Iniziata la protesta di Trasportounito in vista dell’incontro di oggi con Teresa Bellanova. Forte assenteismo, blocchi anche in Sicilia e in Campania. Gli stop fanno lievitare ancora di più il costo degli alimenti.
Iniziata la protesta di Trasportounito in vista dell’incontro di oggi con Teresa Bellanova. Forte assenteismo, blocchi anche in Sicilia e in Campania. Gli stop fanno lievitare ancora di più il costo degli alimenti.Per gli autotrasportatori dal maggio francese al marzo italiano non cambia molto: ce n’est que un debut. Per i consumatori significa nuovi aumenti dei prezzi, razionamento delle merci e inflazione che galoppa. Ieri i Tir si sono fermati un po’ qua un po’ là, oggi pomeriggio vanno a sentire se il viceministro ai trasporti Teresa Bellanova ha qualcosa da offrire e domani, sotto la sigla Unitras, vanno in piazza in tutta Italia. Maurizio Longo, segretario di Trasportounito, il movimento più attivo sul fronte della protesta, ma anche della proposta, dice apertamente: «Speriamo che la Bellanova non ci porti la solita brutta novella del governo che prende tempo, altrimenti il blocco del Paese sarà inevitabile». Come si sa la Commissione di garanzia degli scioperi ha bocciato quello che ieri doveva essere il fermo dei Tir contestando che il preavviso era insufficiente e che non c’era indicazione della fine della protesta. «Ci hanno capito poco», chiosa Longo, «quello annunciato non era uno sciopero, ma il diritto delle imprese a non lavorare in perdita; è un’azione in stato di necessità. Non possiamo continuare ad accumulare debiti». La dimostrazione? La Commissione di garanzia ha salvato la forma non la sostanza. Blocchi ci sono stati sulla A-1 a Caserta fino a Nola, con i Tir che hanno marciato, scortati o forse sorvegliati dalla Polstrada (visto che il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha specificato che non sarebbe stata tollerata l’interruzione della consegna delle merci) a passo d’uomo per chilometri e chilometri. Tutto fermo in Sardegna dall’alba di ieri dove le merci viaggiano solo su gomma e non è stata fatta alcuna consegna, con gli autotrasportatori che si sono radunati ad Olbia dove è stato bloccato il porto così come a Cagliari dove c’è un presidio permanente dei Tir. Una ventina davanti alle banchine industriali, 40 al porto antico. Ugualmente ci sono stati blocchi a Porto Torres e sulla «centrale sarda» si sono formate lunghe code di camion che viaggiavano a passo di lumaca. Anche in Sicilia ci sono stati dei presidi di autotrasportatori a Catania, Messina e a Palermo. Ma appunto, è solo l’inizio. «Abbiamo monitorato il traffico», sostiene Maurizio Longo, «e dalle nostre rilevazioni risulta una diminuzione di transito da Sud verso Nord dell’80%, noi stimiamo che siano rimasti in garage almeno 120.000 mezzi, quasi il doppio dei 70.000 che avevamo preventivato. Se dall’incontro di oggi non avremo risposte chiare il blocco diverrà totale. A questi costi e con questi ricavi non possiamo viaggiare. In particolare al governo chiediamo tre cose: il raffreddamento dei prezzi del carburante, una norma che obblighi la committenza ad adeguare le tariffe di trasporto ai maggiori costi e un intervento di sostegno alle imprese che in questi mesi si sono indebitate per l’esplosione dei costi e la concorrenza sleale degli stranieri. Su di noi pesa anche il green pass. Ci sono i mutui da pagare e c’è un carico fiscale insopportabile. Il governo deve dire se ritiene l’autotrasporto un servizio indispensabile come sostiene il ministro Lamorgese oppure se intende far fallire le nostre aziende». La ragione del perché si manifesta più nel Mezzogiorno è che le imprese del Sud sono spesso chiamate a fare la tratta di ritorno a vuoto dalle grosse imprese del Nord che ormai invece di far viaggiare i propri mezzi si sono trasformate in agenzie di spedizione scaricando sui «padroncini» del Meridione i maggiori costi. Per chi opera nelle isole al caro carburante si è aggiunto il raddoppio delle tariffe di passaggio in nave. Dal monitoraggio fatto da Trasportunito, le merci non consegnate ieri sono state in prevalenza i rottami ferrosi, i carburanti, le auto, materiali per edilizia e frutta e verdura fresca diretta ai mercati del Nord. Il blocco dei trasporti aggrava l’incremento dei prezzi. In particolare nell’agroalimentare dove alcuni prodotti scarseggiano anche perché con la paura dei mancati approvvigionamenti c’è stato un assalto agli scaffali (ormai la Gdo contingenta gli acquisti). Il caso di farina, pasta e pane è diventato preoccupante. Tanto per avere un’idea a Modena il 28 febbraio il prezzo all’ingrosso della farina era 724,50 euro a tonnellata, il 7 marzo era salito a 749 euro. Se l’Istat ha fotografato l’inflazione a febbraio al 5,7%, quella alimentare percepita è oltre l’8%. L’Unione consumatori ha stilato la classifica degli aumenti. In testa gli oli di semi con il 19,9%, seguono le verdure con il 13,5, il burro (10,8) e la pasta con il 10% di aumento. Il pane nelle ultime settimane ha raddoppiato il prezzo, così come il pesce, compreso quello surgelato. Per la carne si attendono aumenti del 20% e del 30% per salumi formaggi e latte. Il rapporto Coop aggiunge che si sta andando verso la «povertà energetica» stimando che per il gas una famiglia media spenderà 1.500 euro in più, per l’elettricità 800 e per il carburante 430. Ammesso che per il caro gasolio i Tir non si fermino del tutto, perché la spesa diverrebbe introvabile.
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)
Il senatore leghista torna sulle riserve auree custodite presso Bankitalia: «L’istituto detiene e gestisce il metallo prezioso in nome dei cittadini, ma non ne è il proprietario. Se Fdi riformula l’emendamento...»
«Mentre nessuno solleva il problema che le riserve auree della Bundesbank siano di proprietà dei cittadini tedeschi, e quindi dello Stato, come quelle della Banca di Francia siano di proprietà dei cittadini d’Oltralpe, non si capisce perché la Banca d’Italia rivendichi il possesso del nostro oro. L’obiettivo dell’emendamento presentato in Senato da Fratelli d’Italia, e che si ricollega a una mia proposta di legge del 2018, punta esclusivamente a stabilire il principio che anche Bankitalia, al pari delle altre Banche centrali, detiene e gestisce le riserve in oro ma non ne è la proprietaria». Continua il dibattito su misure ed emendamenti della legge di Bilancio e in particolare su quello che riguarda le riserve in oro.






