2025-01-25
La nuova vita di Mps, da preda a cacciatrice
Dopo la crisi provocata dalla scalata ad Antonveneta voluta da Giuseppe Mussari, nel 2017 l’istituto senese era finito a un passo dalla bancarotta. Appena è stato sfilato al controllo della sinistra è risorto e punta a crescere per diventare un big del settore.C’era una volta il Monte dei Paschi, Cenerentola del sistema bancario non soltanto italiano ma anche europeo. Ostaggio di fantasmi di un passato e di grovigli armoniosi tra banca e politica che hanno lasciato macerie, da cui Mps è risorta come una fenice grazie anche al paracadute di Stato aperto nel 2017, a ripetuti aumenti di capitale e anche al provvidenziale aumento dei tassi di interesse della Bce. Ora, da preda l’istituto di Rocca Salimbeni è diventato cacciatore. Con un’operazione di mercato gradita comunque anche al governo e al Mef destinato a diluirsi ulteriormente nel capitale del Monte.Ma come siamo arrivati alla mossa di ieri? La banca «più antica del mondo ancora in attività» con la sua nascita fissata al 1472, è finita a un passo dal crac per colpa di una crisi innescata dall’acquisto di Antonveneta, varato nel novembre 2007 dall’allora presidente Giuseppe Mussari con il placet della Fondazione, che poi ha portato all’ingresso dello Stato. Si è raccontato molto su cosa ha portato la banca senese sull’orlo del fallimento ma assai meno, al netto degli articoli di cronaca finanziaria, su come negli ultimi anni è stato portato avanti il risanamento dai nuovi manager chiamati al capezzale del Monte. Si tratta, è bene qui ricordarlo, di due periodi storici distinti e anche di inchieste giudiziarie diverse. È stato un risanamento lungo e complesso perché minato anche dalla pesante eredità del passato in termini di contenziosi legali che sin qui ha contribuito a spaventare possibili cavalieri bianchi sul mercato. Nel frattempo, lo Stato è sceso dal 64 all’attuale 12 cento. La discesa del Tesoro dal Monte è stata concordata da tempo con l’Europa, ma è slittata più volte perché non c’era la fila di cavalieri bianchi all’orizzonte. In mezzo a spinte improvvise con le solite voci di risiko imminente e le solite smentite di chi viene tirato per la giacca verso l’altare, bisogna ricordare cosa ha reso necessario nel 2017 l’ingresso dello Stato nel capitale della banca senese. Spesso ci si dimentica quale era il peccato originale di Rocca Salimbeni. C’è una foto che rappresenta il simbolo di quel «groviglio armonioso» che per decenni ha stretto Siena. Dietro a una finestra della Fondazione Mps, in quello scatto ormai ingiallito dal tempo, ci sono tre persone che osservano la corsa del Palio: Giuseppe Mussari, già asceso dalla Fondazione al vertice del Monte grazie a un accordo politico fra esponenti della Margherita e dell’allora Pci, l’ex sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi e Giuliano Amato. Che venne eletto alla Camera dei deputati proprio nella circoscrizione senese nel 1992. Del resto, è proprio con la legge Amato del 1990 che si creano le condizioni per la privatizzazione della banca. Nelle contrade ricordano bene quando la lotta interna ai Ds determinava le mosse del risiko bancario. Resta, dunque, la verità storica: tra dissesti e tentativi di risanamento - costato fior di miliardi a azionisti e contribuenti. Fallita, salvata dallo Stato con una nazionalizzazione che costò circa 30 miliardi di euro fra risorse pubbliche e private, e poi risanata sotto la stretta sorveglianza della Bce. Il Mef ha deciso di concerto con la Ue la cessione della quota. Nell’autunno 2021 l’ad di Unicredit, Andrea Orcel, si sedette al tavolo del Tesoro per rilevare il Monte ma alla fine l’accordo saltò. A novembre il terzo collocamento del 15% ha fatto scendere la quota statale all’11,2% a beneficio di Banco Bpm e Anima che si assicurano un ruolo di primo piano nell’azionariato di Siena, con una quota aggregata pari al 9% del capitale. Entrano anche Delfin (Del Vecchio) che ha ora aumentato la sua quota al 9,78% e con circa il 5% il gruppo Caltagirone, azionista sia della banca che dell’asset manager. Un cambio notevole anche perché, dopo la parentesi Covid nel 2023, il bilancio di Mps ha avuto una svolta grazie anche all’aumento dei tassi della Bce che ha spinto il margine di interesse, motore del bilancio di una banca retail come il Monte e che ha fatto tornare il dividendo dopo 13 anni di dieta. Il gruppo senese guidato da Luigi Lovaglio ha chiuso i primi nove mesi del 2024 con un utile di 1,57 miliardi, in crescita del 68,6% rispetto allo stesso periodo del 2023, a cui il terzo trimestre ha contribuito con 407 milioni di euro. Un ultimo amarcord bancario su Mps. Francesco Gaetano Caltagirone, uno dei protagonisti dell’operazione imbastita dal Monte di cui è recentemente diventato socio di peso, il Monte lo conosce bene. Era entrato nel 2003 con il 4% e uscito nel 2011, è stato componente del cda dell’istituto senese e anche vicepresidente in rappresentanza degli azionisti privati. L’8 novembre del 2007, allora il presidente del Monte era Giuseppe Mussari, il cda si riunì alle undici e un quarto del mattino. Seduti attorno al tavolo nella grande sala di Rocca Salimbeni c’erano quasi tutti i consiglieri tranne uno, Pierluigi Stefanini di Unipol, collegato in fono conferenza. Flashback: Mussari scandisce bene le parole ma la voce trema: «Oggi siamo a proporvi l’acquisto subordinato alle indispensabili autorizzazioni al prezzo di 9 miliardi del 100% di Antonveneta con l’esclusione di Interbanca dal Banco Santander». Mussari conclude dicendo: «Siamo di fronte a un’operazione che permetterà un deciso salto di qualità al Monte facendolo diventare a pieno titolo il terzo polo bancario in Italia». A sollevare qualche dubbio, in mezzo al plauso generale dei presenti, furono solo l’allora vicepresidente della banca, Caltagirone, e il consigliere Lorenzo Gorgoni, puntando il dito sulla redditività e sul finanziamento dell’operazione. Poi l’acquisto di Antonveneta venne approvato all’unanimità. Era un altro matrimonio, era un altro Monte dei Paschi, e a comandare - a Siena e a Roma - c’era la sinistra.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)