2021-12-09
La Lamorgese a caccia di no pass ma i mariuoli sono al Viminale
La Procura che ha incastrato Massimo Ferrero sta indagando su funzionari infedeli dentro al ministero dell’Interno. L’ipotesi di reato è corruzione e turbativa d’asta per grosse somme (1,4 milioni solo in un paesino calabrese).La Procura di Paola (Cosenza), situata poco distante dal celebre santuario di San Francesco, in questi giorni è al centro delle cronache per l’arresto del presidente dimissionario della Sampdoria Massimo Ferrero. Ma negli stessi uffici sta andando avanti da alcuni mesi un’inchiesta per corruzione e turbativa d’asta considerata molto più delicata e che potrebbe presto coinvolgere funzionari del ministero dell’Interno. Le indagini, condotte dal procuratore Pierpaolo Bruni e dalle pm Francesca Cerchiara e Valeria Teresa Grieco, riguardano la gestione dei fondi del Viminale destinati a «opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio» previsti dalla legge di bilancio approvata a fine 2018 dal governo Conte 1. Cifre importanti, stanziate dopo il terremoto in Centro Italia del 2016 e dopo il crollo del ponte Morandi a Genova nel 2018, per tentare una politica di prevenzione del rischio. Dei fondi richiesti dai Comuni nel 2020, e assegnati con una graduatoria pubblicata il 23 febbraio di quest’anno, 1.000.000 di euro (su 1,8 miliardi di stanziamento complessivo), sono andati al Comune di Cleto, un paesino di circa 1.300 anime in provincia di Cosenza. Al milione bisogna aggiungere quasi 400.000 euro per le progettazioni. Una ventina di giorni fa le Fiamme gialle del nucleo di polizia economico finanziaria di Cosenza hanno acquisito documentazione presso il Municipio di Cleto e hanno effettuato numerose perquisizioni, una di queste nell’abitazione dell’ex primo cittadino del piccolo Comune interessato dalle erogazioni, Giuseppe Longo, indagato per corruzione insieme con due presunti mediatori in contatto con il ministero dell’Interno, un professionista collegato a misteriosi «amici di Roma» e un dipendente comunale della Capitale.Nel decreto di perquisizione datato 18 novembre i magistrati annotano che «la polizia giudiziaria evidenziava come Longo si sia avvalso, nella gestione dei fondi stanziati dal ministero dell’Interno di alcuni soggetti che egli definisce «i punti giusti» che gli garantirebbero un flusso di soldi tale che, a suo dire, si «stancheranno di contarli». Longo, professore di filosofia in pensione, è stato per 20 anni sindaco del paesino. Democristiano, chiusa l’esperienza della Balena bianca è sempre stato considerato vicino ai vari partiti nati dalla diaspora della Dc.La turbativa d’asta è, invece, contestata oltre che ai già citati cinque indagati anche a quattro ingegneri e a un architetto, tutti calabresi. Il sindaco e i suoi nove presunti complici sono accusati anche di aver falsato le procedure per i lavori di progettazione: due indagati avrebbero ottenuto 133.000 euro per i piani collegati al consolidamento di due scarpate; altri tre professionisti si sarebbero, invece, spartiti 387.000 euro stanziati sempre dal ministero dell’Interno per gli studi relativi alla messa in sicurezza di altre tre aree del paesino.Secondo l’ipotesi della Procura, i professionisti incaricati della progettazione degli interventi sarebbero stati destinatari di «affidamenti diretti […] sotto la soglia di 75.000 euro al fine di eludere la normativa in materia di appalti».In base a un’annotazione della Guardia di finanza, scrivono i pm, «può fondatamente presumersi che il Comune di Cleto sia stato agevolato nell’ottenimento dei finanziamenti dal ministero dell’Interno per il tramite dei mediatori Sandro Bonacci», cinquantenne di Nocera Terinese (Catanzaro), e, «Cosimo Bianchi», sessantottenne della provincia di Latina, il quale, a dire di Bonacci, «avrebbe il compito di fornire “consulenze” e “informative” in anteprima». I due avrebbero avuto accesso a «notizie riservate fornite verosimilmente da funzionari ministeriali».Gli architetti Marcello Mazza e Francesco Pantaleone La Valle sarebbero, invece, i professionisti che «farebbero capo “ai nostri amici di Roma”». Anche l’indagato Domenico Presta, «dipendente del Comune di Roma, ma, di fatto, operante nel Comune di Cleto, di cui indirizzava le scelte» secondo l’accusa, «dimostra avere conoscenza e contatti presso gli uffici ministeriali». Nel decreto di perquisizione si legge che i mediatori «si sono rivelati in grado, da un lato di stipulare accordi corruttivi con l’amministrazione comunale finalizzata all’assegnazione degli incarichi di progettazione, dall’altro lato, di interloquire con funzionari del ministero dell’Interno deputati all’erogazione dei finanziamenti in favore del Comune dai quali ricevono informazioni privilegiate».In altre parole l’ipotesi di corruzione, che è ancora in uno stato embrionale, non essendoci una richiesta cautelare, sarebbe frutto di un do ut des, una sorta di contratto a prestazioni corrispettive, in cui l’ex sindaco si sarebbe accordato con gli intermediari per fare avere incarichi professionali non legittimi a soggetti da loro indicati e i mediatori si sarebbero impegnati a far valere i loro buoni uffici presso chi gestisce i cordoni della borsa al Viminale.Questa presunta cricca, se si confermerà tale, si è messa in moto solo nel caso di Cleto o agiva su più larga scala? In attesa di individuare eventuali livelli superiori, il primo step dell’indagine punta a chiarire se i «lucrosi finanziamenti» provenienti dalla Capitale siano arrivati modo irregolare o comunque in presenza di una contropartita per qualcuno. Per questo gli inquirenti stanno cercando di capire chi siano i dipendenti ministeriali coinvolti e quale sia il loro ruolo. Se le indagini dovessero dimostrare un accordo con gli intermediari e la consapevolezza dei reciproci vantaggi scatterebbe anche per loro l’accusa di corruzione. È un’ipotesi che Procura e Guardia di finanza stanno scandagliando in queste ore, basandosi sul materiale estratto da cellulari, tablet e computer sequestrati. L’ex sindaco professore su Facebook si è difeso così: «Nelle mie deliberazioni ho sempre tenuto conto delle competenze professionali dei tecnici, avendo una formazione professionale prettamente umanistica. Gli interventi giudiziari, scaturiti presumibilmente dai soliti ignoti, mi amareggiano profondamente, ma aspetto con serenità il g iudizio della magistratura».
Ursula von der Leyen (Ansa)