2022-05-23
«La speculazione cavalca gli errori dell’Ue»
Nel riquadro, Alberto Clò
L’esperto dei mercati energetici Alberto Clò: «I prezzi si formano in base alle aspettative degli investitori, mettere un limite non ha senso Con l’embargo sul petrolio russo la situazione esploderebbe. E con le rinnovabili sarebbe peggio: saremmo ostaggio di Pechino»«Ho sempre l’idea che quando si parla di speculazione ci si riferisca a qualcosa di vago, come quando si nominano i cosiddetti poteri forti. Allora facciamo chiarezza». Alberto Clò, autorevole analista del mercato dell’energia ed ex ministro nel governo Dini, delinea questo scenario: «I prezzi che si formano sul mercato petrolifero sono fissati sulla borsa americana e londinese, e riflettono le aspettative di milioni di investitori sull’andamento del mercato e sulla situazione geopolitica. Oggi i prezzi sono in tensione sul mercato petrolifero, il brent è arrivato a 114 dollari al barile». Perché questo aumento? «E qui passiamo alle vicende europee. Se la Commissione Ue dovesse decidere l’embargo sul petrolio russo, gli effetti sarebbero dirompenti perché l’Europa dipende da Mosca per il 25% dei consumi petroliferi. Anche se la Russia aumentasse le forniture a Cina e India, si verrebbe a creare un vuoto di offerta». L’Europa non può rivolgersi ad altri fornitori? «Non è così semplice. Le raffinerie europee sono molto dipendenti dal greggio russo, che è di una certa qualità, e avrebbero difficoltà a trattare altri greggi e soprattutto a rendere disponibile il gasolio». Questo spiega perché il diesel costa più della benzina?«Esatto. Le Borse sono per loro natura oggetto di speculazione perché riflettono le aspettative di milioni di investitori».Veniamo al mercato del gas.«Gran parte delle forniture è definita in contratti a lungo termine che oggi prevedono prezzi molto inferiori a quelli di mercato, che non sfuggono a manovre speculative. Prima della guerra, nella seconda metà del 2021, è esplosa una crisi energetica che ha portato i prezzi alle stelle. La Commissione Ue è rimasta immobile».Ora si parla di mettere un tetto ai prezzi dell’energia.«Faccio un esempio banale. “Price cap” significa che se vado dal fornaio per comprare il pane, invece di pagare il prezzo richiesto gli propongo una cifra inferiore: ma o il fornaio me ne darà meno, oppure mi manderà altrove».Quindi il tetto al prezzo non ha senso... «Ci siamo resi conto, a babbo morto, che siamo ostaggi della Russia non per un amaro destino, ma per nostra scelta politica. La strategia di Putin era molto chiara fin dal 2008, quando ci fu una vicenda simile a quella ucraina. In Georgia c’erano state elezioni che avvicinavano il Paese all’Occidente. Putin avanzò pretese su due province e le invase. La differenza rispetto all’Ucraina è che la Georgia si arrese. Che cosa serviva ancora all’Europa per capire i rischi cui andava incontro legandosi mani e piedi all’energia russa? Ma gli acquisti di gas ed energia dalla Russia, invece che diminuire, sono aumentati di oltre il 50%. Ora continuiamo a farci del male dicendo che siamo in grado di liberarci in tempi stretti dalla dipendenza da Mosca. Non lo credo affatto».La speculazione quindi cavalca le scelte sbagliate europee?«La speculazione è connaturata a questi mercati e alimenta l’ascesa dei prezzi in una situazione come l’attuale, di scarsa offerta di petrolio e di metano e di fronte a rischi di peggioramento della situazione. In caso di embargo del petrolio russo, i prezzi andrebbero ben oltre i 114 dollari al barile di questi giorni».Perché non c’è un quantitativo di metano e petrolio in grado di soddisfare una domanda crescente?«Dal 2014 gli investimenti delle compagnie petrolifere sono crollati. È chiaro che senza perforazioni non si trova e non si produce nulla. Questo è dovuto non solo alla caduta dei prezzi nel 2014 ma è anche il frutto marcio della narrazione della transizione ecologica. Questa, nelle espressioni più isteriche, diceva che non c’è più bisogno di investire nell’“oil and gas”, perché stanno avanzando le rinnovabili che saranno il grande futuro».Non crede nelle rinnovabili?«Sono convinto che cadremo dalla padella del gas russo alla brace delle rinnovabili cinesi. Le rinnovabili dipendono fortemente dalla manifattura e dalle materie prime cinesi. E fra vent’anni ci lamenteremo dei cinesi. Il crollo degli investimenti ha fatto cadere la capacità produttiva di petrolio e metano: per questo non si può compensare l’ammanco delle forniture dalla Russia. La capacità produttiva è tutta localizzata in Arabia Saudita, che è uno stretto alleato di Putin. L’Opec da anni ha concluso un’alleanza con i russi per determinare insieme il quantitativo di petrolio da immettere sui mercati. Prima della guerra, banche d’affari e analisti sollecitavano la ripresa degli investimenti perché, in caso di crescita della domanda, si sarebbe registrato un deficit di offerta. Come sta avvenendo».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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