2022-01-12
La società del Mef che deve salvare Mps si fa una sede da 20 milioni di euro
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A metà dicembre è entrata in funzione la nuova sede di Amco, controllata del Tesoro che si occupa di crediti deteriorati impegnata in diverse partite finanziarie. Si tratta di un palazzo di 7 piani in centro a Milano da 4800 metri quadri, vicino al Castello Sforzesco, con parcheggi interrati e persino stazioni di ricarica per le auto elettriche. Amco, la società del Mef che il Pd sta utilizzando per salvare Monte dei Paschi di Siena, diventa sempre più importante in vista dei prossimi impegni finanziari. Negli ultimi mesi ha deciso di dotarsi di una nuova sede in centro a Milano, vicino al Castello Sforzesco, in un palazzo di 7 piani che secondo borsino immobiliare avrebbe un valore di circa 20 milioni di euro (il valore degli uffici in quella zona è in media di 5000 euro al metro quadro). La sede di Via del Lauro infatti non era più sufficiente ad accogliere tutti i dipendenti. Era già stato necessario affittare spazi nello stesso edificio. Secondo quanto ricostruito dalla Verità, sarebbero comunque state ottenute condizioni di locazione vantaggiose rispetto alla media.La controllata del ministero dell’Economia - già Sga (Società di gestione degli attivi) nata per gestire le sofferenze rivenienti dal dissesto del Banco di Napoli - ,è ora guidata dall’ex Unicredit Marina Natale. E’ coinvolta in diversi dossier, a cominciare da quello bancario su Monte dei Paschi, Carige e Credito Valtellinese. Ma a questo si aggiungono anche i casi di aziende come Ferrarini, Pasta Zara, Bialetti e Snaidero. Le polemiche in questi mesi non sono mancate. Anche perché nel caso di Ferrarini, gruppo agroalimentare di Reggio Emilia, Amco ha deciso di accordarsi con il gruppo Pini, leader nel mondo della bresaola ma con qualche problema giudiziario all’estero. La società che si occupa di crediti deteriorati (Npl) (già finita nel mirino della Commissione europea per un uso distorto di risorse pubbliche) ha chiuso il 2020 con asset deteriorati in gestione in crescita del 46%, a quota 34 miliardi di euro. E ha generato nuovo business per un totale di 11,9 miliardi. Come noto un emendamento presentato dal dem Antonio Misiani all’ultimo decreto fiscale di dicembre, ha liberato Amco da «norme di contenimento della spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente». Si tratta di un alleggerimento - per il periodo 2021-2024 -, dei vincoli al contenimento delle spese, un aiuto non da poco alla società amministrata da Marina Natale. Sta di fatto che messi per decreto i conti in ordine, Amco ha deciso di dotarsi anche di una nuova sede a Milano, nel nuovo business campus The Bridge, in via San Giovanni sul Muro 9. L’edificio, si legge in un comunicato del gruppo, «rappresenta la sintesi della più moderna e flessibile concezione del lavoro… e dell’impegno nella direzione della sostenibilità che la società ha deciso di intraprendere». I nuovi uffici di Milano hanno una superficie complessiva di quasi 4.800 metri quadri distribuiti in sette piani fuori terra e due interrati di parcheggi. Nel parcheggio aziendale sono presenti due aree destinate a stalli per le biciclette e sei stazioni di ricarica per le auto elettriche. Amco «si prefigge l’obiettivo di creare un luogo di lavoro che integri spazi efficienti e inclusivi con aree dedicate alla collaborazione, alti livelli di benessere per le persone, senso di appartenenza per i colleghi e valore per tutti gli stakeholder, secondo una filosofia che Amco ha denominato smart ways of working». Non solo. A questo si aggiunge che l’edificio che ospita la nuova sede «è stato riqualificato da InvestiRE SGR SpA per conto del Fondo Monterosa, mentre l’interior design è stato sviluppato da Progetto Cmr, studio da sempre attento ai valori della qualità ambientale e dell’innovazione».
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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