2020-01-05
La Pisano sforna la «password statale», ma poi si pente
Il ministro dell'Innovazione propone l'identità digitale unica e controllata dall'alto. Le polemiche la fermano: «Parlavo della Spid».Cinque Stelle e Internet: un binomio fino a ieri vincente, da qualche tempo fonte di imbarazzi. La titolare del dicastero dell'Innovazione tecnologica e della Digitalizzazione, Paola Pisano, alla fine del 2019 ha sollevato polemiche una volta scoperto che il piano per l'innovazione che ispira la mission del suo ministero era stato scritto in collaborazione con la Casaleggio e Associati. L'azienda madre del movimento grillino proprio di innovazione si occupa, ovviamente ispirandosi al principio capitalistico dell'interesse privato; coinvolgerla nell'elaborazione di un piano governativo destinato a condizionare la vita delle tante aziende che operano nel settore è apparso a molti un problematico intreccio: come se ai tempi del suo governo, Silvio Berlusconi avesse chiamato Gerry Scotti e altri esperti di Mediaset a collaborare a un piano di riforma della Rai… Neppure il tempo di smaltire insieme al panettone la polemica del conflitto di interessi con Casaleggio e il ministro si ritrova in una nuova polemica proponendo l'identità digitale unica: un solo user (il nome utilizzato dagli utenti in Internet) e una sola password, per accedere ai servizi informatizzati della Pubblica amministrazione. Fin qui potrebbe essere un'utile semplificazione per non perdersi nel groviglio di parole di password e nomi in codice, salvo che - a detta dei pessimisti - usare una sola password significa consegnare una buona fetta della propria vita privata di cittadini a chi quella password riesce ad accaparrarsela. Ma la Pisano non si ferma qui e propone di estendere l'identità digitale anche all'ambito dei siti privati e del commercio online. In base a quali esigenze? Le solite: controllo dei «contenuti d'odio», controllo delle spese private. Una pulsione al controllo totale della vita dei singoli che ha un sapore ideologico come dire… cinese. Proprio la Repubblica popolare cinese, quella con le cinque stelle sulla bandiera rossa, in questi anni sta spingendo l'acceleratore sul controllo totale dei suoi cittadini attraverso l'identificazione informatica. Superfluo aggiungere che la democraticità del sistema politico cinese è ancor più sospetta di quella di un'elezione sulla piattaforma Rousseau.La proposta lanciata sulla trasmissione Eta Beta di Radio 1 dalla Pisano ha immediatamente infiammato il Web: piovono le critiche che si concentrano sia sulle motivazioni di sicurezza sia ovviamente sulle esigenze della privacy. Può un governo che ha in Rocco Casalino il suo autorevole portavoce trasformare la comunità degli utenti virtuali italiani in una sorta di Grande Fratello in cui nessuno possa più celarsi alla vista dell'occhiuto controllore?Le parole del ministro d'altra parte erano state chiare: «Ogni volta che abbiamo una user e una password, questa user e password dovrebbe essere data dallo Stato, perché è lo Stato l'unico soggetto che ha davvero certezza che quello è quel cittadino. E lei lo sa quante truffe ci sono sull'identità su Internet». Ma le polemiche, probabilmente non erano state calcolate. Ed ecco il dietrofront in serata del ministero: «Nessuna nuova proposta, né nuova password di Stato. Il ministro si riferiva alla Spid già usata da 5 milioni di italiani. L'intenzione da discutere con tutti gli interlocutori istituzionali competenti è solo quella di affidarne la gestione direttamente allo Stato».