2018-11-21
La Germania si scorda dell’austerità e migliora le pensioni dei tedeschi
Mentre si batte contro quota 100, Angela Merkel vara una riforma che costerà almeno 31 miliardi. Nel 2060, Berlino spenderà appena l'1,1% in meno dell'Italia per la previdenza. Ma la cancelliera tira dritto.Due pesi e due misure. Ormai ci siamo rassegnati: la politica che vige in Europa è quella che dispensa la carota ai Paesi obbedienti, mentre infligge pesanti bastonate a quelli considerati non allineati. Basti pensare al deficit. «Negli ultimi anni», ha affermato in questi giorni il ministro dell'Economia Giovanni Tria, «la Francia ha avuto un deficit che si è confermato sempre più alto rispetto a quello dell'Italia, e così continua a essere. Un fattore che», ha aggiunto il ministro, «dovrebbe essere preso in considerazione». monti e boeriNonostante ciò, gli euroburocrati preferiscono indugiare sulla pagliuzza nell'occhio italiano, piuttosto che sulle molte travi sparse in giro per il continente. Non parliamo poi del tema delle pensioni. Come dimenticare la minacciosa lettera inviata al governo italiano nell'agosto del 2011? Nella missiva, Mario Draghi e Jean-Claude Trichet auspicavano un ulteriore intervento nel settore pensionistico, volto a rendere «più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l'età di ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo risparmi già nel 2012».Come andò a finire lo sappiamo tutti. La sequela incondizionata di sì del governo guidato da Mario Monti ai diktat di Bruxelles e Francoforte finì per causare un inasprimento della già di per sé gravissima recessione, l'aumento vertiginoso del debito pubblico e, per quanto riguarda la riforma delle pensioni, un forte aumento della disoccupazione tra le fasce più giovani della popolazione. Gli effetti nefasti sull'occupazione, lo abbiamo raccontato qualche settimana fa proprio sulla Verità, sono ampiamente documentati anche in una pubblicazione che reca la firma nientemeno che di Tito Boeri, attuale presidente dell'Inps.La stessa Europa che ci chiese (o per meglio dire, ci impose) quella dolorosa riforma, oggi cerca in tutti i modi di difenderla. Uno dei punti più criticati della manovra è proprio quota 100, cioè la possibilità di andare in pensione a 62 anni con almeno 38 anni di contributi. Un'opposizione che fa sorridere se pensiamo che, nel silenzio generale delle istituzioni europee, la Germania ha appena varato una salatissima riforma delle pensioni, i cui costi sono stimati in 31 miliardi di euro solo da qui al 2025.La nuova norma, approvata dal Bundestag lo scorso 8 novembre, ha introdotto vantaggi per i pensionati teutonici. Tra questi, la garanzia che il tasso di sostituzione (il rapporto tra la pensione e l'ultimo reddito percepito) non scenda sotto il 48% da qui al 2025, l'introduzione di una soglia massima (20%) per la contribuzione, nonché trattamenti più generosi per le pensioni erogate alle madri che si occupano dei figli. Solo quest'ultima misura interessa dieci milioni di cittadini, che vedranno aumentare l'assegno mensile di circa 15 euro al mese per ciascun figlio, per una spesa complessiva di 3,8 miliardi di euro.Il pacchetto approvato questo mese ha generato forti perplessità nell'opinione pubblica tedesca. «La questione non è se introdurre o meno i benefici pensionistici», si legge sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, «piuttosto come finanziarli». Secondo il ministro del Lavoro, dei 31 miliardi complessivi, 19 verranno sostenuti dai contribuenti e 12 dal governo federale. Costi che, tuttavia, rischiano di lievitare. «Queste misure rischiano di gravare sui cittadini per oltre 50 miliardi di euro da qui al 2025», ha denunciato Reiner Holzagel, presidente dell'Associazione dei contribuenti tedeschi, uno dei più fieri oppositori della riforma. Sul piano politico, soddisfatti gli alleati della Groko, la coalizione che sostiene il quarto governo Merkel, con i socialdemocratici dell'Spd che parlano di «fondamentale cambio di direzione». Severo invece il giudizio dei liberali del Fpd, che definiscono la riforma «irresponsabile» e denunciano il rischio di una «esplosione dei costi» a scapito dei giovani.A dispetto di quanto si possa pensare, il sistema pensionistico della virtuosa Germania non naviga in buone acque. Un sondaggio commissionato da Eurobarometro ha rivelato che quasi un tedesco su cinque identifica nelle pensioni uno dei due problemi più importanti che si trova ad affrontare il Paese. Non si tratta, però, solo di una questione di percezione. Come prima cosa, occorre sottolineare che i tassi di sostituzione del sistema tedesco sono particolarmente bassi. La media nazionale arriva appena al 51%, contro il 63% dei Paesi Ocse e l'83% dell'Italia. C'è poi il grosso problema legato all'andamento demografico. Secondo l'ultimo rapporto Pensions at a glance, «il rapido invecchiamento della popolazione rappresenta una sfida alla sostenibilità dell'intero sistema pensionistico». «Sotto l'attuale normativa», prevede l'Ocse, «la spesa per le pensioni dovrebbe aumentare dal 10% circa attuale al 12,5% nel 2050». Il delta tra la spesa pensionistica dell'Italia e quella della Germania finirà così per assottigliarsi sempre più, passando dal 5% previsto nel 2020 all'1,1% del 2060 (dati Ocse 2017). E ciò a prescindere dai risparmi generati dalla riforma Fornero. Secondo i calcoli della Ragioneria generale dello Stato, infatti, anche con le precedenti riforme nel lungo periodo la spesa avrebbe finito comunque per ridursi.la ratificaAll'indomani della ratifica da parte del Parlamento della contestata riforma, l'agenzia di rating Scope ha lanciato l'allarme sulla sostenibilità del sistema previdenziale tedesco. Secondo gli analisti, «la combinazione tra la mancanza di investimenti e l'invecchiamento della popolazione» produrrà «uno squilibrio tra le generazioni più giovani e quelle più anziane, e ciò avrà un impatto duraturo sull'economia». L'aumento incontrollato della spesa pensionistica, mette in guardia Scope, può finire per mettere a rischio la «tripla AAA» assegnata alla Germania. Chissà se a quel punto, come accaduto in Italia sette anni fa, il postino busserà anche alla porta di Berlino.