
È la serie a cartoni animati più politicamente scorretta di tutti i tempi. Ha preso in giro bianchi, neri, ebrei, cattolici e islamici. Ora i produttori annunciano la svolta: «I tempi sono cambiati. Le cose che ci facevano ridere anni fa oggi sono inaccettabili». Hanno preso in giro a ripetizione i maschi bianchi del Sud degli Stati Uniti. Hanno sbertucciato allegramente i neri. Si sono accaniti a ripetizione sugli ebrei. Qualche volta hanno sfidato persino la suscettibilità islamica. Memorabile, a questo proposito, la scenetta della «sveglia palestinese». Un marchingegno che, all'ora prestabilita, invece di suonare emette un potente «Allah Akbar!» ed esplode. Certo, ce n'è anche per i cristiani, figurarsi. In un episodio viene inscenato il rapimento del Papa. Ah, altre volte gli autori hanno sfoderato battute su Buddha. E poi sulle donne, sui bambini, sugli asiatici e sui messicani. Sugli uomini assetati di sesso e sulle fissazioni femminili. Hanno parlato di pedofilia con l'arma della satira. Insomma, dal 1999 a oggi, per 17 stagioni e 320 episodi, i Griffin non hanno mancato un bersaglio. La serie tv creatata da Seth McFarlane per la Fox (la sesta più longeva tra quelle attualmente in onda negli Usa) è diventata una sorta di istituzione della scorrettezza politica, collocandosi sempre ai limiti dell'ingiuria. Da ora in poi, però, gli autori eviteranno accuratamente di fare battute su una categoria molto precisa di persone: gli omosessuali e, più in generale, il mondo Lgbt. annuncio serioAd annunciarlo sono stati i due produttori della serie, Alek Sulkin e Rich Appel, in una intervista all'americana TvLine e subito ripresa da vari altri media, tra cui la Cnn. Del resto, quello dei Griffin (che nell'edizione americana si chiama Family Guy) è uno degli show più famosi del mondo, seguito da milioni di persone anche in Italia. Tutto è nato da uno degli ultimi episodi della serie, in cui Peter Griffin - l'americano medio parecchio grasso e parecchio stupido - diventa portavoce di Donald Trump. Nel corso della puntata, Peter rivela a The Donald che nella sua serie non si faranno più battute sui membri della comunità Lgbt. Sembrava, appunto, uno scherzo destinato a concludersi con la fine dell'episodio e invece i due produttori hanno confermato che effettivamente accadrà: basta satira sul mondo arcobaleno. «Se guardate una puntata del 2005 o del 2006 e la affiancate ad una puntata del 2018 o del 2019, noterete alcune differenze», hanno detto Sulkin e Appel. «Alcune delle cose su cui scherzavamo un tempo, perché ci sentivamo a nostro agio nel farlo, ora capiamo che non sono più ammissibili. Se uno spettacolo va letteralmente in onda da vent'anni, cambia. Perché anche la cultura è cambiata. Il clima è diverso, la cultura è diversa e le nostre opinioni sono diverse. Siamo stati plasmati dalla realtà che ci circonda, quindi pensiamo che lo spettacolo debba cambiare ed evolversi in molti modi diversi». I produttori ci tengono a specificare di non aver subito pressioni. Non rinunciano alle battute perché temono la censura. No, hanno deciso consapevolmente di autocensurarsi. Una scelta libera e rispettabile, per carità, ma che la dice lunga.paranoia diffusa Sì, hanno ragione: la cultura è cambiata, ma in peggio. Negli ultimi anni ci siamo abituati a vedere gli effetti del pensiero unico sui prodotti di intrattenimento. La paranoia sull'omofobia e la transfobia è alle stelle, basta una virgola storta e si viene accusati di essere i peggiori razzisti. Lo denunciamo da tempo, ma adesso a quanto pare siamo passati al livello successivo. Dalla censura siamo arrivati all'autocensura, per altro consapevole e rivendicata. Davvero le battute che facevano ridere vent'anni fa ora non fanno più ridere? A rivedere le vecchie puntate non si direbbe. E allora qual è il problema? Evitare di offendere qualcuno? Beh, ma allora perché non cancellare direttamente lo spettacolo? I Griffin sono nati per offendere. Sono una versione dei celebri Simpson più eccessiva, più scorretta, più stupida e brutale. Sono satira per niente raffinata, tanto pesante da sconfinare spesso e volentieri nel demenziale. Eliminare la loro carica eccessiva, persino violenta talvolta, significa sostanzialmente ucciderli. Il punto centrale, tuttavia, è un altro. Perché smettere di fare battute sulla comunità Lgbt e non, per esempio, sugli ebrei? O sui cattolici? O sui neri? Per quale motivo una minoranza dovrebbe essere al riparo dalla satira? In nome dei diritti? In questo caso dovrebbe esistere anche un diritto alla presa in giro: il diritto di farla e di subirla. Gli occidentali, solitamente, un pregio ce l'hanno: capiscono l'ironia e la comicità, quando sono ben fatte. Le capiscono indipendentemente dal genere, dall'orientamento sessuale e dal colore del pelle. È un pregio che altre popolazioni non hanno, ci rende quello che siamo. E allora perché rinunciarvi? Ieri alcuni siti arcobaleno hanno accolto la notizia dello stop alle battute con gioia. In realtà, è una sconfitta. Cancellare le battute sui gay non significa proteggerli dalle offese. Vuol dire confinarli in un luogo tetro e appartato in cui nessuno ride.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.