2021-03-25
La mia Argentina tra i versi di Borges e il tango «folle» degli emigrati italiani
Jorge Luis Borges (Getty Images)
Il grande poeta diceva di non ritenersi degno di apprezzare un concerto per violino, ma sentirlo parlare era una sinfoniaSono stato in Argentina in diverse occasioni, quasi sempre legate alla mia attività concertistica. Credo di conoscere bene l'anima di questo Paese e delle sue metropoli, che amo sinceramente. Buenos Aires aveva una vita musicale e culturale intensa: era meta dei nomi maggiori del concertismo internazionale di compagini sinfoniche europee e americane, delle migliori compagnie di canto, di prestigiosi direttori e solisti. Grazie alla presenza attiva di grandi teatri come il leggendario Teatro Colón, che aveva una fra le migliori acustiche del mondo, e il Coliseo, e di numerose accademie e società concertistiche, gli artisti potevano esibirsi varie volte, di fronte ad un pubblico competente e cosmopolita. Infatti vi era stata una forte immigrazione di europei dalla Germania, dall'Italia e dai Paesi scandinavi; inoltre la comunità ebraica era ben radicata nel luogo.Le scuole musicali e i conservatori erano di alto livello. Basta citare i nomi di alcuni interpreti argentini che lì si sono formati: Alberto Ginastera, Mauricio Kagel, Bruno Gelber, Martha Argerich, Daniel Barenboim e Astor Piazzolla.Le mie tournée erano organizzate dall'impresario Bernardo Iriberri, uomo dalla personalità forte e dal fiero carattere basco, che esprimeva al meglio le qualità indispensabili per riuscire bene in quel tipo di lavoro.Egli si metteva sempre a fianco dell'artista, prevenendo qualsiasi imprevisto. Egli nutriva, come nella tradizione dell'impresario di vecchio stampo, un amore sincero per l'arte e si comportava da mecenate investendo spesso le proprie personali risorse finanziarie, rischiando a volte di perderci, pur di far conoscere al grande pubblico l'artista rappresentato.I grandi agenti di una volta offrivano, oltre alla parte organizzativa, un coinvolgimento emotivo e personale che oggi si è perso.Di Buenos Aires non potrei non ricordare l'incontro con Jorge Luis Borges. Ebbi modo di assistere ad alcune sue conferenze su vari temi, tra cui l'interpretazione dei sogni e la storia del buddismo. Era affascinante ed aveva una grande capacità di analisi e le sue dissertazioni duravano ore, senza un momento di noia o pesantezza.Andai a trovarlo nella sua casa di Buenos Aires e mi ricevette con profonda gentilezza.Mi colpì la sua sincerità nel dirmi di non avere solida conoscenza musicale, confessandomi addirittura di non sentirsi degno di apprezzare un concerto per violino. Quando invece parlava di letteratura si animava e Dante, Shakespeare, Goethe erano parte del suo mondo, ed era come se li avesse conosciuti di persona. Ascoltarlo era un piacere per l'intelletto. Mi regalò alcuni libri, con dedica, quali Storia dell'eternità e Finzioni, oltre ad alcuni racconti che conservo gelosamente. Diceva di sé stesso: ho commesso il peggiore dei peccati che possa commettere un uomo. Non sono stato felice!Borges era non vedente, ma il suo viso era illuminato dalla profondità del suo pensiero: vedeva con la mente ciò che gli altri non potevano vedere, avendo la percezione completa della realtà che lo circondava.Borges è stato uno fra i letterati più significativi del secolo scorso, un grande poeta e scrittore, eppure non ha mai ricevuto il premio Nobel per la letteratura: le ragioni di una tale ingiustizia potrebbero essere attribuite al fatto che non abbia mai assunto una presa di posizione di denuncia dei crimini perpetrati dalla dittatura argentina. La sensibilità e l'acume con cui, da fine intellettuale quale egli era, trattava gli argomenti danteschi, erano per me grande fonte di arricchimento.Dante definisce l'amore come la forza che «move il sole e l'altre stelle» e allude alla Creazione del mondo, generato in un primo impulso di amore universale. L'amore è un sentimento che si vive nell'intimo della coscienza individuale e che suscita una infinità di reazioni, ora gioiose, ora angosciose. L'amore di Dante per Beatrice appartiene alla sfera del sublime e dell'incarnato: è amore completo che include ogni ispirazione all'armonia, alla bellezza, alla bontà.Proprio Borges ci illumina attraverso una sua raccolta di saggi su Dante: rifiutato per sempre da Beatrice, sognò di Beatrice, ma la sognò inaccessibile e severissima (quasi a rimproverarlo per non aver ancora intrapreso la retta via). Infinitamente esistette per Dante. Dante pochissimo e forse nulla per Beatrice; tutti noi propendiamo per pietà, per venerazione, a dimenticare questa compassionevole discordia, indimenticabile per Dante. Leggo e rileggo i casi del suo illusorio incontro e penso a due amanti che l'Alighieri sognò nell'uragano del secondo cerchio e che sono emblemi oscuri anche se egli non lo comprese o non volle, di quella felicità che non ottenne. Penso a Francesca e Paolo, uniti per sempre nel suo Inferno. Con spaventoso amore, con ansia, con ammirazione, con invidia.Quando leggo i suoi libri in spagnolo, ricordo il timbro della sua voce, la sua cadenza e il suo modo di accogliermi. Borges è stato capace di intuire il senso metafisico della realtà umana. Inventore di mondi e di biblioteche, lettore geniale dei classici, ha affrontato con originalità e fantasia tutti i temi cardine della nostra civiltà: il mistero dell'esistenza, il tempo, la morte, il dolore, la follia, la sapienza, il destino.Ricordo che, parlando dei grandi poeti del panorama letterario italiano, Borges mi espresse una sua ammirazione sconfinata per il nostro Giovanni Papini. I suoi scritti lo affascinarono e lo ritenne, al contrario di alcuni critici italiani, immeritatamente dimenticato. Su questo sarebbe necessario riflettere: «qualcuno» in Argentina si è accorto della grandezza di un italiano ancora prima degli italiani stessi. Borges scrive di lui: quando egli parlava di letteratura, penso al suo Dante vivo, ma ancora di più alla sua storia della letteratura italiana, purtroppo incompleta (arriva sino al Seicento), si avverte che intende i poeti da poeta.Nessuno più di un artista può capire un altro artista. È come ascoltare Casals che spiega il significato di Bach senza intermediazioni.Passiamo invece da una celebrazione di un anniversario (Dante attraverso Borges) ad un'altra, ovvero a quella di Astor Piazzolla che ci fa rimanere a Buenos Aires. Ho iniziato l'articolo descrivendo la preziosa atmosfera di questa città e la mescolanza di varie nazioni che impreziosivano la vita culturale ed artistica del luogo, anche attraverso l'immigrazione. E fu proprio questa che contribuì in maniera chiara a determinare la nascita ed il grande successo che ebbe il tango. Soprattutto con gli emigrati italiani (diversi milioni!).A Buenos Aires, dalla fine dell'Ottocento, si ritrovarono emigranti provenienti dalle più disparate zone d'Italia. Un palcoscenico che vide nascere e diffondersi in tutto il mondo il tango, quello che proprio Borges definì «una ventata, una follia che sfida gli anni frettolosi».Lo stesso Piazzolla riferiva che l'ottanta-novanta per cento dei tanghi erano stati scritti da discendenti di italiani. Egli stesso era di origini italiane, toscane e pugliesi. Il tango ha un duplice carattere, malinconico ma appassionato, nostalgico e sensuale, che evoca brucianti nostalgie per la patria lontana. Piazzolla assorbì l'influenza di grandi personalità di tutta l'Europa con la compositrice francese Nadia Boulanger, Hermann Scherchen, direttore d'orchestra tedesco, e Bela Vida, pianista ungherese a sua volta allievo di Sergej Rachmaninov. Il bandoneon, strumento suonato ed amato da Astor Piazzola, fu inventato da un tedesco, Hans Band.Chiudiamo allora l'articolo con un auspicio: che la forzata chiusura delle frontiere, delle città, in questa triste epoca di pandemia, possa essere occasione di miglioramento dei rapporti fra esseri umani, come avvenne in quei lontani Paesi dove culture diverse convergevano nella ricerca del bene comune.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)