2020-07-31
La Guardia costiera non c’entra nulla con i migranti uccisi nel porto libico
A sparare è stato il dipartimento antiterrorismo di Misurata. Ma le Ong ne approfittano per colpire gli accordi contro i flussi.«La guardia costiera libica spara sui migranti», è il titolo che campeggiava sulle prime pagine e sui siti di alcuni quotidiani italiani lo scorso martedì. A seguire un resoconto della tragica notizia diffusa dall'Oim, organizzazione internazionale per le migrazioni e subito rilanciata dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati. «Questo incidente dimostra chiaramente che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco», ha dichiarato sulle colonne dell'Avvenire l'inviato speciale dell'Unhcr nel Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel, sottolineando la necessità di una «maggiore solidarietà tra gli Stati costieri del Mediterraneo».A poche ore dalla denuncia, la ricostruzione del Comitato internazionale di soccorso (Irc), partner di Unhcr, sembrava portare s sulla stessa strada, facendo capire che la sparatoria si sarebbe verificata durante lo sbarco, presso il porto di Homs, di più di 70 persone; «alcune scese da poco a terra hanno cercato di dileguarsi per evitare di essere portati nei campi libici di detenzione per profughi», si poteva leggere sui giornali. Due dei migranti sudanesi, raggiunti dai colpi d'arma da fuoco, sarebbero morti sul momento mentre un terzo è deceduto durante il trasporto in ospedale e altri due - cinque secondo l'Oim - sarebbero rimasti feriti. La notizia ha trovato una ampia eco in Italia, per un fatto di natura prettamente politica. la scorsa settimana il Parlamento ha approvato in continuità il finanziamento della Guardia costiera libica da parte dell'Italia. Uno schema portato avanti dagli ultimi governi e in quest'ultima votazione appoggiato anche dal Pd, nonostante più volte avesse dichiarato di voler cambiare strategia. L'ok al rifinanziamento ha però mandato in confusione gran parte della sinistra che in quell'atto ha visto una sorta di reato di favoreggiamento verso i «criminali» libici. Il virgolettato in questo caso è una sintesi proprio delle accuse alla Guardia costiera libica da parte del mondo delle Ong, che martedì alla notizia della sparatoria avrebbe festeggiato se non ci fossero stati di mezzo dei morti. Avrebbe festeggiato per chiedere lo stop delle relazioni Italia-Libia e la conseguente impennata dei flussi di clandestini verso le coste tricolori. Peccato che a distanza la ricostruzione dei fatti di Homs sia un po' diversa dallo storytelling diffuso tramite le principali testate italiane. Lunedì sera intorno alle 20,30 la motovedetta Zuwara rientra al porto dopo aver recuperato una settantina di immigrati. Una volta sbarcati e mentre stavano salendo sui bus diretti al centro di accoglienza di Suq Al Khamis, un gruppo di sudanesi è scappato.A quel punto, come riferisce alla Verità un portavoce del dipartimento contro il terrorismo di Misurata, si sono mossi uomini della stessa unità guidata dal generale Mohammed Al Zein. La ricerca è andata avanti fino a circa mezzanotte, quando il gruppo di sudanesi è stato individuato nelle retrovie del porto. A quel punto i militari sono stati assaliti con una lancio di sassi, dopo alcuni spari in aria i proiettili hanno finito per colpire e assassinare tre persone e ferirne altre due. I militari dell'unità avrebbero detto di aver reagito pensando che i fuggitivi fossero armati. Nessuno ha modo di verificare le intenzioni effettive e anche se fosse un pessimo tentativo di scrollarsi di dosso il sangue di quei cadaveri dal punto di vista politico il fatto è che a sparare non è stata la Guardia costiera. Ma uomini di un'altra unità che con i fondi italiani nulla hanno a che fare. Sappiamo che la Libia è in guerra e purtroppo i diritti umani sono un optional. Ma il distinguo è importante. Il personale della Guardia costiera è addestrato da noi e si muove secondo norme internazionali e prassi che derivano dalla medesima partnership tra i due Paesi. Se il flusso dei nostri fondi venisse interrotto e con esso i rapporti tra personale in uniforme, l'indomani si presenterebbe subito la Turchia. E la situazione peggiorerebbe visibilmente. Non solo dal punto di vista degli sbarchi ma anche della tutela dei diritti umani. E solo chi è cieco non vuole ammetterlo perché oscurato dall'ideologia. Oppure è in mala fede e vuole a tutti i costi che il business dei migranti torni a fiorire. Il dramma di Homs insegna anche che prima di buttarsi sulle notizia bisogna sezionarle, soprattutto se il contesto è quello di un Paese in guerra.