2020-01-06
La parentopoli delle regioni
Alla vigilia del voto dilaga il malcostume delle assunzioni pilotate. A partire dai maggiori partiti della maggioranza che oggi sostiene il governo Conte 2. Nella girandola dei trasferimenti cade il divieto di prendere familiari. La Procura indaga sugli intrecci del personale «comandato» nell'amministrazione di Vincenzo De Luca. Il governatore dem ha anche tentato di abolire la proibizione di ingaggiare i congiunti come collaboratori. Un Natale di promozioni per mogli, sorelle e cugine. Infornata di «soliti noti» al concorso per funzionari provinciali. Via libera al reclutamento senza criteri e curriculum. Lo scandalo Ama: responsabili «salvati» dalla legge Brunetta. Triangolo rosso tra sindaci e coniugi. Attorno a Giuseppe Falcomatà, primo cittadino del capoluogo calabro, e ai suoi consiglieri ruota una ragnatela ramificata che riesce a piazzare a dovere le persone «giuste». Lo speciale comprende cinque articoli. Il 2020 è l'anno delle elezioni regionali che assumono un valore tutto particolare perché potrebbero decidere anche della sopravvivenza del governo: che succederebbe a Palazzo Chigi se a fine mese il centrodestra vincesse sia in Calabria sia soprattutto Emilia Romagna? In primavera seguiranno Veneto, Campania, Toscana, Liguria, Marche e Puglia. Mai come ora, alla ricerca di una nuova verginità, i candidati si riempiono la bocca di anatemi contro il clientelismo, il lobbismo, il poltronismo non solo come colloso attaccamento alla poltrona ma anche come patologica attitudine ad aggiungere un posto in più. In nome, è ovvio, di una nuova politica più sobria quindi meno sprecona, meno élite e più piazza. Ma al di là dei sermoni, continua indisturbato l'atavico vizio di sistemare parenti e amici. Anzi è proprio in campagna elettorale che questo malcostume dà il meglio di sé. Quando si annuncia che tutto cambierà, si fa di tutto affinché nulla cambi. Come? Con una bella infornata di parenti, vicini e lontani, nei posti chiave. Anche il più insulso consigliere regionale o comunale ha la sua corte in cui piazza moglie o marito, figli, nipoti, suocera, nuora, fidanzati in carica ed ex. La geopolitica di parentopoli non conosce eccezioni. Anzi, cerca di darsi un contegno normativo. La Regione Campania, con il dem Vincenzo De Luca presidente, pensò addirittura di dare una legittimazione normativa a questa consuetudine, abolendo il divieto introdotto dall'allora presidente forzista Stefano Caldoro di assumere, come collaboratori, i familiari e gli affini di terzo grado. Ci fu una mezza rivolta perché, se così fan tutti, nessuno vuole ammetterlo. De Luca, travolto dalle polemiche, è stato costretto a cancellare la norma, ma la pratica è rimasta indisturbata. Se poi un partito ha in mano Comune e Regione, il domino delle poltrone diventa più interessante. Si veda quello che sta accadendo a Reggio Calabria dove il Pd governa da vari anni in entrambe le amministrazioni e attorno al sindaco del capoluogo Giuseppe Falcomatà si è creata una rete di parenti di ogni grado e loro amici. Le Province, passato l'entusiasmo per la presunta abolizione, continuano a rivelarsi un'occasione interessante per i «figli di». In queste pagine La Verità documenta una serie di episodi delle ultime settimane nelle regioni che si avvicinano al voto per rinnovare gli organismi di rappresentanza. Si tratta di episodi accaduti negli stessi giorni in cui i leader politici mettono a punto i programmi di governo regionale e si riempiono la bocca di parole come trasparenza, pulizia, lotta al malcostume dilagante. Ma quando si tratta di assegnare un posto di lavoro, soprattutto nella pubblica amministrazione, nelle regioni italiane continua a prevalere l'antico detto «tengo famiglia». Anche se si tratta di posti di lavoro precari: si sa che, con la parentela giusta, ciò che è precario diventa definitivo. La parentopoli riguarda soprattutto il Pd, partito che governa la gran parte delle regioni. Ma non risparmia nemmeno i 5 stelle, che tra collaboratori e consiglieri parlamentari hanno piazzato sorelle, fidanzati, ex compagni di vita ed ex portaborse. Un caso regionale per tutti: il marito di Valeria Ciarambino, capogruppo nel consiglio regionale della Campania e candidata contro il dem Vincenzo De Luca alla presidenza della Regione, è entrato nello staff dell'eurodeputata Chiara Gemma eletta alle europee di maggio. Travolta dalle critiche sui social, la risposta della Ciarambino è stata: «L'invidia è una brutta bestia». Anche parentopoli entra come collante nella coalizione giallorossa. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-parentopoli-delle-regioni-2644130668.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="nella-girandola-dei-trasferimenti-cade-il-divieto-di-prendere-familiari" data-post-id="2644130668" data-published-at="1758062413" data-use-pagination="False"> Nella girandola dei trasferimenti cade il divieto di prendere familiari In Campania si è tentato addirittura di dare a parentopoli una legittimazione normativa. Con un blitz del novembre 2015, l'ufficio di presidenza del democratico Vincenzo De Luca aveva varato una delibera per abolire il divieto introdotto dall'allora presidente forzista Stefano Caldoro di assumere come collaboratori i familiari e gli affini di terzo grado. Per legittimare la norma ci si appellò anche al Codice civile sostenendo che l'esclusione dei parenti di terzo grado fosse troppo stringente e in contrasto con le disposizioni di legge in materia. La polemica che ne era seguita, con le opposizioni sulle barricate, minacciò di travolgere De Luca che decise così di annullare la decisione. Questo non vuol dire che la pratica sia stata interrotta. Nel 2017 scoppia lo scandalo parentopoli nella sanità con il 70% degli assunti tramite le agenzie interinali che risultano parenti di infermieri, amministrativi e medici degli ospedali e delle Asl dove lavorano. In un dossier dei Verdi della Campania emergeva che su 100 assunti a chiamata diretta come interinali, senza alcun concorso, ben 71 avevano parentele. C'è un'altra autostrada che mogli, fratelli, cugini e nipoti possono usare per spostarsi da un'amministrazione all'altra e assicurarsi uno stipendio sicuro. La porta d'accesso è quella dei comandati. Ad aprile scorso esplode il caso dell'infornata di dipendenti trasferiti in Regione da altri enti pubblici. Per questo scopo è stata definita, come ha rivelato Il Mattino, una pianta organica di 69 persone. Il meccanismo si basa su una norma del testo unico sulla pubblica amministrazione che prevede lo spostamento di coloro che sono in forza presso un ente statale, a un'altra amministrazione per esigenze di servizio o quando è richiesta una competenza specifica. Questa pratica si è trasformata nel tempo in uno strumento clientelare. Tre anni fa, infatti, è saltato il divieto di prendere parenti dei consiglieri tra le file dei comandati. Poi il 17 gennaio 2019 la spallata definitiva a ogni steccato anti parentopoli. Il Consiglio regionale ha deciso la modifica dell'ordinamento in cui si prevede che «i titolari di incarico possono chiamare a far parte degli uffici di stretta collaborazione e supporto personale appartenente ai ruoli della Giunta, del Consiglio e degli enti strumentali della Regione, personale di aspettativa, distacco o comando». Questo significa che per entrare in una partecipata regionale non è più necessario passare sotto le forche caudine di un concorso. Come era ovvio aspettarsi, la definizione della pianta organica di 69 comandati è passata all'unanimità. Tutti hanno un fratello, una fidanzata o una moglie da sistemare. Ma sui comandati alla Regione, la Procura della Repubblica di Napoli ha aperto un'inchiesta per verificare l'esistenza di eventuali rapporti di parentela e se ci siano interessi convergenti tra i consiglieri politici per sistemare i vari parenti. Nel marzo scorso un faro sui comandati è stato acceso anche dalla Corte dei conti regionale campana. Nel mirino sono entrarti i presunti mancati rimborsi agli enti pubblici di provenienza del personale. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-parentopoli-delle-regioni-2644130668.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="un-natale-di-promozioni-per-mogli-sorelle-e-cugine" data-post-id="2644130668" data-published-at="1758062413" data-use-pagination="False"> Un Natale di promozioni per mogli, sorelle e cugine Al concorso per funzionari nella Provincia Bat (Barletta, Andria, Trani) sono comparsi una serie di nomi legati a politici locali. Alla prova sono pervenute 147 domande per soli 4 posti e per un contratto di 12 mesi. Molte istanze provengono da Margherita di Savoia, la città del sindaco-presidente, Bernardo Lodispoto, eletto alla guida della Provincia a fine settembre dopo aver battuto il sindaco di Barletta, Mino Cannito, anche grazie al sostegno del consigliere regionale Filippo Caracciolo, ex assessore all'Ambiente dimessosi dopo essere finito in un'inchiesta per corruzione. Tra gli ammessi alla prova orale per il posto da funzionario, svoltasi l'antivigilia di Natale, ci sono - come riporta La Gazzetta del Mezzogiorno - la cugina di Caracciolo, Margherita, e due suoi fedelissimi al Comune di Trani, entrambi Pd: l'assessore Marina Nenna e il consigliere Giacomo Marinaro. La sorella del consigliere regionale, omonima, già lavora al Comune di Barletta come agente di polizia municipale. Scorrendo l'elenco degli ammessi troviamo Raffaele Bufo, coordinatore di «Margherita cambiaverso», e Maria Rosaria Calamita, moglie dell'ex consigliere comunale e candidato sindaco di Margherita di Savoia Francesco Galante. C'è poi un uomo vicino al Pd, Giancarmine Fiorilli, ai tempi vicesegretario dei Giovani democratici di Capitanata. Altre amministrazioni pubbliche potranno attingere dalla graduatoria. A Barletta la municipalizzata Barsa ha selezionato 13 operatori ecologici tra cui 9 laureati (il bando prevedeva fino a 9 punti per la laurea). Tra loro c'era anche la figlia di un consigliere comunale locale. «Non possiamo mica impedirle di partecipare a un concorso pubblico», ha spiegato l'amministratore della società, Michele Cianci. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-parentopoli-delle-regioni-2644130668.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="via-libera-al-reclutamento-senza-criteri-e-curriculum" data-post-id="2644130668" data-published-at="1758062413" data-use-pagination="False"> Via libera al reclutamento senza criteri e curriculum Si è risolta con una sentenza inaspettata la mega parentopoli all'Ama di Roma, uno degli scandali sul clientelismo che ha maggiormente polarizzato l'attenzione dei media. Quando era sindaco Gianni Alemanno, circa 500 persone furono assunte alla municipalizzata dei rifiuti tramite una procedura selettiva affidata al consorzio Elis, nonostante molte di queste avessero un «punteggio inferiore alla soglia di idoneità», come affermato dalla Cassazione. Secondo la Corte dei conti però non c'è stato alcun danno erariale. I 34 lavoratori assunti a chiamata diretta tra il 2008 e il 2009 (su un totale di 64) dall'allora amministratore delegato Franco Panzironi, e poi licenziati nel 2015 con l'esplosione dello scandalo parentopoli, sarebbero stati reclutati a seguito di «una seria selezione dei candidati». I giudici di primo grado avevano chiesto al manager 1,757 milioni di euro come risarcimento all'azienda. Per Panzironi resta la condanna in via definitiva a 2 anni di carcere, cui si è aggiunta la pena a 8 anni e 4 mesi nell'ambito dell'appello nel processo su Mafia Capitale. A salvare l'ex capo dell'Ama dall'accusa di danno erariale è stata la legge Brunetta entrata in vigore a settembre 2010. Nel 2009 le società in house come la municipalizzata potevano assumere a chiamata diretta e quindi non erano obbligate a passare attraverso i concorsi. La magistratura contabile ne ha dedotto che le assunzioni a chiamata diretta di Ama, seppure illegittime, non sarebbero state illecite. Nella sentenza del Tribunale di Roma c'è descritto chiaramente il meccanismo delle assunzioni che, senza passare da concorsi, avvenivano «senza neppure una proposta motivata e senza allegazione di curricula, in spregio a qualsiasi positiva verifica circa l'imparzialità nella trasparenza delle assunzioni» e sarebbero state imposte solo «da logiche clientelari e arbitrarie dell'amministratore delegato, a cui si è fatta irragionevole acquiescenza». Per i 34 licenziati del 2011, la maggior parte usciti dalla municipalizzata con accordo transattivo, le porte per un possibile reintegro sono state definitivamente sbarrate dalla Cassazione. I primi 4 licenziati che si sono rivolti alla Suprema Corte non hanno avuto soddisfazione. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-parentopoli-delle-regioni-2644130668.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="triangolo-rosso-tra-sindaci-e-coniugi" data-post-id="2644130668" data-published-at="1758062413" data-use-pagination="False"> Triangolo rosso tra sindaci e coniugi Una ragnatela ramificata tra Comune e Regione che è servita a piazzare mogli, figli e perfino nipoti. C'è chi ha fatto ricorso alla raccomandazione pura e semplice in virtù del proprio ruolo politico e chi invece, saltando da una poltrona a un'altra, è riuscito a piazzare parenti più o meno stretti nel posto lasciato vacante. Un meccanismo ben oliato quello attivato dal Partito democratico a Reggio Calabria, da anni al governo in entrambi gli enti. A scoperchiare la pentola, e a fare nomi e cognomi di cui tutti sul posto erano già a conoscenza, è il Quotidiano del Sud. Nella lista dei politici coinvolti in questo «triangolo rosso» di nomine familiari compare il vicesindaco della Città metropolitana, Riccardo Mauro, uomo molto vicino al sindaco Giuseppe Falcomatà. La moglie di Mauro, Alessandra Pace, ha lavorato nel gruppo consiliare del Pd dallo scorso 11 febbraio al 30 giugno con uno stipendio complessivo di 5.450 euro. C'è poi il caso dell'assessore comunale Lucia Anita Nucera, che dopo la nomina ha interrotto il lavoro nella struttura del consigliere regionale e avrebbe ceduto il posto al marito come autista. Per qualche mese Teresa Praticò, la moglie del consigliere comunale delegato di Falcomatà alla manutenzione Filippo Burrone è stata nel gruppo del consigliere Giovanni Nucera (La Sinistra). Il consigliere Giuseppe Eraclini, invece, avrebbe favorito l'inserimento nella stessa struttura di Nucera, della figlia Claudia Santina, mentre nella struttura di Seby Romeo, ex capogruppo regionale del Pd che si trova agli arresti domiciliari dopo l'operazione Libro nero, si trova il figlio del delegato del sindaco Falcomatà, Rocco Albanese. Attorno al presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, ruota una corte di parenti. Sono stati inseriti la figlia dell'ex sindaco di San Pietro di Caridà, Roberta Masso, il segretario del Pd di Gioiosa Jonica, Enrico Tarzia e il sindaco di Palmi, Giuseppe Ranuccio. Qualcuno, non avendo mogli o figli da sistemare, si è allargato nel grado di parentela al nipote, paracadutato nei gruppi regionali: è il caso di Stefania Mileto, nipote del consigliere comunale di maggioranza Nino Mileto (La svolta). Parentopoli è anche diventato il sistema di selezione in un concorso pubblico: è accaduto all'ospedale di Catanzaro Pugliese-Ciccio, dove il sospetto di una corsia preferenziale per «i figli di» ha fatto saltare la prova destinata a reperire due avvocati. I vertici aziendali per soffocare le polemiche scatenate da partiti e sindacati hanno giustificato il rinvio con l'improvvisa indisponibilità di un commissario.