2018-03-20
La Germania abbatte l’ultimo tabù: «Italia fuori dall’euro non è una follia»
C'è un piano per smantellare l'euro e con buona pace di Carlo Calenda, che questo weekend si è divertito su Twitter a ridicolizzare sull'argomento Matteo Salvini, Alberto Bagnai e Claudio Borghi, non parte dal quartier generale della Lega.L'exit strategy per i Paesi che adottano la moneta unica nasce proprio da dove non te l'aspetti, nel cuore pulsante dell'eurozona, in quella Germania che più di tutti gli altri Paesi l'ha voluta e, soprattutto, ne ha tratto vantaggio negli anni. «L'euro è sostenibile? E se non lo fosse?», è questo il titolo del seminario svoltosi a Berlino il 14 marzo scorso presso l'università privata Esmt, una business school. Protagonisti del convegno nomi di spicco del panorama della ricerca economica europea. Tra gli altri, Kai Konrad, membro del Max Planck institute e vincitore nel 2000 del premio Gossen per i migliori giovani economisti; Christoph Schmidt, presidente del ristretto consiglio di esperti di politica economica nominati dal governo tedesco; Jeromin Zettelmeyer, autore insieme a un'altra dozzina di colleghi francesi e tedeschi della proposta di riforma dell'euro pubblicata a gennaio e della quale la Verità ha dato conto a più riprese; l'italiano Luca Einaudi, economista, storico e dirigente a Palazzo Chigi al Dipartimento programmazione e coordinamento di politica economica.Ma il nome più pesante è quello di Clemens Fuest, classe 1968, presidente dell'Institute for economic research (Ifo), il più importante centro di ricerca tedesco in materia di economia e finanza. Fuest ha accettato di raccontare alla Verità le motivazioni che hanno spinto questi illustri studiosi a radunarsi per discutere della possibilità di smembramento della moneta unica. «L'eurozona si trova oggi in una fase di ripresa economica», esordisce l'economista tedesco, «e ciò lascia spazio per la discussione e l'introduzione dell'importante progetto di riforma per l'area euro». «Parlare di queste riforme, ma soprattutto trovare un accordo, sotto la pressione di una crisi economica sarebbe stato ancora più difficile. È per questo motivo che la conferenza su una potenziale rottura (breakup) dell'eurozona giunge nel momento più adatto». «Ritengo che un dibattito sull'introduzione di una clausola che espliciti l'uscita dall'euro sia necessaria», incalza Fuest, «dal momento che oggi abbiamo solo l'opzione che prevede l'uscita dall'Unione europea (articolo 50 del trattato di Lisbona, ndr) ma questa di fatto fa coincidere l'abbandono dell'Ue con l'uscita dall'euro». Una situazione che, ad oggi, fa sì che «i costi di una potenziale uscita sarebbero maggiori del necessario».«L'introduzione di una tale clausola di uscita potrebbe aiutare gli Stati più deboli», commenta a tal proposito il quotidiano Die Welt, considerato che permetterebbe a «Paesi come l'Italia di tornare a essere più competitivi grazie al ritorno alla propria moneta».«Al momento né l'uscita della Germania né quella dell'Italia sono in agenda», spiega Fuest, «tuttavia, il risultato delle elezioni politiche italiane ci ricorda che esistono forze politiche capaci di andare al governo e che allo stesso tempo intendo rifiutarsi di offrire la cooperazione necessaria alla sopravvivenza dell'euro. Nel sostenere che l'Italia dovrebbe perseguire una politica fiscale opposta a quella che suggerisce Bruxelles, Matteo Salvini di fatto intende violare gli accordi firmati dai precedenti governi italiani. Si tratta di un comportamento simile a quello adottato dalla Grecia nel 2015». Meglio stare pronti perché, qualora il nuovo esecutivo dovesse assecondare la linea del leader del Carroccio, conclude il presidente dell'Ifo, «saremmo costretti ad affrontare nel giro di un brevissimo lasso di tempo un serio dibattito sull'uscita dell'Italia dall'eurozona, e in questo caso sarà necessario ridurre al minimo i danni».Le parole di Clemens Fuest evidenziano che il tema dell'eurexit, considerato nel nostro Paese alla stregua di una barzelletta, è invece di primaria importanza per la comunità internazionale. Ma le affermazioni dell'economista tedesco suonano anche come un sonoro schiaffo a Mario Draghi, governatore della Bce, il quale in una conferenza stampa svoltasi alcuni giorni dopo le elezioni italiane aveva definito l'euro «irreversibile». Concetto identico a quello già espresso nella lettera del 2015 indirizzata ad alcuni eurodeputati che gli chiedevano lumi sull'uscita dall'eurozona. «Non si tratta di una possibilità prevista dai trattati», aveva sentenziato Draghi in quell'occasione.Certo, i problemi non mancano. Quello che preoccupa di più è forse relativo ai saldi Target 2, la piattaforma dei pagamenti dell'eurosistema. Secondo gli ultimi dati aggiornati a gennaio 2018, la Germania ha un credito di 882 miliardi di euro nei confronti degli altri Paesi, mentre l'Italia registra il debito più sensibile, ben 433 miliardi. Non è ancora del tutto chiaro come debbano essere risolte queste cifre in caso di uscita unilaterale o, peggio ancora, di smantellamento completo dell'unione monetaria. Ma anche tra gli economisti ci sono voci autorevoli che si levano contro la proposta di introdurre una sorta di «articolo 50 bis» che permetta l'uscita dall'euro conservando lo status di membro dell'Ue. «Fuest, come molti economisti tedeschi, non capisce bene come funzionano i mercati» perché «l'introduzione di queste clausole non farebbe altro che aumentare le pressioni speculative nei confronti di un Paese sottoposto a shock negativo», spiega alla Verità Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce dal 2005 al 2011 e oggi presidente del Cda di Société Générale. «Fuest vorrebbe minimizzare i costi di uscita dall'euro, per indurre i Paesi più deboli ad uscire invece di essere sostenuti dagli altri. Una sorta di purgatorio, una serie B nella quale rischiano di cadere alcuni Paesi come Grecia e Italia». Secondo Bini Smaghi, infatti, mentre l'articolo 50 viene attivato dal Paese che intende uscire dall'Unione (come nel caso del Regno Unito con la Brexit), disciplinare l'eurexit comporta il rischio che un Paese venga messo all'angolo dagli altri, costringendolo all'uscita. Pareri discordanti ma che lanciano un segnale importante alla politica italiana: la partita per l'euro è iniziata ed è un gioco nel quale non c'è davvero nessuno spazio per il sarcasmo.