2020-12-09
Merkel trova il nuovo Monti: Conte
Giuseppe Conte e Angela Merkel (Ansa)
Com'è nel suo stile, a Matteo Renzi sono bastate poche ore per cambiare opinione e, soprattutto, direzione. Se al Tg2 di ieri aveva confidato di «temere la rottura» della maggioranza che sorregge il governo Conte, già nelle prime ore del pomeriggio si premurava di far sapere che «non vi sarà nessuna polemica o problematica domani in Aula», precisando che secondo lui «sia alla Camera che al Senato ci saranno i voti per sostenere il governo e non vedo particolari elementi di tensione». Che cosa abbia indotto al rapido dietrofront il senatore semplice di Scandicci non è noto, tuttavia, conoscendolo, immaginiamo che la giravolta sia stata adeguatamente ricompensata, con nomine o concessioni su temi cari al fondatore di Italia viva. Dunque, le fibrillazioni dei giorni scorsi sulla tenuta del governo non dovrebbero quest'oggi riservare sorprese: la riforma del Mes che i grillini avevano giurato di non essere disposti a sottoscrivere, molto probabilmente passerà senza ostacoli. Può darsi che all'appello manchi qualche voto pentastellato, ma gli irriducibili anti Troika, ossia i duri e puri che fanno capo ad Alessandro Di Battista, alla fine saranno ridotti di numero e, nel caso non recedessero dalle intenzioni di schierarsi contro il Fondo salva Stati, basterà il soccorso di pochi senatori di Forza Italia per salvare la pelle e la poltrona di Giuseppe Conte. Tuttavia, se da un lato nessuno degli attuali sostenitori dell'avvocato di Volturara Appula pare disposto a morire per il Mes, dicendo addio alla legislatura e alla propria carriera politica, dall'altro c'è il problema dei soldi del Recovery fund. A oggi non è chiaro quali saranno i progetti finanziati con i fondi messi a disposizione dall'Europa, ma nonostante ciò, sono in tanti a sgomitare per mettervi le mani, in quanto i 209 miliardi promessi da Bruxelles fanno gola a tutti. Nonostante l'ammontare dei finanziamenti sembri destinato a dimezzarsi o quasi, perché circa la metà sarà costituita da una semplice partita di giro, cioè debito con gli investitori sostituito da debito con la Ue, una simile montagna di quattrini non si era mai vista. Logico, dunque, che gli appetiti di chi ha intenzione di sedersi al banchetto siano forti. Ed è questo, non è il Mes, il vero motivo delle tensioni dei giorni scorsi. Del Fondo salva Stati nella maggioranza non importa un fico secco a nessuno, se non a pochi grillini, mentre i quattrini del Recovery fund sono altra cosa.Come sempre, è questo il nocciolo del problema: i soldi. Ed è per tale motivo che si litiga intorno alla famosa cabina di regia, ovvero alla task force che dovrà incanalare il fiume di denaro. Giuseppe Conte vorrebbe che a occuparsi dei fondi fosse una pattuglia di suoi pretoriani, con l'obbligo di riferire soltanto a lui. Gli altri, con Renzi in testa, vogliono invece che tutto passi dai ministeri per sottrarre le decisioni a Palazzo Chigi e dunque al ducetto di Volturara Appula. Tutto qui. Se vi stavate chiedendo a cosa servisse una cabina di regia in un Paese che ha più cabine che regie di qualsiasi altro in Europa, ecco la spiegazione. La squadretta di esperti serve ad aggirare il Parlamento e concentrare le decisioni nelle mani di poche persone, ossia in quelle di Giuseppe Conte e dei suoi più stretti collaboratori. Il problema sta dunque nel regimetto che il presidente del Consiglio vorrebbe instaurare per poter rimanere a Palazzo Chigi. Essendosi innamorato, oltre che di sé stesso anche del ruolo di comandante in capo di un Paese in stato d'emergenza, il premier non vuole rinunciare ai suoi amati dpcm e ai provvedimenti varati senza ausilio degli alleati. Tuttavia, oltre a dover fare i conti con il premier e le sue ambizioni, gli amici-nemici del governo giallorosso dovranno farli anche con i suoi sponsor, che non sono né Beppe Grillo né Sergio Mattarella, ma le cancellerie europee, le quali di avere nelle loro mani un presidente del Consiglio debole sono ben liete. Merkel & Macron, ossia la premiata ditta che da tempo detta legge in Europa, non vogliono cambiamenti, perché, come si è visto, con un Conte a Palazzo Chigi possono fare ciò che vogliono, anche far approvare una riforma del Mes che non è nell'interesse del nostro Paese. Sulle pagine dei quotidiani di ieri non ci si sforzava neppure di nascondere gli interessi che stanno alla base della difesa di Conte. Dal Corriere alla Stampa, passando per il Fatto Quotidiano, nessuno sembra più voler nascondere i veri interessi in gioco. La cabina di regia è una «specie di governo ristretto e parallelo con enormi poteri in deroga». Un governo che non risponde al Parlamento e neppure al vero consiglio dei ministri, ma a Merkel e Macron, i quali dettano la linea sul Recovery plan. Insomma, Giuseppe Conte non è altro che un Mario Monti che si veste meglio, con meno capacità, ma maggiore spregiudicatezza.