
Il governo filippino ha confermato il decesso dell'ex responsabile Asia del colosso dei pagamenti fallito. Caos sulla vigilanza bancaria: i dipendenti avrebbero speculato sui titoli. Ancora latitante un super manager.Lo scandalo Wirecard si allarga a macchia d'olio sulle autorità di vigilanza bancaria tedesche, sui conti delle big del credito esposte verso la società Fintech finita nella bufera per una colossale frode contabile e ora si tinge anche di giallo assumendo i contorni di un intrigo internazionale. Il ministero della Giustizia delle Filippine ha infatti confermato la notizia che a luglio è stato infatti trovato morto a Manila l'ex responsabile per l'Asia del gruppo attivo nei servizi di pagamento elettronici, Christian Bauer, di 44 anni. Il ministro filippino ha detto che il manager è deceduto per cause naturali in un ospedale della capitale il 27 luglio ed è stato cremato. Ma le circostanze restano sospette considerando che Bauer era sotto inchiesta perché considerato molto vicino all'ex coo (Chief operating officer) di Wirecard, Jan Marsalek, attualmente in fuga dopo aver fatto perdere le proprie tracce anch'egli nelle Filippine, dove avrebbero dovuto essere custoditi i quasi due miliardi di buco trovati nel bilancio dai revisori dei conti. Ma dei soldi, nemmeno l'ombra. Gli inquirenti dell'indagine su Wirecard hanno addirittura chiesto aiuto al pubblico televisivo di una nota trasmissione della Zdf per avere indizi sulla latitanza del ricercato numero uno di Interpol e polizia criminale federale tedesca (Bka). Su Marsalek pende un'indagine della Procura di Monaco per frode commerciale, appropriazione indebita e altri reati finanziari. Come rivelato a luglio dal quotidiano tedesco Handelsblatt, tra le tante attività, Marsalek avrebbe portato ingenti somme in bitcoin in Russia da Dubai, dove Wirecard aveva svolto «operazioni dubbie». Secondo il Financial Times, inoltre, avrebbe utilizzato dei documenti top secret, relativi all'avvelenamento della ex spia russa Serghei Skipral per ingraziarsi dei trader durante un incontro di lavoro. Il manager avrebbe millantato anche conoscenze con gli 007 inglesi oltre che mostrato la formula completa del potentissimo gas nervino novichok. Una spy story in piena regola, insomma. Che rende ancor più inquietante la morte di Bauer. Nel frattempo, in Germania a tremare è anche la Vigilanza. Alcuni dipendenti della Bafin, la Consob tedesca, avrebbero infatti scambiato le azioni Wirecard nei mesi precedenti al fallimento del giugno scorso. In base ai dati forniti dal ministero delle Finanze (cui fa capo l'authority) al Partito dei Verdi, un totale del 2,4% di tutte le singole transazioni segnalate dai dipendenti Bafin nella prima metà del 2020 riguardava azioni Wirecard o derivati su azioni. Nel 2018 nel complesso, la quota era solo dell'1,2%, nel 2019 dell'1,7 per cento. Bafin ha giustificato l'aumento degli scambi di titoli Wirecard con le maggiori fluttuazioni del prezzo delle azioni dovute alla copertura mediatica sulla società. Secondo il ministero delle Finanze non è possibile determinare in che misura i dipendenti Bafin abbiano effettuato vendite allo scoperto o scommesso su perdite di prezzo. Il ministero guidato da Olaf Scholz (Spd) ha poi aggiunto che nel 2019 e nella prima metà del 2020, circa il 20% dei dipendenti ha effettuato transazioni finanziarie private, tutte approvate dai rispettivi manager di riferimento, assicurando che non erano a conoscenza di informazioni privilegiate. Non è però possibile determinare la misura in cui i dipendenti Bafin abbiano scommesso sulle perdite vendendo allo scoperto.Di certo, Deutsche Börse, la società che gestisce la Borsa di Francoforte, ha annunciato l'introduzione di una nuova regola che richiede alle società insolventi di lasciare l'indice delle blue chip tedesche. Secondo la procedura, dunque, Wirecard dovrà uscire dal Dax il prossimo 21 agosto. Il conto dello scandalo si presenta però già salato per le banche: in occasione dei risultati trimestrali, Commerzbank e Ing hanno svalutato completamente l'esposizione verso Wirecard, pari a 175 milioni di euro a testa, secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg, una cifra che supera la metà dei loro utili trimestrali. E anche Credit Agricole ha registrato 110 milioni di euro di rettifiche. I tre istituti fanno parte di un consorzio di 15 banche che ha accordato in tempi passati una linea di credito di 1,75 miliardi di euro a Wirecard. Tra queste, anche l'olandese Abn Amro e la tedesca Landesbank Baden-Wuerttemberg, con un'esposizione stimata in 180 milioni a testa, mentre Barclays, Dz Bank e Lloyds dovrebbero aver prestato 110 milioni ciascuna.La caduta di Wirecard dall'essere la stella della scena tech europea è stata molto rapida. L'azienda, sprofondata in Borsa da giugno del 98,62%, ha fatto richiesta di insolvenza presso un tribunale di Monaco alla fine di giugno e il suo valore è evaporato. Markus Braun, azionista ed ex ceo, è stato accusato di aver gonfiato i volumi delle vendite dichiarando dei risultati falsi, rendendo la società più attraente di quanto in realtà non fosse per gli investitori e i clienti e collaborando probabilmente con altri complici. Braun è stato poi arrestato e rilasciato su pagamento di una cauzione, negando di aver commesso alcun reato.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





