2020-11-24
Scuola mollata in mano ai giudici
Lucia Azzolina (S.Zucchi/Getty Images)
Mentre Giuseppe Conte e Lucia Azzolina fanno promesse a vuoto sulla ripresa delle lezioni in presenza, i Tar prendono il sopravvento, decidendo ognuno per sé. Quello calabro si pronuncia per la riapertura, ma quello campano aveva scelto la serrata. E in Puglia guerra tra sezioni.Mario Cervi, un galantuomo con cui ho condiviso per qualche anno la direzione del Giornale, li considerava una calamità nazionale. Fosse stato per lui, invece che «la legge è uguale per tutti», come sta scritto in ogni aula di giustizia, avrebbe apposto la seguente massima: «I Tar nuocciono gravemente al buon senso». Già, perché spesso le decisioni dei Tribunali amministrativi regionali sono in conflitto con la logica e non di rado anche fra loro. Gli ultimi casi riguardano la scuola, dove le sentenze sono a macchia di leopardo, nel senso che in alcune regioni i giudici danno ragione allo Stato che vuole ripristinare le lezioni, e in altre sentenziano esattamente il contrario. In Calabria, per esempio, il Tar ha bloccato la decisione del governatore facente funzioni, Nino Spirlì, subentrato nell'incarico dopo l'improvvisa morte di Jole Santelli, decidendo che la chiusura delle scuole reca un danno fortissimo al diritto all'istruzione. Ma altri magistrati amministrativi hanno statuito invece la legittimità dell'ordinanza di sospensione delle lezioni emessa da Vincenzo De Luca, viceré della Campania. Già questo basta e avanza per stabilire che il nostro è un Paese con una giustizia fai da te, che si adatta a qualsiasi esigenza. Tuttavia, c'è di peggio, perché in Puglia i giudici sono riusciti a superarsi, arrivando al punto di contraddirsi fra loro. Dopo il ricorso, di alcuni genitori e del Codacons, la terza sezione del Tar della Regione guidata da Michele Emiliano ha accolto la richiesta di sospensione dell'ordinanza di chiusura di tutte le scuole. Tradotto dal linguaggio giuridico, significa che gli alunni devono tornare in aula e non c'è motivo di obbligare studenti e professori alle lezioni a distanza. Contemporaneamente però un'altra sezione del Tar, questa volta di Lecce, ha preso una decisione di segno opposto, respingendo la richiesta di sospensione, con la motivazione che il diritto alla salute è prevalente su quello allo studio. Insomma: mentre in Calabria le scuole vengono riaperte dai giudici, in Campania il tribunale ne ordina la chiusura e in Puglia, dove sono più creativi, le lezioni sono a scacchiera, perché a Bari vige una legge e a Lecce, a quanto pare, un'altra.Nonostante a leggere le sentenze emesse dai diversi magistrati venga il mal di testa, e soprattutto si trovi conferma che la legge non è affatto uguale per tutti, in quanto basta spostarsi di un centinaio di chilometri per appurare che è diversa, non vorrei però dare tutta la colpa a chi amministra la giustizia. Se siamo a questo punto, ossia al caos, lo si deve essenzialmente alla politica che, come sempre, quando non sa che pesci pigliare delega la soluzione ai magistrati. Se infatti si è arrivati a portare la questione nelle aule di giustizia è perché in quelle parlamentari non si è trovata la soluzione. Anzi: perché nelle stanze di governo non hanno deciso quanto di loro competenza, lasciando che le Regioni si arrangiassero come meglio credevano e aumentando cosi la confusione.I primi a non avere le idee chiare sono infatti i ministri e il presidente del Consiglio, il quale si è fatto attribuire dal Parlamento poteri speciali, ma li usa solo quando gli fa comodo. In passato, cioè durante la prima ondata, quando il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli (Pd), decise di sospendere le lezioni, Palazzo Chigi lo obbligò a fare retromarcia. Che poi, di lì a una settimana, Giuseppe Conte sia stato costretto a fare egli stesso dietrofront, chiudendo le scuole, è un dettaglio che dimostra come il premier non avesse capito un tubo o quanto meno che davanti alla pandemia fosse più impreparato di uno studente che prima dell'interrogazione non ha aperto neanche un libro. Voglio dire che se siamo al caos, cioè alla scuola libera, nel senso che ognuno fa per sé, lo dobbiamo soprattutto a lui, all'azzeccagarbugli che non ne azzecca una. Alle disposizioni di sospendere le lezioni si è opposta perfino Lucia Azzolina, la quale è insorta all'idea che riaprissero le piste di sci ma non le aule, che si potessero prendere le cabinovie ma non gli scuolabus. Perfino al coordinatore del Comitato tecnico scientifico, quell'Agostino Miozzo che è stato mandato avanti dopo le gaffe di Angelo Borrelli e i flop di Domenico Arcuri, ha spezzato una lancia a favore del ritorno a scuola. Ma neppure il conforto del parere tecnico ha indotto Conte a prendere una decisione. L'inconcludente del Consiglio pare continui a tentennare fra un suggerimento di Rocco Casalino e quello contrario di Roberto Speranza, chiedendosi se lo favorisca di più tener chiuse le scuole oppure aprirle. Risultato, a nuocere gravemente al buon senso ci pensano i Tar. Oltre a Conte, ovviamente.