2019-11-16
La pioggia di razzi su Israele manda in tilt la Farnesina: Di Maio nicchia, Di Stefano incontra l'Iran
True
Nel corso di questa settimana, a seguito dell'eliminazione mirata da parte di Israele di un pericoloso jihadista (è stata distrutta a Gaza l'abitazione di Bahaa Abu Al-Ata, il leader della jihad islamica palestinese), è iniziato per ritorsione un attacco missilistico contro lo stato ebraico. Mentre il ministro dice di sostenere il diritto alla difesa, non risultano note ufficiali della Farnesina sui fatti di questa settimana in Israele. Poi, in contemporanea con l'audizione di Di Maio, il suo sottosegretario Manlio Di Stefano (tuttora sprovvisto di deleghe) ha incontrato alla Farnesina l'ambasciatore iraniano in Italia, Hamid Bayat, auspicando e promettendo cooperazione.Una reazione - quella della jihad islamica - per molti versi sconclusionata e quasi "artigianale", compiuta con materiali giunti attraverso i tunnel sotterranei e variamente assemblati, e tradottasi in una pioggia di razzi su Israele. Molti i feriti, ma danni non gravi, anche grazie all'opera sistematica di intercettazione compiuta dal sistema israeliano Iron Dome. Tuttavia, è stata inevitabile la chiusura di scuole e uffici: e resta comunque l'obiettivo di sempre dei jihadisti, quello di trasmettere agli israeliani l'idea che la loro vita non sarà normale, sarà costantemente oggetto di uno stillicidio di attentati e attacchi. Notevole – con poche eccezioni – la distrazione e la sottovalutazione di questa vicenda da parte dei media italiani: assai mobilitati sulla cosiddetta "emergenza" dell'antisemitismo (anche fabbricando e sovrastimando, come ora è chiaro, l'allarme degli insulti online e sui social), ma poi improvvisamente silenziosi o avari di informazioni e analisi davanti a un attacco reale, fisico, concreto, tangibile, contro i cittadini di Israele. Gli analisti consultati dalla Verità hanno un dubbio e una certezza su questa pioggia di attacchi della jihad. Il dubbio è se vi sia stato o no un semaforo verde iraniano a questa specifica azione, pur essendo certamente iraniana la regia che da anni consente il transito e l'arrivo di armi e materiali. La quasi certezza è che stavolta Hamas non sia riuscita a controllare i jihadisti: la valutazione è che, dinanzi a una crisi sociale che morde, Hamas difficilmente avrebbe investito risorse in questo modo, con attacchi velleitari ma comunque costosi. Quanto alla politica italiana, merita attenzione una frattura – l'ennesima – all'interno dei Cinquestelle anche su questa delicata questione. In settimana, audito dalle Commissioni Esteri di Camera e Senato (ma si trattava di un'audizione programmata e programmatica: quella in cui il ministro espone le linee guida del suo mandato), il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio, rispondendo a una domanda di un commissario, ha per un verso riproposto il solito slogan "due popoli, due stati", ma per altro verso (il che è indubbiamente una novità positiva in casa grillina) ha difeso in modo piuttosto netto il diritto all'esistenza di Israele, con relativo diritto a difendersi. E, incalzato in seconda battuta nel corso dell'audizione proprio dai banchi grillini, Di Maio ha ribadito di avere già risposto su Israele, in qualche misura lasciando a verbale solo l'affermazione pro Israele, ed evitando di attenuarla o correggerla. A questa dichiarazione del ministro Di Maio hanno però fatto da contraltare alcuni segnali di tenore opposto. Intanto, Già la mancanza di deleghe non consente di comprendere a quale titolo, su quali basi e con quale mandato Di Stefano abbia condotto questo incontro: e semmai ne valorizza il connotato tutto politico. Né risultano passi indietro da parte dei numerosi parlamentari grillini che restano attestati su posizioni oltranziste (il più visibile, il senatore Gianluca Ferrara). Proprio Ferrara, l'estate scorsa, ha depositato una mozione (sottoscritta da ben 40 senatori M5S, eccone testo e firmatari) per il riconoscimento dello stato palestinese. Un testo impressionante nel linguaggio e nell'impostazione, totalmente unilaterale, e che descrive Israele come responsabile di umiliazioni e violenze, di fatto sorvolando sul terrorismo palestinese, citato solo marginalmente. Davanti a questa divaricazione tra le parole del ministro Di Maio e gli atti dei suoi colleghi, resta da capire se i Cinquestelle si decideranno a fare chiarezza, o manterranno questa ambiguità, inevitabilmente destinata a proiettare un'ombra non positiva sulla politica estera italiana.