2024-12-03
La sinistra vuole le case sfitte dei torinesi
Proposta di delibera da Unione sovietica in consiglio comunale: aumenti di tasse e rischio sequestro per chi non usa gli immobili per due anni. La Lega attacca: «Misura stalinista che minaccia la proprietà privata». In imbarazzo il Pd e il sindaco Stefano Lo Russo.Mentre l’ex città della Fiat tenta faticosamente di trovare una nuova strada, tra turismo, innovazione e sport, un gruppo di associazioni di sinistra ha portato in consiglio comunale una proposta di delibera sulle case sfitte che farebbe di Torino la piccola capitale di una nuova Unione sovietica. Chi non usa i propri appartamenti per più di due anni dovrà renderne conto al Comune, subirà aumenti di tasse e alla fine rischierà perfino il sequestro dell’immobile. Il Pd è spaccato e la faccenda è talmente imbarazzante che non ha ancora preso posizione e lo stesso vale per il sindaco, Stefano Lo Russo, in questi giorni impegnato a risolvere ben altre grane immobiliari, ovvero come agevolare la vendita del Torino calcio di Urbano Cairo cedendo stadio, centri sportivi e aree edificabili, in modo da fare ponti d’oro ai possibili compratori. Ieri è approdata in consiglio comunale una delibera di iniziativa popolare dal titolo ammiccante quanto ingannevole: «Vuoti a rendere». Si tratta di alloggi di proprietà, spesso comprati con il sudore e i risparmi di una vita, non di bottiglie di vetro da pochi centesimi. E poi «rendere» a chi? Al produttore? Al venditore? No, qui passa il Comune, si prende la casa sfitta e poi se la tiene oppure la gira in uso alle Onlus. Indovinate quali. La campagna è stata firmata da 1.684 cittadini torinesi ed è organizzata da una trentina di organizzazioni tra cui Almaterra, Arcigay Torino, Arci, Attac, Cassa mutua solidarietà e resistenza rider, Coordinamento Torino Pride, Fondazione Benvenuti in Italia, Fridays for future Torino, Giovani democratici, Giustizia climatica ora, Gruppo Abele, Legambiente, Libera Piemonte, Officine caos Vallette, Spi-Cgil e Unione giovani di sinistra. La delibera prevede un percorso che parte dall’inquisizione e finisce con la requisizione. Si comincerebbe con effettuare, entro nove mesi, un censimento delle proprietà pubbliche e private per «verificare la presenza di alloggi in stato di abbandono da oltre due anni». Poi si passerebbe al contatto diretto con i proprietari di beni «in stato di ingiustificato abbandono», con tanto di diffida formale e obbligo di formulare «proposte di uso del bene» entro 90 giorni. Per la serie: la casa è tua, ma devi proporre al Comune come la vuoi usare. In un climax ascendente di socialismo reale, si prevede poi che l’agenzia torinese per le locazioni sociali (Lo.Ca.Re), ovviamente da rafforzare con più soldi e dipendenti, spinga i grandi proprietari «e in prospettiva anche i piccoli, a reimmettere gli alloggi vuoti sul mercato con canone concordato». Poi si prevedono aumenti di Imi e Tari per «penalizzare lo stato di ingiustificato inutilizzo di beni di grandi proprietari privati». Laddove i «grandi» sarebbero quelli che hanno da cinque alloggi in su. E alla fine si apre la porta «all’istituto della requisizione [...] per far fronte a situazioni di emergenza abitativa, nei casi in cui, alla scadenza del termine assegnato dalla città, persista uno stato di ingiustificato abbandono». Chi ha scritto la delibera ha anche inserito uno schema giuridicamente eversivo, almeno in un Paese in cui valga ancora l’articolo 42 della Costituzione sulla proprietà privata: occorre «valorizzare, quali criteri di quantificazione delle indennità per eventuali future requisizioni, fattori di ordine sociale, nonché il rilievo per cui il non uso, pur essendo parte del contenuto del diritto di proprietà, non è suscettibile, in sé e per sé, di risarcimento». Insomma, queste case vanno portate vie al minor prezzo possibile. Ieri Fabrizio Ricca, capogruppo della Lega in consiglio comunale, ha definito questo progetto «un attacco alla proprietà privata, una misura stalinista» che guarda all’«espropriazione proletaria». E ha ricordato alla giunta le proprie inadempienze: «Il Comune di Torino pensi ai propri immobili, come Askatasuna, prima di occuparsi di quelli degli altri, ottenuti con sacrifici. Questa delibera è una follia».Inorridita anche Elena Maccanti, deputato torinese del Carroccio, per la quale «aumentare le tasse o requisire i beni abbandonati penalizzerà indiscriminatamente chi, per varie ragioni, non può o non vuole utilizzare i propri immobili». E queste misure «additano i proprietari come i responsabili di un problema sociale complesso, alimentando un clima di odio sociale dagli effetti incontrollabili». In realtà, una delle idee che sta sotto alla proposta «Vuoti a rendere» è che quei 22.000 alloggi sfitti (stima del Comune, ma per alcune associazioni sono il triplo) spesso non siano vuoti. Ma anche qui, non è con metodi stalinisti che si combatte una possibile evasione perché i controlli fiscali si fanno in altro modo. Il trinomio censimento-diffida-requisizione è un po’ inquietante e lo stesso Pd, che governa la città con la sinistra, lo sa e sta discutendo al suo interno che fare. Torino, dove è esplosa l’offerta di locazioni brevi e dove gli affitti continuano a salire (una stanza per uno studente ormai costa 550 euro al mese), non può certo permettersi di stroncare così la ripresa immobiliare mentre Stellantis scappa dal Piemonte. L’idea, però, che i proprietari di casa vadano tosati e spinti a vendere non è provinciale, perché in buona parte coincide con la politica di Bruxelles, dove gli italiani che investono nel mattone sono visti come una pericolosa anomalia in un mondo che deve «finanziarizzarsi» al massimo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)