2023-01-22
La Juve può ricevere altre stangate dagli stipendi alla «vendetta» Uefa
Le altre squadre non sono state punite perché solo i bianconeri sarebbero colpevoli di «mancata lealtà» per via del sistema di plusvalenze. E all’orizzonte ci sono il processo ordinario e la minaccia Superlega. Per la Juventus la strada si presenta in salita. E con una pendenza per nulla agevole da affrontare: 15 punti in meno in classifica, che portano il club dal terzo al decimo posto e fuori dall’area Champions (una esclusione dal torneo produrrebbe una perdita di diritti tv e potrebbe pesare non poco sui conti), a causa delle plusvalenze taroccate. Tutti i dirigenti sono stati condannati a sospensioni tra otto e 30 mesi. Questa è la decisione della Corte federale (in appello). Alla quale bisogna sommare un possibile secondo processo sportivo, che deriva dai nuovi atti dell’inchiesta «Prisma» della Procura di Torino, radice di un procedimento penale con al centro l’accusa sul falso in bilancio. Poi ci sono le potenziali sanzioni minacciate dall’Uefa per la presunta violazione del financial fair play legata alla Superlega. Il tutto partendo da una prima stangata già incassata. La Corte federale d’appello era chiamata a valutare la riapertura del processo sportivo che vedeva coinvolti, oltre alla Juve, altri otto club e che lo scorso maggio si era concluso con il proscioglimento. La decisione è stata ribaltata, con pene superiori a quelle chieste dall’accusa (rappresentata da Giuseppe Chinè), ovvero nove punti di penalità per i bianconeri, e 16 mesi di inibizione per Andrea Agnelli (ormai ex presidente del club), 20 mesi e 10 giorni per Fabio Paratici, 10 mesi per Federico Cherubini e 12 per tutti gli altri consiglieri. I giudici d’appello hanno invece inflitto 30 mesi a Paratici, 24 mesi ad Agnelli e a Maurizio Arrivabene, 16 mesi a Cherubini, 8 mesi a Pavel Nedved, Paolo Garimberti, Enrico Vellano, Assia Grazioli Venier, Caitlin Mary Hughes, Daniela Marilungo e a Francesco Roncaglio, confermando il proscioglimento per Sampdoria, Pro Vercelli, Genoa, Parma, Pisa, Empoli, Novara e Pescara e per i rispettivi amministratori e dirigenti. La decisione ha spiazzato i bianconeri. «Una palese disparità di trattamento ai danni della Juve e dei suoi dirigenti rispetto a qualsiasi altra società o tesserato», definiscono la decisione i legali della Juventus, Maurizio Bellacosa, Davide Sangiorgio e Nicola Apa, che annunciano: «Attendiamo di leggere con attenzione le motivazioni per presentare il ricorso davanti al collegio di garanzia dello sport». Le plusvalenze, infatti, la Juve sarebbe riuscita a metterle in campo grazie alla complicità degli altri club. Un ragionamento che aveva fatto anche il procuratore federale Chinè, chiedendo per i dirigenti e per le altre otto società la conferma delle richieste formulate in primo e secondo grado e bocciate dai giudici. Per comprendere in pieno il ragionamento dei giudici d’appello bisognerà attendere le motivazioni (che verranno depositate tra 10 giorni). Ma si può facilmente intuire che si tratta di una violazione ben precisa del codice di giustizia sportiva, e più precisamente del quarto capoverso, quello sulla «mancata lealtà». I giudici hanno tenuto conto delle intercettazioni e della valanga di materiale istruttorio dell’indagine «Prisma» (14.000 pagine), dal quale sarebbe emerso un deliberato e ripetuto tentativo di eludere le norme. Un peso specifico deve averlo avuto soprattutto il «libro nero» di Cherubini e Paratici. Un documento che i quotidiani sportivi avevano liquidato come un banale «foglio A4» con una «serie di appunti scritti a penna». Il manoscritto, in realtà, è stato proprio intitolato da chi lo ha vergato con pennarello nero su foglio bianco «Libro nero». Ed il concetto, già di per sé molto esplicito, è stato accompagnato da due iniziali: una «F» e una «P». Ovvero Fabio Paratici. Il foglio A4 era nel tiretto della scrivania di Cherubini e scritto su carta intestata della squadra. Racconta come all’interno della società ci fosse consapevolezza della gestione, che la Procura di Torino appunto descrive come «disinvolta», messa in campo dai vertici del club e, in particolare, dall’uomo al quale si riferisce il manoscritto. Dal resto degli atti è emerso quello che viene definito «un sistema». Ma anche per le strane manovre sugli stipendi la Juve potrebbe uscirne con le ossa rotte. Intanto ha dovuto rettificare i bilanci. E a livello sportivo, l’uso di «scritture private non depositate», secondo l’ipotesi accusatoria della Procura federale, che sta curando un ulteriore fascicolo, sarebbe andata in conflitto con l’articolo 31 del Codice di giustizia sportiva, ovvero quello che regola le violazioni in materia gestionale ed economica. I rischi per la Vecchia signora potrebbero quindi non essere finiti. Perché potrebbe configurarsi addirittura una violazione del comma 2 dell’articolo 31, che punisce con la retrocessione «la società che, mediante falsificazione dei propri documenti contabili o amministrativi [...] ottenga l’iscrizione a una competizione cui non avrebbe potuto essere ammessa». Ma c’è anche un’altra incognita: sulle cosiddette partnership della Juve con altre società, nell’ottica di un’eventuale violazione della «lealtà della competizione sportiva». Una questione che potrebbe mettere a rischio anche la posizione di calciatori e procuratori. Con le strade di giustizia sportiva e penale che continueranno a viaggiare parallele. Nei prossimi mesi sono previsti il ricorso al Collegio di garanzia, l’udienza Gup a Torino per l’inchiesta «Prisma», il procedimento sulle plusvalenze opache, la spada di Damocle Uefa e proprio la manovra sugli stipendi che, già secondo i pm di Torino, avrebbero costituito una violazione delle norme federali. «Di fronte all’ingiustizia bisogna essere compatti e fare ognuno il proprio mestiere. Noi difendendo il club nelle opportune sedi e voi sul campo facendo punti. Oggi più che mai voi rappresentate milioni di tifosi in tutto il mondo».Il neo presidente Gianluca Ferrero, insieme all’amministratore delegato Maurizio Scanavino, cerca di caricare i bianconeri e lo staff tecnico alla Continassa. «La Juve», se ne è uscito invece il giocatore bianconero Leonardo Bonucci su Instagram, «è come un drago a sette teste, gliene tagli una e ne spunta sempre un’altra. Non molla mai, e la sua forze è nell’ambiente». O, come pensano i pm di Torino e la Procura federale, nel «sistema».
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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