2022-03-19
La strage del teatro? Zero morti, tutti salvi Leopoli, aeroporto ko
Ammazzato un alto ufficiale di Mosca. Allarme dal Giappone: navi russe con materiale bellico fanno rotta sul Mediterraneo.I bambini, la cui presenza era segnalata da scritte visibili dall’alto e dai satelliti, sono salvi. Le donne, le loro madri, anche. Idem per gli uomini. C’è un solo ferito grave, in quella che veniva presentata come la peggiore delle «stragi» occorse in questo conflitto. La carneficina evocata con titoloni impressionanti come «inferno al teatro» o con stime non suffragate dai fatti, tipo «cinquecento morti sotto le macerie del Drama Theatre», fortunatamente non c’è stata. Lo confermano le autorità: nella città più martoriata dalla guerra, Mariupol, i civili che avevano trovato rifugio nella struttura dedicata all’arte teatrale sono tutti vivi. Le operazioni di soccorso per portare in superficie uomini e bambini proseguivano da ieri, quando la prima e ottima notizia era trapelata. Centotrenta persone erano state tratte in salvo. Le stime di quanti fossero i civili da dover ancora aiutare e che potenzialmente erano intrappolati sotto il teatro, sono rimaste invece oscure. Inizialmente si parlava di seicento persone, poi di mille, infine di almeno milletrecento esseri umani che si erano riparati dagli attacchi e dalla paura utilizzando gli scantinati dell’edificio. Un episodio che resta controverso, questo del Drama Theatre, inquinato fin dalle prime ore dallo scambio di accuse tra russi e ucraini. «Hanno attaccato il teatro nonostante la scritta “bambini”, i russi sono criminali di guerra», aveva tuonato la parte ucraina. «Sono stati i nazisti ucraini del battaglione Azov», aveva risposto Mosca. Mentre quello di Mariupol resta un dramma tutto da chiarire, anche perché il presidente Zelensky, contraddicendo le autorità locali, continua a parlare di «centinaia di persone ancora sotto le macerie», l’aria si è fatta pesante, ormai, anche nell’area più occidentale dell’Ucraina. A Leopoli forti esplosioni nella zona dell’aeroporto civile hanno lasciato un’enorme colonna di fumo e, una volta che si sono andati a calcolare i danni, ne è risultata la distruzione dell’hangar delle riparazioni dei velivoli. Sei i missili russi che si sono abbattuti sulla città. Lo scalo bombardato è chiuso, come tutti gli altri dell’Ucraina, dall’inizio delle ostilità. L’aeroporto era vuoto, al momento dell’impatto e, dunque, non ci sono morti o feriti. Leopoli costituisce un centro fondamentale per una serie di questioni strategiche e, per questo, le ferite inferte alla città possono creare danni notevoli. Lviv (questo il nome ucraino) è a pochissimi chilometri dalla Polonia, dunque dallo spazio Nato. Se missili diretti sulla città dovessero «sconfinare» è facile dunque capire quali sarebbero le conseguenze. È qui, inoltre, che le ambasciate si sono trasferite da Kiev fin dalle prime minacce di conflitto con la Russia. Sempre da qui riescono a lasciare il Paese i profughi che cercano la salvezza altrove e, al contempo, a Leopoli arrivano gli aiuti umanitari dall’esterno. «Siamo anche noi sotto attacco, ma siamo preparati. Abbiamo un sistema di risposta rapido e una contraerea», dice Andriy Sadoviy, sindaco di Lviv. In effetti, dei sei missili arrivati dal Mar Nero, due erano stati intercettati dalla contraerea ucraina. Anche da Donetsk arrivano terribili notizie. Il lato separatista della barricata continua a soffrire gli attacchi da parte dell’esercito ucraino. Questa volta l’artiglieria ha colpito un condominio alla periferia della città. Quattro donne sono rimaste uccise. «Qui intorno non esiste nessuna base militare, ci sono solo abitazioni civili. Perché ci sparano?», chiedono alcuni degli abitanti di Donetsk. Come sempre, dunque, sono le persone comuni a subire il peso dei conflitti armati. Sono infatti almeno 816 (ma il numero è di certo più alto) i civili uccisi e oltre 1300 i feriti dall’inizio del conflitto, secondo l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Sul piano militare, invece, un duro colpo è stato inferto alla Russia con l’uccisione del colonnello Sergey Sukharev, comandante del 331esimo reggimento aviotrasportato, divenuto famoso nel 2014 per il massacro di Ilovask. La morte del colonnello avrebbe peggiorato lo stato d’animo dei soldati russi, che secondo intercettazioni di Nexta (canale bielorusso di opposizione) sarebbe già talmente basso da aver condotto alcuni militari a spararsi alle gambe da soli, pur di rientrare a casa. Intanto una notizia particolarmente rilevante arriva dal Giappone. Il ministro della Difesa nipponico, dunque una fonte di tutto rispetto, ha avvisato l’Europa su una circostanza tutta da valutare. Quattro navi russe, cariche di attrezzatura militare, hanno attraversato lo stretto di Tsugaru, nel mar del Giappone, dirette probabilmente verso il Mediterraneo. «La loro direzione sembra suggerire che stiano andando verso il Mediterraneo e, di lì, nel Mar Nero», ha osservato il ministro, aggiungendo poi che sarebbe «insolito che attraversino lo stretto». Un altro tassello che andrebbe ad aggiungersi alle ipotesi sulla strategia portata avanti dal Cremlino.
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