2020-10-27
La supponenza dei like-dipendenti
Il nuovo libro di Daniele Capezzone analizza la comunicazione di tv e social alle prese con il dibattito politico. A dominare sono irrealtà, incompetenza e disprezzo per il popolo.È una vecchia storia. Santa Teresa di Calcutta la diceva a proposito dei poveri: dei poveri tutti parlano, coi poveri non ci parla nessuno. Si potrebbe dire lo stesso a proposito di certa sinistra, una volta detta radical chic, oggi di difficile definizione, che del popolo parla tanto ma col popolo parla poco. O, meglio, del popolo si fa una rappresentazione che non corrisponde alla realtà e, comunque, il popolo o corrisponde a quello che la sinistra pensa oppure il popolo sbaglia, non va bene, è incolto, è rozzo. Ciò che esprime non va preso alla lettera ma va filtrato, va mediato, va ripulito per renderlo potabile, civile, politicamente giusto. Poi perdono consensi e si chiedono pure perché. Citando Sergio Ricossa, Daniele Capezzone scrive: «Gli intellettuali di sinistra amano il popolo come astrazione: lo detestano probabilmente come insieme di persone vive e cioè rumorose, sudate, invadenti, volgari». Difficile dirlo meglio.Questo non succede solo a sinistra. Succede un po' dappertutto, anche al centro (dov'è?), e anche a destra. C'è chi il popolo lo schifa e dà del populista, indiscriminatamente, a chi si sforza di ascoltarlo e farlo parlare. Chi scrive ne sa qualcosa. Se volete capirci qualcosa in questo marasma, social compresi, dovete leggere l'ultimo libro di Daniele Capezzone, Likecrazia. Lo show della politica in tempo di pace e di coronavirus, pubblicato recentemente da Piemme. Il libro è esattamente come Capezzone: informato, competente, non banale, puntiglioso, polemico e anche sarcastico. La competenza. Tasto sul quale, da vecchio radicale di scuola pannelliana, il suo partito di provenienza non ha mai tollerato storie. «C'è in tutti noi», scrive Capezzone, «una perniciosa presunzione di sapere tutto, l'illusione di autoinformarci, di poter discutere anche senza un'adeguata riflessione o senza alcuna competenza», e ancora «prende la parola il professor Tizio, carico di boria e di presunzione? Ecco, mente lo ascolti, un silenzioso “sti cazzi" ti aiuterà a ridimensionarlo». Tutti parlano di tutto, soprattutto sui social. Anche in televisione, ma almeno, in quest'ultima c'è ancora chi si sforza di far parlare almeno due parti che la pensano diversamente. Ora, mi rendo conto, dire «pensano», a volte è una parola grossa. Diciamo esprimono due punti di vista. Ancora meno? Si accapigliano sul nulla: va bene, ma sui social non c'è neanche quello. I più violenti si mascherano, quelli che non si mascherano sarebbe meglio che si rimpiattassero dietro la lavagna, come era d'uso nelle scuole ai miei tempi quando uno dimostrava di non avere capito un tubo. «Troppe volte, ascoltando anche persone che ricoprono incarichi di assoluto rilievo, si percepiscono i film non visti, i libri non letti, la musica non ascoltata, i pensieri non adeguatamente meditati e articolati».Considerato tutto questo, Capezzone non fa neanche finta di fare la verginella. Non fa lo scandalizzato. Sa che non è il migliore dei mondi possibili, ma che è il mondo reale, di oggi e che come tale va affrontato, bisogna saperci stare dentro, navigarci, galleggiarci, non affondarci facendo finta di averlo voluto con sguardo sdegnato e superiore. «Cosa c'è di male», scrive ancora, «nel parlare dei problemi della gente con un linguaggio comprensibile alla gente?». Nulla, bisogna semplicemente sapere tanto bene ciò di cui si parla da poterlo dire semplicemente. Di solito, infatti, la complicazione del linguaggio, o la sua nebulosità, nasconde idee poco chiare, scarsamente approfondite, pensieri abborracciati.Poi ce n'è pure per i vipponi social. «Non si pretendeva che i “vipponi" social si identificassero nella condizione meno fortunata dei cittadini comuni: ma - questo sì - che almeno la comprendessero, che si curvassero per un istante a capire chi aveva il problema ultraconcreto dei 20 euro giornalieri per fare la spesa al supermercato».Insomma, il livello del dibattito non è alto, i mezzi utilizzati dal dibattito politico e i loro linguaggi non favoriscono un approfondimento dei temi, il popolo puzzerà anche ma non si può assolutamente far finta che non ci sia. C'è, è quello lì; Capezzone invita a confrontarcisi, a non fuggire. Libro da leggere.
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