2024-03-05
La stangata dell’Ue sugli imballaggi punisce solo le aziende europee
Veto della Commissione sulla clausola a specchio che impone le regole verdi all’import. Per le nostre imprese concorrenza sleale. Vietata la plastica monouso per la frutta. La battaglia si sposta alla plenaria di fine aprile.Quasi dieci ore di trilogo, di riunione tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue. Più che un dibattito sulle norme del packaging è stato un volare di stracci. Da un lato i Paesi membri e i deputati eletti, dall’altro la Commissione. Al centro, il futuro delle aziende europee che si occupano di imballaggi, logistica, catena del freddo, agroalimentare e ortofrutta. Nella serata di ieri le agenzie con sede a Bruxelles hanno diramato take annunciando una fumata bianco sull’accordo. In realtà - e qui sta tutto il tema politico della questione industriale - la Commissione dopo aver mediato assieme alle altre due gambe del tavolo sui dettagli tecnici ha messo il veto sull’articolo più importante della legge, il numero sette. In gergo tecnico si chiama clausola a specchio e prevederebbe che qualunque parametro green sarà imposto alle imprese del Vecchio continente dovrà valere anche per la concorrenza extra Ue pronta a esportare i propri prodotti verso di noi. Bruxelles ha, invece, deciso di rompere apertamente il vincolo di fiducia verso il mondo dell’industria. Non che avessimo dubbi, ma ieri sera con il veto la Commissione ha dichiarato guerra solo alle nostre imprese garantendo alle altre di fare ciò che vogliono. Il risultato non potrà altro che essere un deserto industriale. Tra l’altro è difficile comprenderne il motivo di fondo se non per via di una cieca ideologia. «Se sarà confermato il veto mirato all’abolizione della clausola a specchio», commenta Luigi Scordamaglia, presidente di Filiera Italia, «significherebbe trovarsi di fronte alla condanna di tutti gli ingranaggi della produzione che si troverebbero soffocati da una concorrenza sleale preveniente dall’estero». E questo indipendentemente dai dettagli che emergeranno dopo la visione degli altri articoli della legge. I quali a loro volta rischiano di mettere in difficoltà alcuni Paesi membri piuttosto che altri. Da quanto si può verificare, ieri sera è stato deciso che gli imballaggi monouso in carta o in materiale misto plastica-carta, utilizzati per conservare frutta e verdura, potranno continuare a essere immessi sul mercato. Un grande regalo ai Paesi del Nord, soprattutto quelli scandinavi che sono leader nella carta e non, come noi, nella bioplastica. La modifica riguarda l’allegato V del regolamento, collegato all’articolo 22 sui divieti di imballaggi monouso di piccole dimensioni. Dunque, per quanto riguarda la frutta e la verdura, il divieto riguarderà i soli imballaggi in plastica. Confermati gli altri «niet» contenuti nella proposta uscita dal Coreper la settimana scorsa, riguardanti il settore Horeca (distribuzione agli esercenti) e la plastica usata per avvolgere i bagagli in aeroporto. Lo scorso dicembre l’Italia è stato l’unico tra i Ventisette ad aver votato contro l’adozione del mandato negoziale del Consiglio Ue sul regolamento sugli imballaggi. Mercoledì scorso la presidenza belga aveva sottoposto al Coreper un testo rivisto per ottenere il mandato negoziale con il Parlamento, ottenendo un via libera a un nuovo compromesso, con margini di flessibilità. L’Italia ha apprezzato alcune posizioni della presidenza che vanno verso il Parlamento sui divieti per i monouso e da riuso, ma resta con una posizione di scetticismo di fondo per l’impianto generale di un regolamento che, per il governo, avrebbe costi sociali ed economici elevati, non controbilanciati da soluzioni ambientali ottimali. A partita non ancora chiusa, la relatrice Frédérique Ries di Renew Europe ha festeggiato spiegando che «per la prima volta in una legge ambientale la Ue sta fissando obiettivi per ridurre il consumo di imballaggi, indipendentemente dal materiale utilizzato. Chiediamo a tutti i settori industriali, ai Paesi e ai consumatori di fare la loro parte nella lotta contro l’eccesso di imballaggi. Il divieto assoluto di sostanze chimiche negli imballaggi alimentari è una grande vittoria per la salute dei consumatori europei. Era inoltre essenziale che le ambizioni ambientali incontrassero la realtà industriale». Abbiamo riportato la dichiarazione per intero. È utile per comprendere il distacco della politica di sinistra e macroniana dalla realtà dei fatti e dalle esigenze delle aziende. Una distanza che ieri ha prevalso, nonostante Italia e Germania fossero arrivate preparate. Un incontro tra ambasciatori avvenuto meno di due settimane fa puntava a creare un asse di protezione per le aziende. Lo scambio, anche se non confermato ufficialmente, doveva riguardare la legge sugli imballaggi e quella sulla supply chain. In gergo tecnico si chiama Csddd che sta per «Corporate sustainability due diligence directive» e nei fatti prevede, a partire dal 2027, diversi livelli di responsabilità a carico delle aziende importatrici rispetto a tutela del lavoro, diritti umani, ambiente e livello di deforestazione. In pratica chi importa l’olio di palma dall’Indonesia è responsabile di quel che accade là. Lo scambio? L’Italia si dovrà opporre alle norme sulla supply chain e la Germania dare una mano a Roma per smontare un pezzo delle follie green sul packaging. A muovere le fila il ministro delle Finanze Christian Lindner in persona. Ma il dialogo a due non ha evidentemente previsto il veto della Commissione. Che entrando a gamba tesa porta a giocare tutta la partita alla prossima plenaria di fine aprile. E lì sarà conta fino all’ultimo voto.