2019-05-26
La teste: «C’erano due neri con Pamela»
Il legale della famiglia Mastropietro ha raccolto una nuova testimonianza, messa a verbale davanti ai carabinieri, da parte di una signora maceratese: «Mia figlia abita vicino a via Spalato, ho visto due africani seguiti dalla ragazza, imbambolata».Gli stranieri delinquono più degli italiani. La Onlus lo dice sottovoce. Il report sui detenuti di Antigone fa professione di antirazzismo. Eppure, a leggerli bene, i suoi dati sulle carceri parlano chiaro.Lo speciale comprende due articoli. «Erano in due quella mattina in via Spalato: neri come la pece! La ragazza con la valigia rossa e blu li seguiva, pareva un cagnolino». Spunta una supertestimone che potrebbe far riaprire le indagini sul caso Mastropietro a pochi giorni dalla sentenza di primo grado. Mercoledì la corte d'Assise di Macerata dovrebbe pronunciarsi sulle accuse a Innocent Oseghale, 34 anni, nigeriano, unico imputato per l'uccisione di Pamela Mastropietro, la ragazza romana di 18 anni ammazzata il 30 gennaio 2018 a Macerata e il cui corpo venne trovato fatto in 24 pezzi nascosti in due trolley, uno era quello rosso e blu di lei, abbandonati lungo una strada a Casette Verdini. L'accusa ha chiesto per Oseghale l'ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi ritenendolo colpevole di omicidio aggravato da crudeltà, violenza carnale, occultamento e vilipendio di cadavere. La difesa sostiene che non c'è prova né dell'assassinio - Pamela sarebbe morta per overdose di eroina - né della violenza carnale; Oseghale semmai va condannato per il vilipendio di cadavere (che lui ammette) al minimo della pena, 3 anni, e come ha detto nella sua arringa uno dei legali del nigeriano, Umberto Gramenzi «bisogna evitare di condannarlo solo per il colore della sua pelle». La Procura della Repubblica di Macerata fonda, oltreché sulle perizie necroscopiche e tossicologiche, gran parte dell'accusa sulle rivelazioni del pentito di 'ndrangheta Vincenzo Marino, che nel carcere di Ascoli ha raccolto le confidenze dell'imputato, ma espunge da queste dichiarazioni l'affermazione fatta dal teste che «Oseghale è un capo della mafia nigeriana». Giovanni Giorgio, il procuratore, di mafia nigeriana non vuole neppure sentire parlare. Ne fece un unico accenno nel febbraio del 2018 a indagini calde quando fece arrestare Lucky Awelima e Desmond Lucky (poi condannati per doga in un altro processo in cui è imputato lo stesso Oseghale) ritenendoli correi di Innocent nel delitto Mastropietro. Poi li ha fatti uscire dal processo. È convinto Giorgio di non avere prove in particolare contro Desmond Lucky che è stato invece accusato di correità nella fine della povera Pamela dallo stesso Oseghale e di cui parla diffusamente Marino, il pentito. Giorgio sostiene che le celle telefoniche collocano Desmond il 30 gennaio in via Spalato - l'appartamento che era stato preso in affitto dalla compagna di Oseghale, una ragazza maceratese, dove Pamela è stata ammazzata e fatta a pezzi - solo per pochi minuti e in due momenti differenti e dunque non può aver né partecipato all'uccisione né allo squartamento. C'è un però: se Desmond avesse spento il telefono vorrebbe invece dire che è rimasto in via Spalato per l'intervallo di tempo tra i due agganci alle celle telefoniche: oltre sei ore. Ma c'è un altro testimone - che la Procura non ha voluto ascoltare definendolo inattendibile quando semmai inattendibile è la fonte delle rivelazioni, cioè Oseghale - che parla di Desmond sulla scena del crimine. È Antonio Di Sabato, ex poliziotto compagno di cella del nigeriano ad Ascoli. Racconta di aver saputo da Oseghale che mentre lui accoltellava Pamela, Desmond la teneva ferma per il collo e per un braccio. La perizia autoptica ha confermato che sul braccio della ragazza ci sono segni di compressione, il collo invece non è mai stato ritrovato! Antnio Di Sabato ha depositato anche la registrazione - trascritta dai carabinieri - di una conversazione avuta con Umberto Gramenzi, il difensore del nigeriano, nello studio del legale. A parte il fatto che Gramenzi ride della morte di Pamela in questa registrazione Di Sabato conferma che Oseghale gli ha riferito che ad uccidere Pamela sono stati lui e Desmond. Chiamato a deporre al processo Desmond ha negato tutto, ha detto che avrebbe querelato per calunnia Oseghale, ma né lui né il procuratore hanno mai agito. Ora però spunta questa superteste che afferma: «Quella mattina con Pamela erano in due». La rivelazione è stata raccolta dal legale della parte civile - i genitori della ragazza - l'avvocato Maro Valerio Verni , zio di Pamela, avvicinato dalla signora durante un'udienza del processo. La signora, che ha messo tutto a verbale con i Carabinieri, è di Macerata e la figlia abita in via Spalato a poche decine di metri dal palazzo dove è avvenuto il delitto. Ha riferito: «La mattina del 30 gennaio 2018 ho notato questo strano terzetto. I due uomini di colore camminavano davanti e a pochi passi dietro di loro c'era questa bella ragazza con una valigia rossa e blu e un pellicciotto che li seguiva, sembrava imbambolata. Li ho guardati bene perché camminando gli sono passata accanto e mi sono proprio chiesta: cosa ci fa questa bella ragazza con questi due? Stavamo passando davanti alla farmacia di via Spalato». È la farmacia dove le telecamere hanno ripreso Pamela che va a comprare una siringa. La teste riferisce anche un'altra circostanza: «Dal terrazzo di mia figlia si vede l'appartamento di via Spalato e lì cerano sempre delle ragazze di colore in compagnia di un nero corpulento. Quelle stavano sul terrazzo a prendere il sole, ma appena faceva buio uscivano tutti insieme. Questo nei primi tempi, dopo in quell'appartamento era un continuo via vai». Vincenzo Marino, il pentito, ha riferito che Oseghale avrebbe avuto a Macerata il compito di reclutare spacciatori e di trovare appartamenti per le prostitute. Le dichiarazioni di questa superteste avvalorano così la tesi sostenuta dall'avvocato Marco Valerio Verni nell'opposizione davanti al Gip di Macerata alla richiesta, avanzata dalla Procura, di proscioglimento di Desmond Lucky nel caso Mastropietro. Una cosa è certa; anche se mercoledì si va a sentenza sulla morte della povera Pamela e sul perché a Macerata si sia consumato un così atroce delitto, la verità è più profonda. Nera come una certa mafia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-teste-cerano-due-neri-con-pamela-2638125614.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gli-stranieri-delinquono-piu-degli-italiani-la-onlus-lo-dice-sottovoce" data-post-id="2638125614" data-published-at="1758091329" data-use-pagination="False"> Gli stranieri delinquono più degli italiani. La Onlus lo dice sottovoce Gli stranieri commettono più reati degli italiani? La domanda a quanto pare deve essere un tabù se non vi risponde in modo esplicito nemmeno l'Onlus che da anni si occupa di raccogliere dati e statistiche sui detenuti nelle carcere italiane: Antigone. Qualsiasi sia la prospettiva da cui si scelga di leggere la realtà, se mettiamo da parte ideologie, preoccupazioni di sorta e politica, resta il dato, duro e puro. Che però non viene esplicitato e bisogna andarselo a calcolare perché il XV rapporto di Antigone risponde su tutto tranne che su chi, tra italiani e stranieri, commetta più reati. Il rapporto invece si premura di offrire una serie di argomentazioni utili a smontare le credenze che potrebbero danneggiare la percezione degli stranieri perché, scrive, «il razzismo si fonda proprio sugli stereotipi» e quindi spetta alle statistiche criminali e penitenziarie «orientare le decisioni». E quindi per arrivare a concludere che «non è vero che gli stranieri sono un pericolo per la sicurezza» o che «non è vero che gli stranieri commettano reati più gravi rispetto agli italiani», Antigone illustra la minore incidenza tra gli stranieri di pene per associazione a delinquere di stampo mafioso (1,4% sul totale) mentre l'alto numero di stranieri dietro le sbarre per spaccio di droga (37,4% del totale) viene giustificato dalla mancata depenalizzazione e/o legalizzazione degli stupefacenti a partire da quelli «leggeri». Un po' come dire che abolendo il reato scompare il reo. Ora, su una cosa Antigone ha indubbiamente ragione. La percentuale di detenuti stranieri in carcere negli ultimi anni si è mantenuta attorno ad una media costante del 34% (34,27% nel 2017, 33.9% nel 2018, 33,6 % nel 2019) per cui se prendiamo per buono il parallelismo tra tasso di detenzione e tasso di criminalità proposto dalla stessa Antigone, non si può certo dire che l'aumento degli arrivi di migranti abbia prodotto un aumento del numero dei detenuti e che quindi vi sia «un'emergenza sicurezza». Il rapporto però non spende una parola per spiegare se il tasso di incarcerazione e quindi di criminalità degli stranieri, sia di fatto maggiore, minore o uguale a quello degli italiani. Per rispondere a questa domanda bisogna fare qualche calcolo sulla base degli indizi offerti come il tasso di detenzione degli stranieri regolari che Antigone stima attorno allo 0,39% contro lo 0,06% degli italiani. Ora se la matematica non è un'opinione, in base a queste percentuali, gli stranieri regolari commettono reati 6,5 volte più degli italiani. Un dato in controtendenza con quanto dichiarato dallo stesso Piercamillo Davigo nella puntata di Di martedì del 14 maggio quando alla domanda di Antonio Polito, «se gli stranieri delinquano più degli italiani», rispondeva che se consideriamo gli stranieri regolari, la risposta è negativa. Il rapporto di Antigone ci offre anche una seconda possibilità, quella di calcolare quante volte gli stranieri (tra regolari e irregolari) delinquono più degli italiani. Se consideriamo che sul totale della popolazione italiana (61 milioni, dati Istat) gli stranieri, tra regolari e irregolari e richiedenti asilo, costituiscono approssimativamente il 10% e in carcere rappresentano una media costante al 34%, si arriva a concludere che gli stranieri delinquono circa 5 volte più degli italiani. Gli stranieri sono «ontologicamente» un pericolo per la sicurezza come il rapporto si preoccupa di negare? Solo pensarlo sarebbe un abominio ma esplicitare i dati può servire a rafforzare proprio quanto sostenuto dalla stessa Antigone e cioè che gli stranieri hanno minori possibilità rispetto agli italiani di accedere a misure alternative al carcere perché più svantaggiati in termini di residenza, rete familiare e accesso a strumenti legali. Infine, grazie ad Antigone, si può provare a calcolare anche un ultimo dato, ossia quante volte gli stranieri irregolari delinquono più degli italiani. Se è vero, come spiega il rapporto, che costituiscono i due terzi della popolazione degli stranieri in carcere, si ricava che gli irregolari delinquono circa 32 volte più degli italiani.
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