2019-05-16
La Spd tedesca: «Si legalizzi la poligamia»
Il ministro Katarina Barley ha avanzato l'idea di naturalizzare le unioni plurime degli stranieri e riconoscere i matrimoni già contratti nei Paesi d'origine. Una spinta verso una Germania sempre più multietnica, che giustifica tutto in nome della lotta alla xenofobia.La poligamia è, ancora, reato in Germania e tuttavia gli stranieri che si trovano nella condizione di avere più mogli possono ottenere la cittadinanza tedesca senza che la loro precedente condizione »coniugale» venga messa in discussione oppure provochi conseguenze. Può apparire una contraddizione logica, oppure un'ipocrita apertura alla concezione islamica di famiglia allargata; certamente la posizione ambigua di riconoscimento di eventuali «nuovi tedeschi» poligami è il riflesso di una spaccatura dei due partiti della Grosse koalition in materia di immigrazione e naturalizzazioni. Secondo un copione risaputo, i Socialdemocratici sono più audaci nelle loro proposte (e contano anche sull'appoggio di una magistratura «creativa», che a colpi di sentenza spiana la strada), i cristiano-democratici più cauti, ma spesso alla fine accondiscendenti. Il ministro federale della Giustizia, la socialdemocratica Katarina Barley, ha avanzato l'idea di togliere ogni veto alla naturalizzazione di stranieri poligami e addirittura di riconoscere i matrimoni già contratti nei paesi d'origine. «Se lui è poligamo a te cosa toglie?», sembra di udire l'eco di uno slogan utilizzato in Italia per promuovere modiche legislative, ma anche sostanziali cambiamenti nella società. In questo caso gli ambienti femministi non hanno fatto alcuna obiezione riguardo al sottofondo maschilista e patriarcale della proposta. Nei Paesi islamici la possibilità di avere più coniugi è un diritto a senso unico, riservato al solo sesso maschile. Accettare che un mediorientale diventi tedesco, pur conservando il suo piccolo harem personale, significa implicitamente riconoscere questo privilegio maschile, oltre che creare un'ulteriore discriminazione giuridica: se un cittadino tedesco di nome Hans volesse prendere più mogli incorrerebbe ancora adesso nei rigori della legge, e se anche un cittadino di origine islamica volesse intraprendere la strada della poligamia verrebbe sanzionato penalmente. Pertanto il disegno di legge del ministero della Giustizia pone l'ordinamento giuridico di fronte a un bivio: o accettare una disparità di trattamento a tutto favore degli stranieri naturalizzati o aprire di fatto la strada alla introduzione della poligamia nel quadro normativo tedesco. Questo genere di obiezioni è stato effettivamente avanzato all'interno del governo dai ministri cristianodemocratici. Sia pur con un tono felpato tutto democristiano…In particolare è battaglia tra la «ministra» socialdemocratica che patrocina la tolleranza verso la poligamia di importazione e il potente ministro dell'Interno, Horst Seehofer, espressione della più conservatrice Csu bavarese. Seehofer considera la proposta della Barley come una «idea pericolosa», che espone la Germania a un pericoloso piano inclinato. Infatti il riconoscimento della poligamia di alcuni non si limita a essere un fatto simbolico, ma si tira dietro tutta una serie di provvedimenti concreti: tutte le mogli del «nuovo tedesco» hanno infatti accesso ad analoghi diritti e tutti i figli delle mogli possono rivendicare i sussidi che spettano a ogni minorenne in Germania. In tempi rapidissimi è arrivata la reazione di gioia di un siriano poligamo, aspirante cittadino tedesco. Quarantenne, tre mogli, 13 figli, un quattordicesimo in arrivo, ha dichiarato: «Sarei felice se potessimo diventare tedeschi». Per naturale riserbo il siriano non ha fatto riferimento ai sostanziosi sussidi che lo Stato Sociale tedesco eroga alle famiglie. La modifica del diritto matrimoniale sembra essere il fronte più avanzato della trasformazione in senso «multietnico» (ma sostanzialmente conforme con le leggi coraniche) dell'ordinamento tedesco. Se fino al 2017 il governo aveva espresso la sua volontà di tutelare le ragazze di origine straniera vietando risolutamente i matrimoni, spesso combinati, con minori, nel corso dell'anno e per intervento del potere giudiziario anche questa flebile volontà è venuta meno. Le nozze tra minori sono più numerosi di ciò che attestano le statistiche ufficiali e a maggio una Corte d'appello di Bamberg ha convalidato il matrimonio tra una ragazza, sempre siriana, di 15 anni e suo cugino di 21 anni, di fatto legalizzando le nozze combinate tra un adulto e una minore all'interno dello stesso clan familiare. Alla pubblicazione della sentenza fu il capo del sindacato della polizia tedesca, Reiner Wendt, a protestare contro questo ennesimo scivolamento lungo la china della Sharia. «Le giustificazioni religiose o culturali celano il fatto che gli uomini più grandi abusano di giovani ragazze», dichiarò Wendt. E tuttavia la Germania, o una parte consistente del suo apparato statale, è orientata a giustificare parecchie forme esotiche di «abuso» in nome, paradossalmente, della tolleranza e della lotta alla xenofobia.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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