2018-04-25
La minaccia di nuove sanzioni da parte di Trump fa crollare la moneta iraniana
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Dopo le misure per colpire il rublo e di conseguenza gli oligarchi russi vicini allo zar Vladimir Putin, il presidente Usa è pronto a usare lo strumento della valuta per combattere Teheran. Il riyal è in crisi: il suo valore in otto mesi è diminuito del 60%. La Banca centrale teme ripercussioni: con nuovi dazi la divisa affonderebbe, anche perché i risparmiatori hanno preferito venderla per investire in oro, euro e bitcoin (da poco vietati dal regime).Teheran torna a dividere l'Occidente. La questione iraniana è al centro dell'incontro tra il presidente statunitense, Donald Trump, e quello francese, Emmanuel Macron. Entro il 12 maggio, infatti, l'inquilino della Casa Bianca dovrà decidere se mantenere o meno l'accordo sul nucleare, siglato nel 2015 dall'amministrazione Obama e da Francia, Cina, Russia, Regno Unito e Unione europea. Per mantenere viva l'intesa con il regime degli ayatollah tanto voluta dal numero uno della diplomazia europea, Federica Mogherini, Washington ha posto tre condizioni: rafforzare le ispezioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, fermare il programma iraniano di missili balistici e limitare l'influenza geopolitica di Teheran nell'area mediorientale. Una serie di condizioni che difficilmente la repubblica islamica accetterà in blocco. E che quindi fa presagire come, in realtà, le intenzioni dell'amministrazione statunitense siano tutt'altro che accondiscendenti. D'altronde, le recenti nomine di falchi anti Iran a incarichi di assoluto rilievo la dicono lunga sulla situazione: sia il segretario di Stato, Mike Pompeo, che il consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, figurano infatti tra i principali critici di qualsiasi ipotesi di apertura verso Teheran. Senza poi dimenticare che buona parte del Partito repubblicano risulti storicamente contrario all'accordo sul nucleare.Ciononostante, l'Europa sta cercando di convincere Trump ad ammorbidire la linea. Macron, come detto, ci sta provando nel corso della sua attuale visita di Stato a Washington, mentre la cancelliera tedesca, Angela Merkel, eserciterà prevedibilmente qualche pressione in occasione di un incontro che si terrà tra qualche giorno. Ma non solo. I due leader europei stanno anche difatti cercando di convincere la Casa Bianca ad allentare le sue recenti politiche protezioniste, nonché le sanzioni comminate ad alcune entità russe: sanzioni che stanno determinando delle conseguenze spiacevoli per l'economia europea (soprattutto nel settore metallurgico). Leggi anche: Macron vuole intestarsi pure la difesa dell'alluminio di Putin dai dazi di TrumpL'Iran resta comunque la priorità nei negoziati. E, pur di convincere Trump a restare nell'accordo, Parigi e Berlino gli avrebbero proposto di imporre delle sanzioni a Teheran, come ritorsione al suo programma missilistico e al suo iperattivismo geopolitico. Una eventualità considerata non senza un certo fastidio dall'Italia e, in definitiva, dalla stessa Washington che vorrebbe negoziare una nuova intesa oppure aggiungere ulteriori clausole a quelle esistenti. Qualora questa linea passasse, agli europei non resterebbe che mantenere in piedi l'accordo senza lo Zio Sam. Un'ipotesi non si sa quanto oggettivamente praticabile, visto che Teheran ha già minacciato di riprendere le attività nucleare, qualora Washington si tirasse indietro. In tutto questo, una profonda irrequietezza sta attraversando l'Iran in queste settimane: la paura che nuove sanzioni possano colpire le esportazioni nazionali di gas e petrolio ha scatenato non poca preoccupazione dalle parti di Teheran. Tanto che si avvertono già ripercussioni profondamente negative sull'economia nazionale. Ripercussioni prontamente registrate dalla moneta, il riyal, che ha subito una svalutazione del 60% negli ultimi otto mesi. L'11 aprile è stato annullato il doppio cambio e le quotazioni sono state unificate a un tasso legale di 42.000 riyal. Inoltre, come se non bastasse, la Banca centrale iraniana ha vietato tutte le criptomonete, usate come alternativa al riyal. Tutto questo mentre, nel caso avesse luogo la reintroduzione delle sanzioni economiche, lo stesso riyal rischierebbe rapidamente di non valere più nulla. Questo soprattutto perché i risparmiatori hanno scommesso contro la valuta locale, venendola e contemporaneamente investendo in oro, euro e bitcoin. Sembra proprio che Trump, come fatto con le sanzioni mirate a colpire gli interessi dei ricchi oligarchi russi vicini al presidente Vladimir Putin che hanno prodotto il crollo del rublo, sia pronto a usare l'arma valutaria anche nella sfida con il regime di Teheran.Leggi anche: Colpire il rublo per educare Vladimir PutinNon a caso, il premier Hassan Rouhani ha sempre considerato l'accordo sul nucleare un elemento fondamentale della sua azione di governo: un accordo che - grazie al coinvolgimento di Washington - rimuovesse le sanzioni economiche per aiutare il riyal e conseguentemente l'economia iraniana a riprendersi e a crescere. Un obiettivo, quello di Rouhani, perseguito con discreto successo ai tempi in cui alla Casa Bianca c'era Barack Obama. Ma che è tuttavia diventato sempre più impraticabile a seguito dell'ascesa di Trump e soprattutto del Partito repubblicano. Anche per questo, la stabilità economica e politica diventa sempre più traballante in Iran. Le proteste sono numerose, mentre le recenti minacce di riprendere l'attività nucleare non è chiaro se siano più un segno di forza o di debolezza. Alla luce di ciò, non è escluso che gli Stati Uniti possano approfittare della situazione: un po' come accadde nel corso delle proteste antikhomeiniste esplose a dicembre. Una strategia che eventualmente non potrebbe che cozzare con gli interessi del Vecchio continente.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)