2018-09-27
La manovra sfonda la soglia del 2% di deficit
Luigi Di Maio alza la richiesta e punta al 2,4% di rapporto con il Pil, la Lega resta ferma sulla posizione più cauta. Senza questi 11 miliardi. i grillini non possono garantire le pensioni di cittadinanza in vista delle elezioni europee. La trattativa prosegue oggi.Le dinamiche sono un po' quelle del mercato delle vacche. Un po' come tutte le leggi finanziarie. La Lega sembra aver convinto il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, a definire un rapporto tra deficit e Pil al 2%. Tale soglia renderebbe impossibile la promessa grillina di far partire dal 1° gennaio la pensione di cittadinanza: gli ormai famosi 780 euro al mese. Un mega sussidio che da solo vale circa 10 miliardi. Perché sono almeno 4 milioni i pensionati che non arrivano a tale cifra e almeno il 40% di questi gode al momento di un assegno al di sotto dei 500 euro mensili. Non è un caso che ieri il leader grillino, Luigi Di Maio, abbia di nuovo alzato i toni e chiesto per la manovra un deficit al 2,4%. Uno 0,4% in più che a spanne vale poco più di 11 miliardi. Esattamente quello che serve ai 5 stelle per mantenere la promessa Solo che l'iniziativa è osteggiata dalla Lega oltre che da Tria. D'altronde sarebbe in netta contraddizione con la proposta di taglio delle pensioni d'oro. Da un lato si vuole tagliare la parte retributiva per dare più soldi a chi non ha mai pagato nemmeno un euro di contributi. Tant'è che Carroccio e grillini stanno anche discutendo sulla bozza di legge relativa, con l'idea di portare la soglia esente dal taglio a 5.000 euro. Giancarlo Giorgetti punta a tale limite, il resto del Carroccio sembra disposto ad accettare i 4.500 netti. Senza dimenticare che c'è anche il fronte Mef e resto del governo ancora aperto. La riforma della legge Fornero, con l'introduzione della cosiddetta quota 100 per andare in pensione, è un altro dei temi dello scontro in atto. Tria, per tenere salvi i vincoli di bilancio, vorrebbe tenere fuori dalla manovra la revisione della Fornero. Per i 5 stelle, al pari del reddito e della pensione di cittadinanza, la revisione della Fornero «va assolutamente inserita nel Def, perché è un punto importante del nostro programma e o la si inserisce ora o sarà difficile realizzarlo più avanti». Anche l'inserimento della quota 100 in manovra - come ha spiegato ieri il capo politico dei 5 stelle alla sua squadra- sarebbe imprescindibile per il voto grillino in Aula alla nota di aggiornamento del Def. «L'obiettivo dei 5 stelle al governo è dare subito un segnale forte agli italiani», fanno sapere, «mostrando che questo è il vero governo del cambiamento». E il segnale «va dato già nel Def perché dalle cifre gli italiani capiranno», è il ragionamento, «se facciamo sul serio o sono stati presi in giro». Di Maio al termine di questo ragionamento ha anche fatto una serie di dichiarazioni, facendo capire che se le condizioni non passeranno al vaglio del Def, i 5 stelle non voteranno la manovra in Aula. Non si può non rilevare che la minaccia è sui generis. Il primo partito di governo che minaccia di non votare la propria legge finanziaria. È chiaro che il messaggio va tradotto: una sorta di missiva a Tria perché si faccia da parte, ma se non si ha la garanzia del risultato oltre a suonare buffa la minaccia rischia di essere un boomerang. anche perché dietro le quinte le trattative prendono toni più cheti, quelli dell'accomodamento. Ieri mattina, parlando al consesso annuale di Confcommercio, il ministro Tria ha speso più di una parola sul redditto di cittadinanza. Ha garantito che ci sarà in manovra «al di là delle etichette». La frase, di per sé sibillina, spiega perfettamente che sul tema è passata la linea del Carroccio. L'idea è quella di prendere i 12 miliardi che ogni anno sono destinati a Cig, Naspi e altri ammortizzatori sociali, rimpinguarli di almeno 4 miliardi, rivedere il tutto (riorganizzando soprattutto i centri per l'impiego e la Cig) e poi chiamarlo reddito di cittadinanza. Tanto più che il sussidio sarebbe legato all'Isee. Esattamente quanto oggi prevede il reddito d'inclusione approvato da una legge del governo Gentiloni. Insomma, le etichette contano soprattutto ai fini elettorali. Definire l'entità esatta del deficit è importante per mettere a cascata tutti i numeri e quindi vedere quali interventi resteranno in panchina. Intanto prosegue il pressing indiretto da Bruxelles. Il negoziatore con Roma è il commissario agli affari economici, Pierre Moscovici, da sempre ponte tra falchi e colombe della Commissione. Il suo collega responsabile per l'euro, Valdis Dombrovskis, vedrà Tria in Lussemburgo lunedì, e per ora condivide la linea che il francese ha espresso apertamente durante un evento a New York: «La legge di bilancio italiana dovrà essere ben al di sotto del 2%, nel rapporto fra Pil e debito, se Roma vuole rispettare l'impegno a ridurre il deficit strutturale. Il paragone con il 2,8% della Francia non regge», ha detto il commissario. A parte il fatto che la soglia del 2,8% non appare minimamente in discussione è bene ricordare che la soglia dell'1,6% non è mai stata fissata apertamente dal nostro ministero dell'Economia. Si tratta di un'asticella resa nota dal Corriere della Sera e mai smentita. Ci auguriamo che all'interno di tutte queste discussioni non sparisca il taglio delle tasse, la vera ricetta per far ripartire la nostra economia. Stamattina ci sarà un nuovo vertice di governo e stasera la bozza della manovra è attesa a Bruxelles.
Jose Mourinho (Getty Images)