
Alla prima prova con la contestazione, il neoministro dell'Interno reagisce con un controllo serrato della manifestazione. Molti i partecipanti bloccati dalla polizia, perfino Giancarlo Giorgetti si lamenta apertamente. Ma la rabbia resta sempre civile e pacifica.Mentre il premier Giuseppe Conte teneva il suo discorso programmatico, in migliaia hanno protestato contro la fiducia al nuovo governo. La manifestazione, organizzata da Fratelli d'Italia con l'adesione della Lega, ha visto convergere sulla capitale migliaia di partecipanti, che fin dal primo mattino hanno cercato di confluire nella zona transennata di fronte all'obelisco di Montecitorio, la stessa adibita a tutti i generi di protesta, ma che in questo caso non è bastata, per ragioni di spazio, a contenere il numero di manifestanti. L'inizio era fissato per le dodici, ma già poco dopo le otto di mattina centinaia di uomini e donne, alcuni con al seguito bambini e nonni, intere famiglie quindi, con le loro alte bandiere tricolori, erano in giro per via di Campo marzio e via Uffici del vicario, le strade che portano all'ingresso della Camera di via della Missione. Lo stesso valeva per gli altri accessi, quelli che da via del Corso portano a piazza Colonna, dove c'è Palazzo Chigi per intenderci, e in via della Colonna Antoniana, che porta direttamente alla zona, già citata, dove sono autorizzate le manifestazioni. L'atmosfera verso le dieci ha iniziato a scaldarsi parecchio, visto che la polizia poco prima aveva sbarrato tutti gli accessi, obbligando migliaia di seguaci di Giorgia Meloni e Matteo Salvini ad arrestarsi davanti al caffè Illy, il ritrovo di chi abita i palazzi della politica, oppure a confluire in piazza del Parlamento, dalla parte opposta. Intanto serpeggiavano le parole di Giancarlo Giorgetti, secondo cui la manifestazione sarebbe stata oggetto di una sorta di sabotaggio. Il flusso di persone, infatti, non si è potuto compattare e mostrare unito nella sua totalità al cospetto dei parlamentari raccolti in emiciclo. L'ex sottosegretario leghista è restato fuori dalla Camera per diversi minuti, in pasto a telecamere e cronisti, che poco prima lo avevano sentito dire, in diretta all'Aria che tira su La 7, che «c'è gente che si è svegliata alle tre di notte e non la fanno entrare in piazza». Noi della Verità abbiamo fatto il giro della piazza, verso mezzogiorno e mezza, e per oltrepassare l'area di piazza Colonna ci siamo dovuti tuffare in una marea umana che premeva sulle transenne messe a interrompere via del Corso, senza possibilità di accesso alla Galleria Alberto Sordi. Facendo tutto il giro di quest'ultima galleria, abbiamo trovato altri manifestanti, centinaia, che gridando «Elezioni, elezioni», che con le bandiere a mo' di mantello o turbante, hanno percorso a ritmo sostenuto via di Santa Maria in via dei Sabini, trovando poi un nuovo stop cercando di arrivare al corso. Nel frattempo chi era sotto al palco, sul quale ricordiamo che ieri hanno parlato i big di Fratelli d'Italia e Lega, ma anche giornalisti e figure di spicco della destra e del mondo leghista, si era irritato a tal punto da intonare e ritmare «Chi non salta comunista è», con urla che si sono sentite fin dentro il cortile e gli spazi principali di Montecitorio. La polizia non ha alzato neppure uno scudo, ma i numeri della manifestazione hanno imposto al neo ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, di operare una logistica stringente, con lo sbarramento obbligato di alcuni accessi al punto nevralgico. Alla gente in piazza, però, la spiegazione del perché ci fossero innumerevoli transenne non è andata giù, tanto che, dai manifestanti a cui abbiamo chiesto i motivi della forte agitazione, ci siamo sentiti rispondere con pesanti lamentele, anche perché molti di loro arrivavano da altre regioni dopo un lungo viaggio in pullman. «Hanno anche fermato pullman a Roma nord, mai arrivati qui», ci ha spiegato una signora con l'accento del Sud. «La città intera sta protestando contro il governo delle poltrone, di chi ci ha riportato alla prima Repubblica». Gli ha risposto un ragazzo che passava di lì: «Siete dei fascisti, andate a casa». E più o meno le stesse scene le abbiamo viste a decine fino al tardo pomeriggio. Il fatto che alle due di pomeriggio la manifestazione ufficiale fosse finita non ha convinto tutti i partecipanti a tornare alle proprie case e città, così nei diversi bar e locali attorno ai palazzi del potere, la Capitale è piombata nella movida diurna al suono di «Poltrone, poltrone…». Facendo un piccolo passo indietro, volendo tornare alle dieci della mattina di ieri, è stato interessante vedere numerosi deputati di Fratelli d'Italia intrattenersi con le famiglie di manifestanti che aspettavano che scattasse l'ora x delle dodici. C'è stata anche una sorta di processione di parlamentari che, oltrepassando le transenne, hanno comunque cercato di tenere calmi gli animi. Non che ce ne fosse bisogno, dato il clima rabbioso, sì, ma composto e civile del presidio. E intanto il contrasto si consumava alla buvette, dove un autorevole esponete dem diceva ai cronisti: «Da mercoledì prenotatevi saune e massaggi, tanto dureremo l'intera legislatura».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





