolamento sugli imballaggi che si pensava fosse stato accantonato: prevede che il vuoto a perdere sia riciclato al 90%, però si continua a discutere se debba invece essere del tutto abolito (si fa fatica a pensare che uno vada - tanto per restare nel vino - a Beaune a farsi rabboccare La Tâche o da Antinori a chiedere di fare il pieno di Solaia), e ancora se debbano andare fuori commercio le bottiglie che pesano più di 700 grammi.

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«Porterò in Senato il caso di Andrea, ferito dai rapinatori e mai risarcito»
Maurizio Gasparri (Ansa)
Maurizio Gasparri: «Sono gravemente indignato. Lui e i suoi genitori meritano la tutela negata dalle lungaggini della burocrazia».

Fuori è già Natale. Ma dentro la casa della famiglia Furlan, a Padova, non ci sono addobbi. L’ultima volta che mamma Cristina e papà Fabiano hanno fatto l’albero era il 2013. Pochi giorni dopo, la sera del 14 dicembre, un bandito entra in un supermercato e spara a suo figlio Andrea, allora ventitreenne, assunto al Prix Quality Spa di Albignasego da appena due mesi.

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