
Una moltitudine di scrittori, a partire da quelli della scuola nipponica, ha lasciato pagine memorabili sulle lande imbiancate. In Italia un ex comandante dei Forestali, Daniele Zovi, firma opere di grandissimo effetto.Ogni tanto qualcuno si ricorda della neve. In questo fine ottobre-primi di novembre l'autunno sta infiammando i parchi, i boschi, le campagne e le montagne. Ma presto i colori sbiadiranno e rimarranno gli alberi scheletrici in pianura, le faggete scultoree e i lariceti annudati in altura. E poi, sebbene timidamente, sarà tempo di neve.Resta per me una vetta irraggiungibile il racconto poetico di Maxence Fermine, dal titolo Neve, atto primo della sua «trilogia dei colori» (edita da Bompiani). Spesso vengo richiamato, come un amante infedele che nonostante sappia di doversi regolare continua a farsi sfumare via, dall'afrore di altre e nuove tentazioni, dalle novità editoriali che riguardano la cultura giapponese; finisco per inciampare, nelle librerie concrete quanto in quelle digitali e remote, nei continui tentativi di raccontare il mondo che sorge e si dispiega ai piedi del Sol Levante. Oramai esistono due binari paralleli: chi ci racconta il Giappone essendo nato e avendo vissuto in quel paese, e chi ce lo racconta per amore, da viaggiatore, da esploratore, da incantato incantatore. L'unica opera letteraria che allineerei, nel valore pieno della scrittura, per ispirazione e poeticità, fra i racconti di europei ai capolavori della letteratura moderna e contemporanea giapponese, è appunto Neve di Fermine. Tutto il resto può essere suggestivo, interessante, appagante, nutriente, ben informato e filosoficamente corretto, eppure mi risuona sempre come copia conforme ad un originale. Nell'antica Roma le copie erano esse stesse originali, per me, in questo caso, non è così. La neve, in quanto tema o paesaggio all'interno del quale comporre una storia, ovviamente non sfugge alla medesima regola. Nel corso degli ultimi anni diversi libri sono stati dedicati all'ammirazione per la grande madre candida. Penso, ad esempio, al romanzo Neve, cane, piede di Claudio Morandini (Edizioni Exorma), a Neve in Val d'Agrogna di Marina Jarre (Claudiana), alle Poesie della neve della poetessa Azzurra D'Agostino, illustrate da Estefania Bravo (Fatatrac - il volume è da tenersi a mente per i prossimi regali natalizi), Il libro della neve di Franco Brevini (Il Mulino), senza dimenticare i romanzi di Mauro Corona (Storia di neve e La voce degli uomini freddi, Mondadori) o le poesie di Francesco Scarabicchi, Il prato bianco (Einaudi) e L'esperienza della neve (Donzelli). Ma anche il piccolo gioiello La musica della neve di Davide Sapienza (Ediciclo, collana Piccola filosofia di viaggio), dal quale traggo questa citazione: «Se penso ai cristalli di neve e alle infinite forme che possono assumere, immagino la conversazione con tutto ciò che hanno conosciuto. E quando mi appresto a compiere il primo viaggio attraverso la terra bianca, non mi allarmo se i punti di riferimento sembrano confondersi sino a perdersi nello spazio. Le ragioni della neve si radunano nella grande radura dei sogni, il suo silenzio si fa luce e provoca lo sguardo. Vengo catturato dalla materia bianca che è la mia sirena e il corpo sa che corteggiare questa amante concede voli immensi ma sottopone difficile enigmi». È talmente armonioso che sembra scritto da un autore americano, invece è nostrano.Tempo fa incontrai fra i boschi di Vallombrosa il naturalista e generale dei Carabinieri-Corpo Forestale in pensione Daniele Zovi, uomo gentile ma non troppo, veneto; entrambi eravamo in competizione (lo so, il termine è sciocco) per un premio letterario, e al tempo promuoveva il suo primo libro edito da Utet, Alberi sapienti, antiche foreste. A quell'opera sono seguite Italia selvatica, il racconto per ragazzi Ale e Rovere, ed ora è da poche settimane sbocciato Autobiografia della neve. Devo ammettere che me l'aspettavo, poiché, fra le poche cose che ci siamo detti al tempo, ci fu anche l'ammirazione di entrambi per la letteratura giapponese e in particolare, fra le diverse «cime», per Yasunari Kawabata, autore di romanzi stupendi fra i quali Il paese delle nevi. Orbene, termine che non rispolveravo forse anche da un decennio, il nuovo tomo zoviano nasce dalla sua lunga frequentazione con la materia bianca. In queste pagine si ritrovano il paese di Roana, ove nacque, ed il bambino che andava in bosco col padre. Ci sono «snevate» fra la Val Formica e i monti forestati del Lagorai; si incontrano gli alberi della Marcesina, larici e pini mugo, si sfiorano gli animali tipici delle nostre montagne, figure che costellano con le proprie orme e sono macchie di colore che galleggiano nel mare della neve. Si ripercorrono storie d'epoca, come la leggendaria nevicata del gennaio 1985, 72 ore di nevicata fitta sull'intero Nord Italia. Viaggi a Leningrado, nel Sud America andino, in Norvegia, nonché spiegazioni scientifiche sulla costituzione dei cristalli di neve. E non manca la devozione a Mario Rigoni Stern, radice d'ispirazione di molti autori montagnini dei nostri tempi, citando il racconto Nevi e Il sargente nella neve. Ma incontriamo le parole dell'autore: «Non sono mai stato un sentimentale, vedo con più facilità la parte concreta delle cose, quella che si può toccare e misurare, quella che mi sembra più stabile. Per me la neve è una vecchia storia, una storia d'amore collettiva. Sempre, in montagna, abbiamo contato sulla neve. Riconoscevamo il suo prossimo arrivo dal colore dell'aria, dal comportamento degli animali e da una specie di sospensione che si diffondeva intorno; e c'era un periodo dell'anno in cui eravamo certi che sarebbe caduta, trasformando il mondo in quel modo che conoscevamo bene, portando il silenzio e la gioia. Non ricordo un dicembre senza neve, fino a che sono diventato adulto. Ho passato mille ore con gli sci ai piedi […] Io sono stato fortunato, ho visto tanta neve.»Il libro è arricchito dagli scatti a colori di Sergio Dalle Ave Kelly, un minimalista cromatico degli spazi aperti e isolati. Non bisogna essere Nostradamus o il Mago Otelma per prevedere alcune delle prossime tappe di Zovi: in futuro la sua penna si potrebbe orientare verso l'acqua, la montagna, la pioggia, il cambio delle stagioni e, perché no, la raccolta di funghi, arte nobilissima. Scommettiamo una manciata di ghiande?
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Toga (iStock). Nel riquadro, Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






