2023-07-29
La Meloni flirta con Biden ma tiene aperta la porta del Gop
Giorgia Meloni e Joe Biden (Ansa)
Palazzo Chigi e Casa Bianca rilanciano la collaborazione per garantire la pace nello stretto di Taiwan. Con l’impegno militare di Roma, come punta avanzata dell’Europa. Il nostro Paese tornerà a contare nel Mediterraneo e avrà l’appoggio americano nel G7Colloqui positivi con lo Speaker Kevin McCarthy e il capogruppo al Senato Mitch McConnellLo speciale contiene due articoliL’alleanza con gli Stati Uniti si spinge un po’ più in là, fino a lambire la Cina e tutta la zona attorno a Taiwan. Durante l’incontro di giovedì sera, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, hanno ribadito l’impegno dei rispettivi Paesi «a garantire la libertà, la prosperità e la sicurezza nella regione indopacifica». In una dichiarazione congiunta pubblicata al termine del bilaterale, Biden ha affermato che gli Stati Uniti «accolgono positivamente la rinnovata presenza italiana nella regione». Entrambe le parti hanno sottolineato l’importanza di garantire la pace nello stretto di Taiwan, che rappresenta una componente «cruciale» per la sicurezza regionale e globale. Infine, i due leader hanno ribadito la determinazione a rafforzare il coordinamento bilaterale per gestire al meglio le sfide relative alla competizione con la Cina. Il riferimento è duplice. Da un lato alla via della Seta, accordo con Pechino di cui è previsto il giro di boa a fine anno, e dall’altro alla nostra presenza militare nell’Indopacifico. Tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2024 avremo da quelle parti il pattugliatore d’Altura «Francesco Morosini», la celebre «Amerigo Vespucci», ma soprattutto la nostra ammiraglia, la portaerei «Cavour». Un impegno non da poco che trasforma l’Italia in una punta avanzata per l’Europa, visto che Bruxelles già dal 2021 ha aggiornato i propri quaderni strategici inserendo per la prima volta il quadrante del Sudest asiatico. E come ribadito da Biden, rende i nostri militari partner in una realtà proiettata militarmente al 2040. Lì si sperimenteranno le armi cyber del futuro e la quinta dimensione della sicurezza. Insomma, sembra una contropartita (al di là dell’impegno in Ucraina) al fatto di poter ottenere un riconoscimento diretto nel Mediterraneo e nel Sahel che a partire dal prossimo anno diventeranno il vero terreno di scontro con la Russia. Non a caso la Meloni, nel corso della bilaterale a Washington, ha incassato anche la benedizione della Casa Bianca e soprattutto del Pentagono sul piano Mattei. Ottenedno anche un incontro riservato con Henry Kissinger , «una delle menti più lucide, punto di riferimento della politica strategica e della diplomazia», ha detto dopo averlo ringraziato per l’incontro e «l’onore di di aver dialogato sui temi della contemporaneità». Questo dopo aver ottenuto il visto d’ingresso a Tunisi. «Italia e Stati Uniti sostengono il popolo tunisino, alla luce delle sfide economiche e politiche che il Paese sta affrontando», si legge in una nota con la quale i due leader hanno ribadito la loro determinazione a «garantire la prosperità, la sicurezza e la democrazia in Tunisia». Biden ha anche valutato positivamente la Conferenza internazionale sullo sviluppo e sulle migrazioni, così come «il processo avviato da Roma per promuovere la collaborazione tra Paesi di origine, di transito e di arrivo dei migranti nel Mediterraneo». Su questo fronte, gli Stati Uniti hanno «preso atto del piano Mattei» del governo italiano sull’Africa. ovviamente, al di là delle parole retoriche e un po’ ampollose si legge il chiaro messaggio di affidamento. Affidamento nel senso che gli Usa sembrano darci onori e oneri. Basti vedere quanto sta accadendo in queste ore con il colpo di Stato in Niger. La Francia è ormai fuori da tutto il Sahel e qualcuno dovrà prendere il suo posto. Altrimenti i buchi saranno riempiti da russi, cinesi o se va meglio dai sauditi. Nel corso del punto stampa in ambasciata che ha fatto seguito al colloquio con il presidente Usa, la Meloni ha spiegato che è stato «un lungo incontro», «un appuntamento nel quale abbiamo ribadito la nostra solida alleanza, il partenariato strategico e la profonda amicizia che uniscono Usa e Italia». «Con Biden abbiamo discusso della prossima presidenza italiana del G7», ha aggiunto la Meloni. Da parte degli Usa c’è grande aspettativa e grande sostegno. La ricostruzione dell’Ucraina e il rapporto con l’Africa saranno al centro della presidenza del G7. All’Africa in passato l’Europa e l’Occidente non hanno dato abbastanza peso. L’Africa non è un continente povero ma ricco». Per il premier è un «errore fatale», in politica estera, «non vedere tutta la scacchiera», aggiungendo di aver «trovato condivisione e voglia di collaborare al nostro piano Mattei per l’Africa». A questo punto e con il termine della pausa di Ferragosto sarà importante entrare nella scacchiera con tutti e due i piedi. Un modo per essere più efficaci potrebbe essere quello di rivedere il sistema della cooperazione e dello sviluppo. Invertire la percentuale destinata ai progetti multilaterali (circa il 70% su quasi 4 miliardi stanziati) con la quota destinata ai progetti bilaterali. Destinare circa 3 miliardi alle relazioni dirette con Stati o tribù è il modo migliore per controllare non solo i progetti, ma per accertarsi che i nostri soldi vadano a nostri amici e non a sostenitori di altri Paesi. È un tema di buon senso che riesce anche a coniugare la ragion di Stato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-meloni-flirta-con-biden-ma-tiene-aperta-la-porta-del-gop-2662545404.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-premier-ottiene-la-fiducia-di-biden-ma-si-accredita-con-i-repubblicani" data-post-id="2662545404" data-published-at="1690620275" data-use-pagination="False"> Il premier ottiene la fiducia di Biden ma si accredita con i repubblicani C’è un aspetto del viaggio a Washington di Giorgia Meloni a cui si è prestata minore attenzione: il fatto che il presidente del Consiglio, oltre a rafforzare i legami con la Casa Bianca attualmente a guida dem, ha consolidato la sponda con il Partito repubblicano. Si tratta di un fattore non esattamente di poco conto. La Meloni ha infatti avuto modo di incontrare sia lo Speaker della Camera, Kevin McCarthy, sia il capogruppo al Senato, Mitch McConnell. Da entrambi ha riscosso delle notevoli aperture di credito. «La visita del primo ministro, Giorgia Meloni, è molto importante. Sostengo le azioni dell’Italia per ridurre la dipendenza dal gas naturale russo e per affrontare la crisi dei migranti nell’Europa meridionale. E lodo i suoi sforzi per affrontare la crescente aggressione dalla Cina comunista», ha twittato McCarthy, che era stato ricevuto a Palazzo Chigi a maggio. Inoltre, già mercoledì McConnell aveva pronunciato delle parole piuttosto positive nei confronti della Meloni. «Il premier Meloni è entrato in carica mentre l’Europa affrontava la sua prima guerra terrestre su larga scala da decenni e l’Italia affrontava le crescenti vulnerabilità economiche dovute alla dipendenza dalla Cina. E, a detta di tutti, ha affrontato queste sfide frontalmente», aveva affermato in una nota. «Il presidente del Consiglio ha ribadito più volte l’impegno dell’Italia ad aiutare l’Ucraina a sconfiggere l’aggressione russa e a ricostruire la sua economia. E, cosa importante, a differenza di alcuni leader, lo ha fatto con fresca chiarezza al popolo italiano sugli interessi concreti del proprio Paese nell’aiutare l’Ucraina a difendersi», aveva aggiunto. Va da sé che gli incontri con McCarthy e McConnell hanno avuto una natura principalmente istituzionale (d’altronde la Meloni ha visto anche vari parlamentari dem, oltre a ribadire che i rapporti tra Italia e Usa vanno al di là del colore dei rispettivi governi). Il risvolto politico tuttavia è (almeno indirettamente) ineludibile, anche perché con lo Speaker della Camera la Meloni ha avuto un vero e proprio colloquio in cui sono stati discussi vari temi: la guerra in Ucraina, la stabilità del Mediterraneo, la situazione dell’Indo-Pacifico e la prossima presidenza italiana del G7. Negli anni, Fdi ha stretto vari legami con il Partito repubblicano americano e, prima di arrivare a Palazzo Chigi, la Meloni ha più volte preso parte alla Conservative political action conference: rapporti, quelli con i conservatori d’Oltreatlantico, storicamente curati dal capodelegazione di Fdi-Ecr al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, che proprio ieri ha detto: «Con Giorgia Meloni a Washington ha vinto l’Italia che esce ancora più forte nel suo posizionamento internazionale». Vale poi la pena sottolineare che, al di là dei rispettivi incarichi istituzionali, McConnell e McCarthy rappresentano due differenti aree del mondo repubblicano. Il primo è più vicino all’establishment storico e sull’Ucraina sposa una posizione particolarmente proattiva e interventista. Il secondo è più vicino all’area trumpista (nonostante abbia avuto qualche tensione con alcuni settori di quest’ultima negli scorsi mesi). Inoltre, venendo al dossier ucraino, è favorevole a mantenere il sostegno militare a Kiev, ma a determinate condizioni e a fronte di una strategia americana più chiara di quella attuale. Continuare a coltivare il canale con il variegato mondo dei repubblicani è utilissimo alla Meloni. E non è soltanto una questione di affinità ideologica. Si tratta di un tema molto più pragmatico. L’anno prossimo negli Usa si terranno le elezioni presidenziali. E, al momento, Biden è politicamente assai debole: molte sue misure sono impopolari, è sotto inchiesta da parte di un procuratore speciale e i guai giudiziari del figlio rischiano di azzopparlo ulteriormente. Senza contare che profonde spaccature dividono il Partito democratico americano. Insomma, sembra proprio che Palazzo Chigi voglia tenersi (comprensibilmente) pronto nel caso, non certo improbabile, di un cambio di guardia alla Casa Bianca.
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